CAPITOLO 1

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Tutto è cominciato quando Sofia aveva circa sei anni.

Sofia è sempre stata una bambina vivace e si distingueva dai suoi coetanei per la sua spiccata immaginazione che la portava a fantasticare su qualsiasi evento atmosferico o su qualsiasi oggetto che le capitava a tiro.

Lei e suo fratello sono il frutto di un amore da sempre ritenuto impossibile. Mio marito, (non ché loro padre) a quel tempo era chiuso nell'ufficio di lavoro dalla mattina alla sera e spesso tornava anche notte fonda con scuse che non stavano ne in cielo ne in terra; quella era la causa principale dei nostri continui battibecchi che spesso e volentieri sfociavano in vere "guerre" e non mancavano di certo ferite e lividi. E alcune volte, quando ritornava alcolizzato, entrava in casa e lanciava tutto all'aria, (una volta mi lanciò contro un bicchiere di vetro che si ruppe in mille pezzi). Poi, ricordo ancora come fosse ieri, entrava nella camera dei due bambini e iniziava a picchiarli senza motivo sotto il mio sguardo atterrito, sconvolto, ma impotente. Le lacrime uscivano a fiumi e solcavano i poveri volti infantili dei miei bambini.

Essendo sempre sola ero costretta non solo a badare a entrambe i figli, alla casa e alle tasse da pagare, tutto. Quando venne licenziato continuò a bere tornando a casa molto più spesso dopo aver abusato di alcolici. Le liti aumentavano di giorno in giorno, si urlava e alla fine terminava tutto con le mani.

Nonostante tutto, i miei due angioletti non persero il sorriso, anzi.

Sofia, (come ho già detto) è sempre stata una bambina molto fantasiosa, mentre Lorenzo, il figlio più grande, era dotato di uno spiccato intelletto, sono sempre stata orgogliosa di entrambi.

Poi quella notte avvenne l'impensabile.

Ricordo che volevo accontentare Sofia e portarla al mare, lei ne era entusiasta. A ruota decisero di venire anche Lorenzo e il padre.

Mio marito voleva guidare a tutti i costi dicendo che le donne non ne erano capaci e che servivano solo a procreare figli.

Per evitare di far sfociare tutto in un litigio, acconsentii senza ancora conoscerne le conseguenze.

Non si fermò al semaforo.

Un camion ci scontrò.

Io e Sofia eravamo sopravvissute per miracolo.

Lorenzo e la persona, che chiamare "padre" o "marito" suonava come una barzelletta, non furono altrettanto fortunati.

Ero entrata in uno stato di shock e non mancava giorno in cui le lacrime sgorgavano a fiumi anche solo ricordare i loro volti.

(Si uso il plurale, perché nonostante tutto ciò che mio marito mi aveva fatto passare, io ho continuato ad amarlo perché, come dice il detto, al cuor non si comanda).

Chi poteva darmi torto, dopo aver visto morire il proprio figlio?

Chi anche solo poteva osare dar torto a una madre che ha visto morire una parte del suo cuore?

Nessuno, ecco la risposta.

Dopo l'avvenuto ho sempre avuto paura di perdere anche Sofia, ogni notte andavo in camera sua e la stringevo tra le mie braccia, mentre mi immergevo in pianto silenzioso per paura di interrompere i suoi sogni.

Non volevo perdere anche lei, non me lo sarei permessa. Dovevo proteggerla, da tutti e da tutto.

Mi ricordo quando i suoi interrogativi occhietti dolci incontravano i miei, pieni di malinconia, tristezza. Oppure, quando toccava argomenti che mi avrebbero fatto ricordare quel maledetto giorno, e mi vedeva piangere e tremare come una foglia al pensiero di perderla.

Lei non aveva mai capito il motivo di tanta tristezza che si leggeva nei miei occhi quando le parlavo. Il motivo è che, durante l'incidente, la mia bambina subì un trauma cranico e da allora perse la memoria.

Volevo che crescesse nella pace, nella felicità e nella tranquillità e quella era l'occasione buona di crearle una vita diversa, di ricominciare tutto da zero.

Sofia crebbe, quindi, nella menzogna, nel continuo sconforto di qualcosa che non poteva, oppure nel suo inconscio, non voleva ricordare.

Le ho mentito, non me lo posso perdonare, ma l'ho fatto per lei, per il suo bene. Inizialmente pensai che poteva andare tutto liscio, perfetto oserei dire. Ma mi sbagliai di grosso. Quando si inizia a dire una bugia, (grande o piccola che sia) inevitabilmente si inizia a doverne dire un'altra, poi un'altra ancora, e così via.

Ora mi ritrovo a far finta di essere sua zia, a dirle che è figlia unica e che i genitori sono dall'altra parte del mondo per lavoro.

Tutte le volte che le raccontavo dei suoi "genitori" le dicevo che erano persone fantastiche, che aiutavano gli animali, e che ogni hanno il suo compleanno le avrebbero spedito un regalo meraviglioso.

Quando le regalai per la prima volta un orsacchiotto, ricordo i suoi occhietti smeraldo che si illuminavano e sprizzavano gioia da tutti i pori.

I bambini si accontentano davvero per poco, sono così dolci!

Ma ogni volta che sono costretta a mentirle mi viene sempre una fitta al cuore che mi fa capire che persona orribile sono.


La Rosa BiancaWhere stories live. Discover now