di quando abbiamo visto un film e siamo andati in discoteca

636 58 51
                                    


Ogni volta che Manuel vede Federico non può fare a meno di pensare al fatto che ha lasciato Simone da solo, di sera, a Ostia, con quel catorcio di motorino rotto. Si appoggia al muretto fuori scuola e osserva la scena a pochi metri da lui. Simone sta ridendo come se non fosse successo nulla due sere prima, lo aveva riportato a casa e da quel momento l'ha completamente ignorato. Se lo merita, lo sa, eppure sente lo stesso una sensazione di inquietudine addosso. Butta a terra il mozzicone di sigaretta consapevole che non dovrebbe farlo, ma tante cose sa di non dover fare eppure le fa lo stesso perché è una testa di cazzo, se lo ripete sempre.

Afferra il suo zaino e si avvia verso l'edificio, alla prima ora ha il compito di matematica e non ha idea di cosa scriverci. Perso nei suoi pensieri non si accorge di aver travolto una ragazza facendole cadere le fotocopie di mano. Osserva i fogli sparsi nel corridoio e con riluttanza nota una versione di latino.

"Anche quando non sono nella sua classe riesce a peggiorarmi la giornata signor Ferro."

Il professor Lombardi è fermo sulla soglia della porta della 1A e lo osserva sconsolato.

"Signorina Parrara entri pure in classe, ci penserà il nostro amico qui a raccogliere tutto e consegnarmi le versioni del vostro compito."

Manuel vorrebbe rispondere, ma conta fino a dieci e si abbassa a raccogliere tutto.

"Tacci tua", sussurra rialzandosi con le fotocopie in mano fronteggiando il suo professore, tendendogli i fogli con fare scocciato prima di andarsene e se lo lascia alle spalle con un sorriso soddisfatto in volto dirigendosi verso la sua classe. Poggia distrattamente lo zaino sul banco ed esce per andare in bagno.

"Ma dico io, le fotocopie non se le po' fa da solo invece de manna quell'altra lì a farle di prima mattina?"

"Parli anche da solo adesso?" Manuel ha le mani appoggiate sul lavandino, ma quando sente quella voce si gira di colpo vedendo Simone uscire da uno dei cubicoli. Non l'aveva nemmeno visto passare intento a raccogliere degli stupidi fogli.

Non gli risponde, non subito. È stupito di sentirlo parlare con lui, ha quel sorrisino imbarazzato in faccia e Manuel vorrebbe dirgli di smetterla perché è difficile tenere su la sua aria da spavaldo se lo guarda con quell'espressione lì.

"Interessante, parli da solo ma non rispondi quando gli altri ti parlano."

"Avrò sbattuto la testa quann'ero piccolo."

Il sarcasmo, come sempre, è la sua unica salvezza in quelle situazioni in cui si sente in trappola e rischierebbe di dire qualcosa di cui potrebbe pentirsi.

"Non ho dubbi a riguardo."

La smorfia nata sul viso di Manuel dopo la risposta di Simone fa sentire quest'ultimo in parte felice, consapevole di riuscire a suscitargli emozioni, in parte però, vorrebbe accarezzarlo e dirgli che a lui piace anche se è una testa di cazzo colossale. Non può frenare quel pensiero Simone, ma si pente subito e cerca di scacciarlo via scuotendo la testa.

"Nemmeno io, dev'esse pe forza così, altrimenti non se spiega pecché faccio e dico stronzate."

Mentre parla, Manuel lo guarda negli occhi per poi sfuggire subito al suo sguardo e voltarsi verso il lavandino. Apre l'acqua e ne butta un po' in faccia mentre Simone rimane fermo dietro di lui. Non sa cosa dire, quella frase detta con tanta sincerità lo manda in confusione.

"Ti diverti proprio, eh?"

Manuel si volta alzando un sopracciglio con fare interrogativo.

"A fare cosa?" chiede, sinceramente confuso.

Le luci di RomaWhere stories live. Discover now