IV. C'è tutto il mondo (tra la culla e la fossa) - Parte 2

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Ricciardi scuote la testa, stringendosi la radice del naso tra le dita quando avverte un principio di emicrania; oppure, di semplice sonno, dato che è in piedi da quasi ventiquattr'ore filate con qualche mezz'ora di riposo frammentaria nel mezzo.

«Parlando con Bruno, abbiamo concluso che è possibile ci fosse più di una persona sulla scena del delitto di Gigliolo,» gli conferma lui, suscitando un'alzata d'occhi al cielo dal suo collega e un "ti pareva" rassegnato mentre si riaggiusta la visiera.

«Abbiamo sbagliato direzione,» ammette Ricciardi, storcendo un angolo delle labbra. «Ci conviene terminare il giro di interrogatori dei domestici e poi, domani, tornare alla carica con le tre famiglie derubate.»

«Beh, almeno loro qualcosa possono dircelo, al contrario di Gigliolo,» commenta Maione, annuendo mesto. «Se davvero c'è la stessa mano dietro, commissario. Vi ricordo, idea di De Blasio...»

«Lo so, Maio'» lo tronca Ricciardi, lievemente esasperato. «Magari stiamo davvero prendendo lucciole per lanterne, ma è sempre meglio che non vedere né le une, né le altre.»

Maione bofonchia qualcosa tra sé che non sembra troppo accomodante, e Ricciardi si massaggia con insistenza le tempie, un po' pentito del suo tono brusco. Ha veramente bisogno di dormire, se comincia a prendersela pure con Maione.

La pioggia, dopo una decina di minuti, dà cenno di volersi quietare un poco. Ne approfittano per dirigersi alla svelta verso la successiva abitazione. Superano il Duomo, affollato per la messa pomeridiana, e imboccano un vicoletto dopo l'altro in direzione del Rione Forcella, man mano che le nubi si aprono, facendo spazio a un cielo ancora ceruleo. Sono quasi le cinque del pomeriggio passate e, in basso, per quanto visibile nella scacchiera degli alti palazzi stretti tra loro, inizia a virare su toni più caldi in attesa del tramonto.

«Io quello che non mi spiego,» dice Ricciardi nei pressi dell'Annunziata, più tra sé che rivolto a Maione, «è come fa questo ladro a introdursi dall'esterno senza lasciar traccia, né esser visto o sentito, ogni singola volta. Pure che fossero persone diverse e furti diversi... come diamine hanno fatto a non farsi beccare?»

Non vuole dirlo ad alta voce, ma è quasi come fosse un fantasma. Dopo le ultime stranezze della sua maledizione, non vuole nemmeno pensare a quell'eventualità. Si sente già abbastanza pazzo così.

«Potrei capire una, anche due abitazioni... ma quattro?» butta fuori un respiro secco, frustrato.

Si pianta le dita sulle palpebre, stropicciandole, quasi a punirsi per non riuscire a venirne a capo; è deconcentrato e il pensiero di non riuscire a dormire per colpa della voce lo agita ancor di più. Gli pare di sentirla pure ora, in sottofondo al cicalio delle strade affollate.

«Che vi devo dire, commissa',» sospira Maione, allargando le braccia e rivolgendo gli occhi al cielo con fare teatrale. «Sarà stato o' Munaciello

Ricciardi inchioda nei propri passi, con una schicchera elettrica che gli corre lungo la spina dorsale. Volta il capo verso Maione.

«Che hai detto, scusa?»

Il brigadiere si ferma a sua volta, già un paio di passi avanti a lui. Pare d'un tratto imbarazzato e tira un sorriso un po' colpevole.

«Mah, niente, era solo un modo di dire... Non badateci, intendevo che sarà stato il vento, o-»

«O il "Munaciello"?» insiste Ricciardi, scandendo quel nome, conscio di dover sembrare lento di comprendonio. «E chi sarebbe?»

Maione sgrana gli occhi, come se avesse sentito un'assurdità, per poi ricomporsi alla svelta.

La Ruota degli AngeliWhere stories live. Discover now