Prologo

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<<AAAAAAMBEEEEEER!!!! MUOVITI AD ANDARE A SCUOLA O FARAI TARDI!>> urla mia madre mentre bussa come una folle alla porta di camera mia.
Cado giù dal letto per lo spavento e picchio il mio povero sedere sulle dure e fredde piastrelle del pavimento. Dolorante, e ancora assonnata, rispondo alla donna che continua a fare baccano da dietro la porta:<<Mamma, fa' meno casino! Che ore sono?>>
<<Le otto meno dieci!>> sbuffa lei.
Mi alzo di scatto da terra, improvvisamente sveglia e attiva:<<Cosa?!>>
<<Muoviti o farai tardi a scuola!>> ripete ancora lei, questa volta con un tono di voce più basso.
<<Farò sicuramente tardi...>> borbotto io.
Corro in bagno. Spazzolo i miei lunghi capelli castani che traboccano di nodi e, con le lacrime agli occhi a causa del dolore provocato dal cespuglio aggrovigliato sulla mia testa, mi lavo i denti. Mi sciacquo rapidamente la faccia e, correndo come se fossi inseguita da un cane rabbioso, torno in camera mia. Velocemente mi tolgo il pigiama e indosso un paio di leggins neri, un paio di anfibi e una t-shirt un po' troppo larga ma infinitamente comoda. Mi trucco in fretta e, devo ammetterlo, male. Per abitudine ricopro le ciglia con un filo di mascara ed utilizzo del fondotinta per nascondete le spaventose occhiaie che regnano sovrane sotto i miei occhi stanchi.
Prendo lo zaino e corro fuori casa, salutando frettolosamente mia madre che mi guarda scuotendo la testa contrariata. Finalmente in strada, all'aria fresca non ancora bollente alle prime luci del giorno, mi precipito a tutta velocità verso la prigione che più comunemente è detta scuola. Odio quel posto, ma al tempo stesso non posso fare a meno di andarci. Per quanto mi faccia impazzire, so che in futuro rimpiangerò questi giorni di spensieratezza e giovinezza.
La mia profonda e matura riflessione termina qui, al mio cervello serve ossigeno.
Sono appena a metà strada e sono già stanca. Ho il fiatone e non mi sento più le gambe e le spalle. I polmoni bruciano ad ogni respiro che faccio e mi sento soffocare, mentre sento già il sudore bagnarmi la fronte e le ascelle. Magnifico, a scuola arriverò proprio profumata come una rosa...
In media, durante le vacanze, mi sveglio dopo le 11.00 del mattino, ma ora c'è la scuola e non posso più permettermi di oziare fino a quella tarda ora. Tuttavia la cosa più snervante resta che sto sudando di prima mattina!
Lo zaino pesa esageratamente tanto, sopeattutto considerando che di solito non sollevo niente di più pesante di una penna, e darei di tutto per potermi muovere con un'automobile, sarebbe terribilmente comodo. Ma no!, non ho ancora l'età adatta per fare la patente, devo attendere ancora... e intanto devo usare le mie povere e poco allenate gambe.
Entro nell'atrio della scuola e, ignorando una bidella che mi urla di non rallentare il passo e che sono in ritardo (non lo avrei mai capito senza di lei, davvero), mi dirigo verso la mia classe.
Dopo aver rischiato quasi due volte di cadere e una di andare a sbattere contro un'altra studentessa, finalmente giungo davanti alla mia aula, di cui senza esitazioni spalanco la porta, che per sbaglio mi scappa di mano e sbatte contro il muro, provocando un botto improvviso. Certi miei compagni sussultano per lo spavento e la sorpresa, la professoressa si interrompe a metà frase e parecchie paia di occhi si puntano su di me, poi la maggior parte dei miei compagni scoppia a ridere sguaiatamente.
La professoressa di matematica, che da sempre mi adora, mi guarda male, come se volesse incenerirmi con lo sguardo.
Io faccio un largo sorriso impacciato e mi scuso con un filo di voce, mentre sento le mie guance andare a fuoco e le mie mani sempre più sudate.
<<Tu sembra il modo di entrare? Non si sbattono le porte! E sei pure in ritardo di ben ventotto minuti!" sbotta la prof., arrabbiata e puntigliosa come sempre mentre scriver sul registro che devo portare la giustifica.
Già di prima mattina è di buon umore, fantastico...
<<Le ho appunto chiesto scusa. Non era mia intenzione sbattere la porta.>> borbotto io sospirando mentre la risata generale scema in qualche chiacchera detta sottovoce al compagno di banco.
<<Douglas, siediti senza ribattere e polemizzare!>> replica la prof. visibilmente irritata mentre si sistema gli occhiali sul naso adunco.
Cerco con lo sguardo un banco libero, che purtroppo è in prima fila e per giunta nemmeno contro il muro. Nella fila centrale, proprio davanti alla cattedra.
Lascio cadere lo zaino accanto al banco e mi abbandono sulla sedia. Incrocio le braccia sulla superfice dura del legno e ci affondo la testa, mentre l'insegnante tiene il suo sguardo di fuoco puntato su di me. Voglio solo dormire. Non voglio seguire questa maledetta lezione, nonostante il mio ritardo manca ancora un'ora e venti al termine di questa terrificante tortura chiamata trigonometria.
<< Douglas,>> mi richiama all'ordine la prof con la sua voce acuta e squillante:<<vuoi almeno degnarti di fingere di seguire la lezione? Almeno per rispetto nei confronti miei e dei tuoi compagni inizia a tirare fuori il libro di testo e il quaderno e segui con attenzione.>>
Sospirando mi sistemo sulla sedia e dal mio zaino tiro fuori il materiale come mi è stato ordinato. Appena tutto è disposto sul mio banco, la prof. ricomincia a parlare e la mia testa inizia a confondersi tra le frasi da lei dette.
Si prospetta una noiosissima e lunghissima lezione, in cui la lancetta dell'orologio scorrerà pigramente. Così lentamente che anche solo cinque minuti paiono durare un'eternità. Questa sarà una di quelle lezioni in qui non farò altro che sbadigliare, mentre faticherò a tenere gli occhi aperti e ad ancora la mia mente alla realtà in cui mi trovo, senza concederle di iniziare a vagare tra mille futili pensieri. Devo prendere appunti, altrimenti studiare questo argomento sarà poi impossibile.

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Salve gente!
Ecco il prologo di questa piccola storiella, spero via sia piaciuto come inizio e che vi abbia invogliato a continuare a leggere la storia!
Cosa ne pensate?❤❤❤

Al primo capitolo!
👋👋👋

È difficile ma non impossibileDove le storie prendono vita. Scoprilo ora