di quando abbiamo studiato Hobbes e ti ho scritto una poesia

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note anticipate: mi scuso per eventuali errori ma non ho riletto, se lo avessi fatto avrei cancellato tutto e non mi sembrava il caso.

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a chi ha paura per sé, ma cura le paure degli altri.


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Dante entra in classe con un sorriso dipinto in volto, uno di quei sorrisi che i suoi alunni hanno catalogato come: "E questo cos'ha in mente adesso?". Luna si volta verso Laura con uno sguardo interrogativo e la sua compagna di classe si limita a un'alzata di spalle.

"Buongiorno ragazzi, come stiamo oggi?"

"Madonna professò quando comincia così me fa salì l'ansia."

Matteo afferra il quaderno posto sul banco sventolandolo poi davanti al suo viso, per farsi aria o per fare scena, come direbbe Manuel.

Manuel che dall'altro lato dell'aula si morde il labbro inferiore per evitare di rispondere con qualcosa di pungente. Simone si gira verso di lui con gli occhi grandi, quegli occhi da cerbiatto che gli invadono le palpebre ogni volta che chiude i suoi, di occhi. Alza le mani in segno di resa, "Non dico niente", sussurra.

"Stranamente l'intervento di Matteo non è così insensato come sembra", continua il professore camminando tra i banchi.
"Quell'ansia di cui parla il vostro compagno è la paura di quello che potrebbe succedere dal momento in cui io parlo al momento in cui voi vi aspettate arrivi la botta finale. Oggi parleremo proprio di questo."
"Secondo Thomas Hobbes, un filosofo britannico vissuto a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento, la paura è un'emozione universale che accompagna l'uomo lungo tutto l'arco della sua esistenza. Non solo la fuga come espressione della paura, ma anche il sospetto, lo stato di allerta in cui l'uomo vive percependo un male futuro. Proprio per questo, secondo lui, ci mettiamo al sicuro preventivamente."

Dante sposta lo sguardo tra i suoi studenti e si avvicina alla lavagna continuando a parlare.

"La paura, quindi, genera l'azione mirata e consapevole che spinge gli uomini a mettersi al sicuro, talvolta fuggendo, talvolta affrontando il pericolo."

Manuel sembra assorto nell'ascolto di quelle parole e Simone ne approfitta per guardarlo. Quella mattina, entrato in classe, aveva spostato il suo banco in modo da avere Manuel di nuovo accanto senza pensarci troppo. Proprio per questo, quando la gomitata di Manuel gli arriva sul fianco vorrebbe maledirsi.

"Ahia!"

"Stai attento."

Simone sbuffa e sposta lo sguardo sulla lavagna.

"Cos'è per voi la paura?" Vi legge.

Aggrotta la fronte e torna a prestare attenzione alle parole di suo padre, non prima di aver rifilato un pizzicotto sul braccio di Manuel.

"Oggi vi chiedo di fare qualcosa di diverso. Voglio che scriviate una poesia sulla paura. Non importa il tema, il genere, la forma o lo stile. L'importante è che esprimiate ciò che vi fa paura, ciò che vi fa tremare, ciò che vi fa sudare freddo."

"Prof ma per quando?"

"Adesso, avete mezz'ora di tempo."

"Ma come adesso aò, professò mica so' Leopardi che scrivo 'e poesie a comando."

"Matté statte zitto e scrivi", questa volta Manuel proprio non riesce a trattenersi.

"Eccolo là il poeta, mo voglio proprio sentì che scrivi."

Le luci di RomaOnde histórias criam vida. Descubra agora