Capitolo 1 - parte 2

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Vide il luccichio nei suoi mistici occhi, sull'orlo del pianto. Nessuna delle due aggiunse qualcosa, abbandonandosi a un altro abbraccio, una lacrima e poi un sorriso.

In quei periodi, ogni cosa era soppesata differentemente, manifestando l'effetto farfalla per anche la più piccola azione; a quindici anni, il limbo che separava metaforicamente il mondo vecchio e sicuro dal nuovo e incerto non suggeriva nulla, lasciava incombere ansia e rimorsi in reazioni a catena infiniti. Non si era abbastanza grandi dal comprendere il più delle cose ma vi era già un piede dentro tutto quell'avvenire.

Nei momenti in cui si sentiva debole, affranta, Himari cercava più che mai il calore di Hidemi, soffrendo doppiamente quando era in procinto di confessarle i suoi sentimenti ma si bloccava sempre.
Inspirò forte il suo profumo, lasciò invadersi il viso dai suoi capelli come grano. Rabbrividì al tocco del suo seno sul proprio petto, contraendo le dita sulla sua schiena.

«Abbiamo matematica ora», Hidemi ruppe il silenzio, sciogliendo l'abbraccio e asciugandosi lo zigomo con un dito.

«Che palle...» l'altra sbuffò sonoramente, seguendo l'amica fuori dallo spogliatoio.

Anche allora si sentì tremendamente osservata, col terrore di palesare in viso quanto accaduto un attimo prima con Hidemi. Era ancora rossa in viso ma teneva lo sguardo basso il più possibile, scontrandosi poi con un paio di ragazzi e risultando più goffa del normale.

«Duh, Hidemi aspettami!»

«Tutto ok..?» La bionda si voltò.

«Non capisco cosa vogliono tutti da me, è da un po' che la gente mi squadra e parla sottovoce. Mi dà fastidio», confessò Himari riprendendo il passo.

«Oh, finalmente!» Esultò l'altra con un sorriso sornione.

«Uh?»

«Chi non vorrebbe guardarti, bella mia. Era ora te ne accorgessi».

Le ore volarono e all'uscita di scuola, Hidemi propose a Himari di fermarsi a prendere una cioccolata calda. Considerabile la sua fissazione in inverno, mai avrebbe accettato un "no" come diniego, saltellando e canticchiando come l'Hidemi di sempre. Il cielo terso donava fiochi raggi solari, concedendo la ragazza mora di sciogliere i giri di sciarpa attorno al collo e aprirsi un po' la giacca. Contò i soldi nel portafoglio lungo la via, mentre l'altra ragazza sciolse l'acconciatura e infilò l'elastico al polso, sovrappensiero.

Non c'era molta gente in giro sebbene fosse pomeriggio; solitamente però si trovavano molti compagni di scuola nelle caffetterie vicine che le ragazze frequentavano solitamente, specie se in quel periodo dell'anno. Era anche buffo considerare come Himari passasse la maggior parte del tempo con Hidemi mangiando, proprio per l'influenza che questa riusciva a darle.

Una volta entrate un profumo di cannella le avvolse, incantando totalmente Hidemi come per magia. La ragazza bionda si leccò le labbra, pregustando una serie di manicaretti esposti, dal più al meno calorico, e ignorando i commenti di Himari al riguardo.

«Ecco qua, mi sono contenuta questa volta!» Sentenziò, gustandosi la cioccolata calda e due dorayaki di difderenti ripieni.

«Fortuna che avevamo i soldi contati. Sei assurda», Himari sospirò rassegnata.

Buttò lo sguardo in giro, ammirando i minuziosi dettagli di quel ritrovo: sui toni dell'arancio e rosa pastello, includeva una decina di tavolini squadrati, alcuni accanto le ampie vetrate da cui si godeva di una piacevole vista specie nei giorni innevati; varie tazze da esposizione occupavano le mensole dietro il bancone e un po' ovunque vi erano graziosi bouquet in fiore o vasetti con piante grasse. Sebbene fosse spesso pieno, il brusio in sottofondo era piacevole, anche accompagnato da qualche melodia pop nella radiolina.
Quel luogo ispirava molto Himari che spesso e volentieri disegnava alcuni bozzetti seduta al tavolino, in compagnia di una bevanda calda.

«Devo ancora studiare lingua inglese... So boring...» Farneticava l'amica, con sguardo vago oltre la vetrata.

In quel momento un gruppetto occupò il tavolino adiacente il loro e Himari con la coda dell'occhio notò un tipo dai folti capelli chiari, sul biondo. Si voltò nell'immediato con occhi sbarrati, quando notò subito che non si trattava di quel ragazzo. Per alcuni secondi sembrò fissarlo con insistenza e quest'ultimo si infastidì. Nel gruppo vi era anche una ragazza dai capelli lunghi e ramati, che ricambiò lo sguardo di Himari in segno quasi di sfida. 

Le sembrava famigliare ma non ricordava proprio il suo nome. E si sentì quasi idiota per quella scenetta. Ripensandoci, non ricordava distintamente il viso di quel ragazzo a causa della luce soffusa eppure un'evidente bruciatura tra lo zigomo e la fronte non poteva lasciarlo indifferente tra la folla. Himari temette di incontrarlo lì, aveva una strana sensazione; conosceva per sentito dire, tra folle di ragazzi e insegnanti, che alcune gang criminali avevano ripreso piede da molto tempo, includendo anche parte della loro stessa scuola. E se ne facessero parte anche dei compagni di classe? Non riusciva a togliersi quel tarlo dalla testa, tremava al ricordo di sere prima. Detestava quella gente, la disprezzava e temeva al tempo stesso: sapeva cosa facevano, gli atti di vandalismo sulla città e il bullismo sui più deboli, sulle ragazze... era tremendamente disgustoso e, se in parte desiderava dar loro una lezione, in parte preferiva solo nascondersi e farsi da parte come sempre.

Il destino parve giocare di nuovo quando, nei minuti a venire, un paio di ragazzi entrò e si sedette lì, a due tavolini di distanza. E quella volta si trattavano proprio di loro, anche celandosi in abiti quotidiani li riconobbe: il ragazzo con la bruciatura in volto e un suo complice. Himari tremò. Non si erano ancora accorti di lei, doveva approfittarne. 

All'allontanarsi un cameriere salutò le due ragazze e, ricambiando, Himari incrociò proprio lo sguardo di quel ragazzo, volendo sparire all'istante. Doveva far la vaga ma non ci riuscì. 
Lo fissava con insistenza, spostando lo sguardo sui suoi connotati e analizzando quel volto tanto apatico quanto rilassato che non trapelò alcuna preoccupazione né minaccia, quasi più indifferenza. Gli occhi di un verde ocra illuminavano il suo pallido viso, dall'apparenza quasi fanciullesca a tratti. Indossava un semplice pullover beige, accompagnato da jeans chiari e anfibi neri; nulla di appariscente o che facesse trasparire l'inquietudine di quella notte. 
Per un periodo indecifrabile mantenne lo sguardo alto, probabilmente si ricordava di lei. No, anzi, perfettamente si ricordava di lei. E Himari anche in mezzo a una folla si sentiva in trappola, nella più totale calma. 

A passo lento andò via, interrompendo l'asfissiante contatto visivo nella speranza di esser lasciata stare. Si strinse al braccio di Hidemi e voltò di poco il capo, trovandolo fortunatamente ancora lì e immerso nella propria conversazione. 


With You | 𝐓𝐎𝐊𝐘𝐎 𝐑𝐄𝐕𝐄𝐍𝐆𝐄𝐑𝐒 {𝑾𝒉𝒂𝒕 𝑰𝒇?}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora