I. Un po' di freddo (certo male non fa) - Parte 2

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Maione porta una mano alla tesa del berretto, per poi fissare di sottecchi uno dei vagoni della funicolare che arranca sferragliando in lontananza, lungo il pendio.

«Contenti voi...» borbotta, per poi farsi più composto. «Convoco qualcuno, oltre ai domestici di Gigliolo?»

«Fammi la cortesia, e cerca di recuperare qualche informazione sugli altri furti da De Blasio; ci parlerò comunque io dopo. Una lista di tutti gli impiegati di servizio in ogni abitazione farebbe al caso nostro, qualora ci fosse qualche nome ricorrente.» Fa una pausa e tira le labbra. «Anche se ne dubito. Non mi sembrano sprovveduti.»

«Affatto,» concorda Maione. «Però, stavolta ci hanno lasciato secco qualcuno invece di fare un lavoro pulito. È qualcosa.»

«È qualcosa,» annuisce Ricciardi.

«È lavoro per me,» mugugna Bruno.

«Senti, se ti avanza tempo, vatti a fare pure un giretto alla Sanità,» aggiunge in fretta Ricciardi, quando Maione sta già per aprire la portiera.

«Un "giretto"?» ripete il brigadiere, con gli occhi chiari adombrati dalle folte sopracciglia ora aggrottate. «Alla Sanità?»

«È un po' che non ti fai vivo col nostro informatore,» esplicita lui, mentre fatica un poco a mantenersi serio. «Poi, magari, pensa che ci siamo scordati di lui e si risente, no?»

È chiaro che Maione, se non ci fosse una gerarchia da rispettare, gli rifilerebbe volentieri uno scappellotto: lo fissa di sbieco, come fisserebbe uno dei suoi figli dopo averlo sentito pronunciare una profanità.

«Commissa', voi vi divertite troppo, con questa storia,» lo ammonisce, calcandosi meglio il berretto in capo e salendo al posto di guida.

«Io? Mai,» ribatte lui, prima di dare un colpetto sul tettuccio dell'auto a segnalargli di partire.

«Bugiardo,» commenta Bruno ad alta voce, mentre Maione parte in un coro di sobbalzi, accompagnato dallo sputacchiare di fumi di scarico e dallo stridio di marce mal ingranate. «Tu ti diverti sempre un mondo.»

Ricciardi scuote la testa, senza però negare, un sorriso che gli preme agli angoli della bocca. Fa un cenno col mento verso il cancello.

«Non volevi vedere 'sta meraviglia di ospedale?»

«E andiamo,» s'avvia subito lui, coi suoi passi lunghi, «che ce n'è, da camminare.»

Ricciardi lo sa benissimo, sin da quando ha accettato di accompagnarlo. Bruno inforca i suoi occhiali da sole, neanche fosse agosto inoltrato, e si immette tra il viavai piuttosto acceso della zona.

Ricciardi si affianca a lui mentre procedono verso l'enorme Piazza delle Medaglie d'oro, dove viaggiano più auto che in tutta Napoli, e imboccano uno dei larghi stradoni appena asfaltati che portano verso la nuovissima zona ospedaliera ancora in costruzione.

Gli fa un certo effetto vederlo tagliare in modo così netto, come una cicatrice diritta e bianca, i campi boscosi che lo circondano. Immagina come sarebbe vedere qualcosa di simile tra le montagne verdi e selvatiche del suo Cilento, attorno a Fortino arroccata sul proprio cocuzzolo, e il pensiero lo intristisce senza un particolare perché.

Dopo una decina di minuti di marcia e chiacchiere che li fa sentire ben presto accaldati, nonostante il freddo, Bruno si ferma lungo una curva che dà sulle colline ondulate circostanti, le mani affondate nelle tasche del cappotto lungo. Poco oltre, la prima struttura appena costruita del nosocomio è ormai visibile, ancora attorniata da cantieri, cumuli di terra e mattoni e mezzi pesanti.

È un edificio sobrio e dai colori pastello, in chiaro stile d'architettura nuova come i tanti sorti nell'arco di così pochi anni in giro per Napoli. Due fasci littori ornano i capitelli delle due false colonne all'ingresso, a racchiudere il frontone ancora privo di nome, in attesa di essere battezzato.

La Ruota degli AngeliWo Geschichten leben. Entdecke jetzt