2 - AIRA

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Solitamente sono un tipo mattiniero: sveglia alle sette, colazione, lezioni – ai tempi – e poi faccende di casa, studio e così via.

Ritornata a Manila, però, ho perso l'abitudine, svegliandomi intorno alle dieci e oziando parecchio tempo a letto o sul divano. Perciò, riprendere la vecchia routine si rivela un po' più complicato di quanto pensassi. Nonostante tenti di prepararmi due settimane prima, è comunque complicato, ma non importa, riuscirò a tornare sui miei passi.

Quando frequentavo la New York University ricordo che svegliarmi così presto al mattino non era affatto un peso, a parte il lunedì, quando la sera prima mi facevo convincere a partecipare ad alcune feste, ma il resto della settimana? Era sacro.

Aprivo gli occhi al suono della sveglia e, a differenza di Katrina, la mia vecchia compagna di stanza e amica, sorridevo. Perché era lì che volevo stare, era lì che avrei costruito il mio futuro e avrei successivamente lavorato in una qualche importante agenzia di comunicazione. Avrei indossato i miei abiti, le gonne, i tailleur, avrei avuto le mani e i capelli curati... avrei reso orgogliosi i miei magulang.*

Adesso, invece, è tornato tutto a essere un sogno, un po' come se il mondo mi stesse dicendo: «Ehi, bambolina, piaciuto lo snack? Ecco, adesso tornatene da dove sei venuta. Non fa per te.»

Un vero e proprio schiaffo morale. E non solo.

Dunque, adesso eccomi qui, in una città che a malapena conosco, che non ho mai visitato prima di trasferirmi, ma abbastanza distante dal passato.

Riscriverò il mio futuro. Ancora una volta. E stavolta non permetterò a niente e nessuno di ostacolarlo.

Se c'è una cosa che i miei genitori mi hanno insegnato, è che anche dopo mille cadute possiamo rialzarci. Ed è quello che ho intenzione di fare. Sono caduta così tante volte in questi tre anni, mi sono fatta talmente tanto male da pensare di non riuscire più a rialzarmi, ma ho dimostrato a me stessa che non è così.

Posso farcela. Devo solo pazientare ancora qualche anno.

Il monolocale che sono riuscita a trovare poco dopo le feste di Natale è stato un vero colpo di fortuna. Ho fatto il colloquio e, avendo l'okay, ho subito cercato qualcosa.

Mamma e papà mi mandavano un sacco di annunci e, tra le tante bettole che ho visitato, quand'ero sul punto di arrendermi e richiamare al lavoro, ho trovato questo piccolo posticino tutto per me. Non è molto, ma basta. Riesco a pagarlo con i soldi che avevo da parte per le emergenze di questo tipo e con aiuto dei miei genitori. Non so che farei senza di loro, davvero.

Si tratta di un minuscolo monolocale composto da un cucinotto e un tavolino per due, un bagno poco più grande di un frigorifero che riesce a malapena a contenere una doccia, un water e un lavandino e una stanzetta in cui c'è un letto a una piazza e mezzo con un armadio non troppo grande sulla destra e un piccolo televisore alla parete. Sebbene gli spazi ristretti siano un incubo, questo posto è mio e basta a farmi stare più serena.

La lavanderia è nel seminterrato, in comune; lo ammetto, non mi fa impazzire l'idea di dover fare il bucato insieme ad altra gente o che possano vedere il mio intimo, ma questa è la situazione al momento e faccio il possibile per fare il bucato il pomeriggio, quando torno a casa, prima che possa farsi troppo tardi. In più, la lavanderia non è così tetra come credevo. Ci sono cinque lavatrici e cinque asciugatrici, un dispenser di detersivo e ammorbidente e diversi scaffali in cui sono sistemati i cesti che possiamo prendere in prestito. E se i lavaggi ci daranno problemi, basterà avvisare il condominio, che si preoccuperà di risolvere il problema.

Insomma, poteva andare molto peggio.

Ho un tetto sulla testa, cibo in tavola e un letto su cui poter riposare la sera. Ho un lavoro che spero di svolgere correttamente e dei genitori che mi vogliono bene.

𝐔𝐍𝐓𝐎𝐋𝐃 [𝐃𝐞𝐭𝐫𝐨𝐢𝐭 𝐃𝐢𝐥𝐨𝐠𝐲 𝐕𝐨𝐥.𝟐]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora