Il primo orgasmo

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L'aula intorno a me piano piano si riempie di corpi e di chiacchiere, ci sono un sacco di studentesse di certo tutte innamorate di lui. Se sapessero che per me è Alessandro, che la sua voce si è infilata a letto con me tutte le notti da quando lo conosco, che è me che lui sogna di sbattere al muro e divorare e sfondare per ore, probabilmente mi ammazzerebbero.

Mi si siede vicino una queen bee con i capelli piastrati dritti, le perle al corlo e le unghie laccate di rosso, sta cercando di somigliare a sua madre? Però mi fa un sorriso gentile, quasi amichevole, lo scollo a barca della magliettina fa intravedere la spallina di un reggiseno di pizzo nero. Ha il seno piccolo, una seconda a essere generosi, secondo me riuscirei a farmelo entrare in bocca per intero.

Devo decidermi a farmi quel piercing sulla lingua, un'arma d'amore.

Dall'altro lato si mette un ragazzo che fa sembrare ancora più bambini i miei compagni di classe: ha una barba vera, e l'orecchino di cocco, e un bel naso aquilino e mani grandi che promettono un bel regalo nelle mutande. È tutto preso a cercare di riordinare dei fogli di appunti, fotocopie sparse, ha una penna in mano e un'altra in bocca. È seduto scomposto, a gambe aperte, non resisto e tocco col mio ginocchio nudo il suo stretto in un paio di jeans strappati. Mi guarda un attimo, poi i suoi occhi tornano su interessati, mi fa una radiografia: la bocca gli piace, le mie labbra carnose e nude senza gloss o rossetti, mi guarda le tette, gli piaccio, si vede. Torna a guardarmi in faccia e si vede che si sta domandando chi sono, non mi ha mai vista prima, come attaccare bottone, da dove cominciare a spogliarmi?

Ma prima che possa dargli la mano e dirgli che non ho le mutande l'aula si acquieta, è arrivato Alessandro.

Cammina deciso, come se tutto gli appartenesse, e in fondo è vero: è la sua aula, il suo corso, i suoi studenti e le sue studentesse che non gli direbbero mai di no, e soprattutto sono sua io, si decidesse a prendermi. Arriva alla cattedra, a un metro da me.

Mi vede subito. Prendo fuoco.

Si lecca le labbra.

Con una mano sollevo l'orlo della gonna lungo la coscia, giusto un pochino, per fargli capire che sto rispettando la regola — devi essere nuda per me, mi ha scritto, no, mi ha ordinato, non appena ha capito che ero la ragazza, no, la donna giusta a cui dire certe cose. Appena ha capito che non aspettavo altro che parole così da un uomo come lui.

Si sforza di trattenere un sorriso, mette la tracolla sulla cattedra. Indossa una camicia beige e dei chino verde militare, non sono vestiti aderenti ma cadono dal suo corpo con perfetta eleganza, suggeriscono quello che so esserci sotto: il torso snello e tatuato, i bicipiti sodi, le gambe muscolose e potenti. Sul mignolo e l'anulare della mano destra ha due grossi anelli d'oro, è il suo colore, voglio succhiarglieli via dalle dita, anzi voglio sentirli sbattere contro il culo mentre mi sculaccia piegata sulla scrivania.

"Ragazze, ragazzi, buongiorno," dice, qualcuno risponde, io non riesco a emettere fiato. "Una comunicazione di servizio al volo, so che dopo la lezione ci sarebbero due ore di ricevimento ma ho un contrattempo, ci vediamo giovedì."

Un altro mormorio di assenso da parte della classe in generale, è una cosa normalissima, nessuno si scandalizza per un piccolo contrattempo perché non lo sanno, loro, non possono capirlo che il contrattempo sono io: io e la mia fica umida, io e la mia voglia, io e tutte le oscenità che Alessandro mi vuole fare dopo la lezione.

Tutti i modi in cui mi punirà per la follia di essermi presentata qui, di essermi offerta a lui davanti a tutti. Dio, quanto vorrei che venisse qua davanti a me e raccontasse per filo e per segno tutte le promesse che gli ho fatto in questi due giorni. Racconta alla brava ragazza alla mia destra che ti ho implorato di scoparmi in mezzo alla strada, di' al ragazzo con la barba alla mia sinistra che, se me lo ordini tu, io mi strozzo sul suo cazzo e ingoio tutto quello che ha da darmi, ubbidiente e troia, semplicemente perfetta.

Alessandro comincia la lezione ma io non capisco niente, m'immagino di essere a letto con ogni singolo studente e ogni singola studentessa nell'aula, a due, tre alla volta, a godere e a farli godere, mentre Alessandro ci osserva, mi osserva, per decidere se premiarmi o punirmi, che poi alla fine è la stessa cosa.

Neanche me ne accorgo che passano le due ore, sono caduta come in uno stato di trance a sentire la sua voce morbida. Mi riscuoto quando la ragazza accanto a me si alza e allora mi rendo conto che la lezione è finita, quattro o cinque allievi si avvicinano alla cattedra per scambiare qualche parola con Alessandro.

Lui mi rivolge uno sguardo veloce e capisco che è inutile restare ad aspettare, devo andare.

Sulla porta ritrovo il ragazzo con la barba, gli chiedo se sa dove sono gli uffici del dipartimento. Me lo spiega, gli concedo due chiacchiere, giusto due, di più non resisto. Mi avvio secondo le sue indicazioni e arrivo in un corridoio assolato, pieno di porte chiuse, punteggiato di sedie.

Mi studio tutte le targhette finché non trovo il suo nome, Ruggeri Alessandro. La porta è chiusa, mi ci appoggio con le spalle, sono il ritratto stesso dell'innocenza, no?

No, a giudicare da come mi guarda quando arriva.

Mi faccio da parte per fargli aprire la porta, mi fa cenno di entrare per prima, galante, e lo so che mi sta guardando il culo, si sbrigasse a toccarlo, a stringerlo, a morderlo.

Richiude la porta e dà mezzo giro di chiave, poi in un attimo mi ha afferrata e spinta contro la porta, con una mano mi tiene fermi i polsi sopra la testa, con l'altra mi solleva il mento — Dio santo è altissimo – e poi mi ficca il pollice in bocca. Io lo succhio, lo lecco, ci avvolgo la lingua, me lo godo come se fosse il suo cazzo, tremo tutta e cerco di pressarmi contro di lui e lui mi mette in bocca indice e medio, io li prendo, li venero con la lingua, mi cola la saliva sul mento ma penso solo a succhiare e lappare e lui mi dà anche l'anulare, sento il metallo freddo e insapore dell'anello, ansimo e inarco la schiena mentre mi scopa la bocca con le dita.

Si china per respirarmi all'orecchio.

"Vuoi essere scopata, piccolina?"

Sì, sì, sì. Ma non posso parlare con le sue dita in bocca, posso a malapena annuire, non posso smettere di succhiare, di dimostrargli quanto lo voglio e quanto posso essere brava, perfetta, la donna della sua vita perché è questo che sono: una donna, la sua.

Alessandro sorride e sposta la mano umida della mia saliva in mezzo alle mie gambe, a malapena mi sfiora e già vedo i fuochi d'artificio, punture di spillo su tutto il corpo. Non si muove, non fa niente, preme i polpastrelli contro la mia fichetta bollente e sta a me muovermi, scoparmi sulla sua mano, strusciare il monte di Venere contro i dossi del palmo, premermi più che posso addosso alla sua pelle.

Faccio dei suoni osceni, con gli occhi chiusi e la bocca aperta, e lui mi guarda e gode di questo, non mi chiede di fare piano né niente, anzi più gemo e più mi premia piegando le dita, sfiorando con le nocche il mio sesso, un assaggio, una promessa, una tortura.

Mi muovo sempre più frenetica e quando alla fine mi sfiora il collo con un bacio vengo, è l'orgasmo più intenso della mia vita, ho gli occhi lucidi e ansimo, mi gira la testa, sto da Dio, non voglio muovermi mai più.

Questo è scopare con un uomo, allora. Lo sapevo che dovevo incontrarlo.

Alessandro mi aiuta a sedermi su un divanetto, mi fa una carezza.

"Ho davvero delle cose da fare," dice. "Stai qui seduta. Voglio che ti tocchi, ma non venire. Ok?"

Annuisco.

Lui va alla porta, gira la chiave, socchiude la porta. Chiunque può entrare.

Mi metto comoda.

Alessandro si siede alla scrivania, prende una risma di fogli, lavora. Io mi tocco, come ha detto lui.


Diario della mia LinguaWhere stories live. Discover now