Pulsioni - parte II

187 5 43
                                    

Guardo l'orizzonte, è quello dei Caraibi. Sì, il fottuto orizzonte del mare dei Caraibi.

Ho lasciato lo chalet per cercare qualcosa di più introspettivo, che mi entrasse dentro. Volevo ritrovare una sensazione che potesse intiepidirmi l'anima, perché quel caminetto, grande come un bilocale, emanava ormai solo freddi aneliti.

Osservo quella cosa, formata da un numero infinito di punti, che su un piano cartesiano si chiama retta, e penso ai miei problemi che si rincorrono come su un nastro di Moebius.

La classe consumata di mia moglie e il suo plotone di avvocati d'assalto, buttati in prima linea da subito, hanno portato via una parte di me. E, senza scomodare Sherlock Holmes, mi è stato subito chiaro che a muovere tutto era solo, e nient'altro, che la brama di vendetta.

Mi ha spezzato il cuore la fedifraga, non per il tradimento, alquanto pareggiabile con il mio, ma per la spietatezza senza appello. L'invereconda è andata fino in fondo. I suoi prezzolati in toga, adducendo pleonastiche panzane su quanto lei fosse affezionata alla bestiola, sono riusciti a strapparmi anche il caro Byte.

La scomoda verità è che quel sacco di pulci scodinzolava sì, appena mi vedeva, ma per poi correre a rintanarsi sotto la sottana dell'infame baldracca.

Non menziono le mie due care figliole, perché sono un uomo il cui cuore gronda vagonate di sentimentalismo da far impallidire le offerte di un outlet all'apertura dei saldi. Ed è per questo che sono stato subito chiaro: loro staranno con te, cara Gillian. E non provare a rifilarmele, alla peggio posso contribuire ai piani di ammortamento per il ciclico cambio dei loro iPhone. So che con te saranno nelle mani giuste, sempre che non ti trascinerai in casa quel tromba-mogli a tradimento di... Non lo voglio nominare, non sapendo come si chiama, ma per favore, sottraetemi a questo ingrato compito di dover per forza parlare di chi mi fotte l'infingarda consorte.

Guardo di nuovo la linea dell'orizzonte. Si sta accoppiando con quella cazzutissima luna che avrebbe fatto sciogliere il cuore di Jasmine. È bianca come la sua pelle vellutata. È immensamente lontana, Jasmine, più di questo fottuto simbolo di infatuazione a forma di palla. Ma questo sorge ogni giorno, mentre lei è tramontata per sempre. Quando ha capito che il gioco non era più un gioco se n'è andata.

Sarebbe bastata un po' di pazienza e le avrei spiegato tutto: che una moglie non è una delle peggiori soprese che un'amante potrebbe trovare. È chiaro che avrei glissato su quali potessero essere le altre sorprese. Le avrei detto che uno chalet è solo un luogo ameno fatto di legni e marmi pregiati, del tutto inutili senza di lei. Poetica e patetica presa in considerazione di frasi plebee consimili a: "mi costa più mantenerlo che godermelo, ma senza di te non ha alcun valore."

Dove ti porto, piccola? Le chiesi. Avrei un buco, lassù, oltre quelle montagne. Mi dissangua come un attico al TriBeCa di New York, penso tra me e me, ma quelle due scopate che ci faccio in un anno lo vale tutto. L'ho guardata negli occhi, le cui sfumature di pervinca mi davano un'immediata sensazione, come dire... di erezione, ecco. E il gioco divenne fatto.

Mi accorgo con sgradevole ritardo che le cose non sono così lapalissiane. Poteva essere qualcosa di diverso, di completo e di unico. Vaffanculo! Sarebbe stata la chiave di volta del misantropo che c'è in me. Ma lei è sparita e adesso questa meretrice della luna sembra prendermi per i fondelli.

Trangugio Bloody Mary come farebbe con dell'acqua un disgraziato che vaga nella Death Valley da giorni.

Dentro di me ho un deserto e fatico a placare l'arsura dell'immenso giramento di palle che ancora mi attanaglia.

Non sto piagnucolando su fugaci beni terreni che posso aver in qualche modo ceduto, non pensatelo. E se lo pensate, cercate di capire quanto anche io possa avere un cuore. L'ho già detto nella parte precedente?

Beh, lo ribadisco anche qua: ho un dannato cuore ed è molto meno peloso di tanti altri. Ho detto anche questo? Beh, allora vedete di andare affanculo! Ricordo con dovizia di particolari di avervi detto anche questo.

Ora mi ritrovo qua, su una spiaggia, io e questo intruglio di pomodoro con vodka e salsa Worcester.

A sì, certo, dimenticavo che ci sei anche tu, mia dolce Tanisha.

Lei ammicca come solo una zoccola d'alta classe saprebbe fare. Per mia fortuna sei arrivata tu. Cosa dici? Che c'eri anche mezzora fa? Cerca di capire, non intendevo che sei arrivata adesso, in questo momento.

Sarà anche di alta classe, e con un culo da calcinculo - nel senso che ti fa girare la testa -, ma ha un QI che se venisse comunicato gli verrebbe subito revocato per appropriazione indebita, al di là di qualsiasi punteggio ottenuto.

Non è colpa sua, ma del mestiere che fa; per quanto se ne sa potrebbe avercelo più duro, il QI, di Stephen Hawking.

Sospiro e glielo tocco, il fondoschiena, solo così riesco a distogliere il pensiero da questa minchiata del QI. Ciò che conta è poter passare la mia mano sulla sua pelle dorata; qualcuno direbbe di colore, ma non saprebbe di cosa sta parlando, nemmeno con tutti i codici del pantone sotto il naso, mentre le sfumature che vedo io sono di un ebano africano dai riflessi dorati.

Ah, Tanisha, dove cazzo eri prima che ti incontrassi? Non rispondere, potresti dire cose sgradevoli, lasciamo che l'ignoranza di questi futili dettagli ci lasci nel crogiolo del nostro ardore.

Guardo i suoi occhi scuri, di pervinca nemmeno l'ombra. I capelli neri come la notte, del biondo come il sole a mezzogiorno... nemmeno una fugace traccia, e sul colore della pelle mi sono già espresso.

È inutile che mi faccia delle illusioni, sembra una dea, ma non è la mia dea.

Forse ho sbagliato. Lei mi guarda e continua a sorridere, mentre capisce la metà di quel cazzo che dico, perché parliamo anche lingue diverse. Questo, l'ho scoperto dopo, e ora lo vedo come un viatico.

So che non ti aspetti nulla di più di quanto non fosse pattuito dalla tua parcella, ma vorrei farti capire che non volevo usarti. Purtroppo per te, non se ne sono nemmeno creati i presupposti.
Mi spiego meglio, inutile far finta che non sia così: di te non mi importa una sega, né del tuo culo, né del tuo QI.

Ciò non vuol dire che non mi senta uno stronzo. Credevo bastasse una come te in un posto come questo per spazzar via i miei demoni.

La mente torna sui tormenti che banchettano nel mio animo. Non penso allo chalet perso, alla moglie che se n'è andata e nemmeno al caro Byte, che tutto sommato se la starà ancora spassando prendendo biscottini da lei o dal suo fottuto amante.

Penso alle mie figlie, alle quali potevo dare qualcosa di più, oltre agli iPhone, e penso a lei, a quel raggio di sole che è entrato nella mia vita e che ho lasciato sfuggire. Non ho fatto nulla per trattenerla e lei se n'è andata, non per uno chalet in meno, ma per un idiota in più.

Non c'è più nemmeno la fottuta palla, rotolata chissà dove dietro la linea e ora, anche quella, si sta lentamente sbiadendo.

Fanculo, cazzo.

You've reached the end of published parts.

⏰ Last updated: Dec 26, 2023 ⏰

Add this story to your Library to get notified about new parts!

RACCONTIWhere stories live. Discover now