8. Arma habe tua

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Riccardo

Lisbona ci aveva accolto da neanche una settimana e noi avevamo passato quel lasso ti tempo ad ambientarci. O meglio, io avevo passato quel tempo a esplorare la città, Cordelia invece aveva studiato quali sarebbero stati i prossimi luoghi in cui ci saremmo spostati. Stava cadendo nella paranoia, questo era evidente ma in un certo senso la capivo, io stesso avevo passato il primo giorno ad accertarmi con il mio contatto che alla Corte di Sangue non potessero trovarci, almeno non prima che ci fossimo spostati da lì. E sarebbe accaduto presto, Lisbona era troppo grande per consentirci di avere tutto il controllo di cui necessitavamo, dall'altra parte però una grande città ci garantiva un anonimato che nei villaggi non avremmo avuto.

In quel momento quello era il problema minore, Cordelia mi preoccupava. Non aveva messo piede fuori dal rifugio procuratoci dal mio contatto e soprattutto scattava per qualsiasi cosa, ma quelle erano solo le conseguenze visibili di un sentire molto preciso, quello di non essere al sicuro.

Ma forse avevo trovato la soluzione.

Per le vie pittoresche della città si nascondevano frammenti del loro mondo che gli umani non notavano o non volevano vedere e io mi stavo dirigendo proprio in uno di quelli. Appena scoperto quella fucina mascherata da ordinario negozio, avevo commissionato un paio di pugnali gemelli, uno per ognuno di noi. Speravo che avere quell'arma con lei avrebbe fatto sentire Cordelia più al sicuro e l'avrebbe spinta a cominciare a riprendere in mano le sue paure per sconfiggerli.

Avevo scoperto la piccola bottega in Rua Garrett seguendo il suggerimento del mio contatto ed era bastato entrare e guardarmi intorno per decidere di affidargli quella commissione.

E finalmente era arrivato il momento di ritirarla.

Il campanello che tintinnò all'apertura della porta annunciò la mia presenza al demone che, vista la sua assenza nel negozio, doveva trovarsi nel retro. Pochi secondi dopo, proprio questo comparve dietro il bancone.

«Ah siete voi, stavo giusto ricontrollando quei due gioiellini. Sono venuti proprio bene, uno dei miei lavori migliori, direi.» Pronunciò accompagnando le parole con un cenno di saluto.

«Bene.» Mi appoggiai con le braccia sul piano davanti a me. «Sono impaziente di vederli.»

«Vado a prenderli.»

Mi avevano parlato di quel demone come un abile artigiano, sia per le armi, sia per oggetti di semplice decorazione, e, a giudicare da quello che vedevo esposto nel negozio, non gli avevano reso giustizia. I demoni avevano un controllo quasi completo sul fuoco, motivo per cui non mi ero stupito più di tanto quando mi avevano detto che lavorava il vetro e l'acciaio, tuttavia non mi ero aspettato la finezza che traspariva da ogni oggetto da lui creato, per quel tipo di creazione serviva un precisione chirurgica che non avevo ancora visto in nessuno.

Il demone tornò nel giro di un paio di minuti portando con sé una custodia di panno di quelle che si vedono di tanto in tanto nei film medievali e da cui spuntano spesso fuori delle armi leggendarie. Quella volta non fu una spada come Excalibur o Durlindana a spuntare da quella custodia improvvisata ma in paio di pugnali gemelli che sembravano lavorati per spiccare in singolo ma splendere in coppia.

C'era una differenza sostanziale nelle due lame però, una era nera e sospettavo fosse fatta di ossidiana, con meno decori rispetto alla seconda che invece era di un materiale più chiaro, visibilmente pensata per una mano femminile.

«Non è quello che ho chiesto.» Commentai perplesso da quella visione, mi aspettavo due oggetti più semplici, quelli sembravano quasi da esposizione. Si sarebbero abbinati bene alle spade ormai inutilizzate in certe dimore di nobili alla Corte di Sangue.

Fragmenta AmorisWhere stories live. Discover now