Troverò il modo di ringraziarvi.

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Marzo 2022.

Sembrerà stupido da dire.
Ma quando ieri sera, al Bar, mi chiesero se pensavo fosse normale quello che succedeva in casa, fu difficile anche solo guardarla negli occhi. Primo, perché a chiedermelo fu Estonia, una delle ragazze più dolci che conosco; Secondo, perché non sapevo cosa rispondere. La mia opinione era cambiata nel corso del tempo.
Ma si, all'inizio pensavo fosse normale, un po' come tutti i bambini, quello che succedeva. Nonostante ciò, le risposi di no.

Non avevo idea che una bambina di nove anni non dovesse badare costantemente a tutti gli altri bambini, mentre gli altri membri della famiglia, denutriti e maltrattati, si ammazzavno costantemente di lavoro.
Pensavo che Urss e Irene ci avessero adottati o avessero preso la nostra custodia solo per fargli da servi.
Non sapevo che gli altri bambini non dovevano chiedere il permesso per andare a letto prima dell'orario prestabilito, e che non dovevano avere paura del fatto che, nel pieno della notte, qualcuno venisse a prenderti per i capelli e trascinarti fuori dal letto, perché non avevi finito le faccende che ti avevano severamente imposto.
<< Credevo di averti detto di lavare i piatti! C'è una forchetta nel lavandino, stupida! >>
E che non fosse normale essere chiusi in camera a chiave per tutta la notte.
Non sapevo che gli altri bambini potessero andare a scuola. Io avevo solo studiato a casa. Tre giorni alla settimana. Mosca e KGB erano insegnati severi e inflessibili che, se anche li non facevamo tutto quello che dicevano, lo avrebbero riferito a mio padre.
E lui si sarebbe infuriato.

Quindi non sapevo che gli altri bambini non venivano picchiati con una cinta, una bacchetta di ferro o qualsiasi altra cosa, e che non gli venivano messi pantaloni lunghi e magliette a manica lunga in piena estate, per coprire i segni.
Non sapevo che gli altri bambini non dovessero chiedere il permesso per fare merenda o mangiare anche un misero pezzettino di pane, e che non dovessero far nulla per guadagnarselo.
Non sapevo che gli altri bambini non venissero picchiati per quello che facevano gli altri fratelli. Se Lettonia non aveva ordinato il bucato, prima venivo punita io, e anche più forte. Perché ero una delle più grandi, me l'avevano affidata e dovevo assicurarmi io che lo facesse.
Non sapevo che gli altri bambini potessero chiedere tranquillamente di avere libri, giocattoli, anche solo pastelli per disegnare.
I miei padroni si arrabbiavano, se lo chiedevo.
Non sapevo che essere chiusi per giorni nel seminterrato o nella propria stanza per aver fatto anche la minima cosa stupida o non aver fatto qualcosa, non era una punizione normale da dare.
Non sapevo che essere afferrati dalla gola e strozzati fosse una reazione normale a un piccolo errore.
Non sapevo che gli altri bambini potessero chiedere aiuto ai loro genitori senza essere derisi, sminuiti e ridicolizzati.
Non sapevo che, nelle altre famiglie, i membri non si sussurassero ogni tanto di avere voglia di morire. Mi ricordo di aver sentito una volta Georgia parlare di proiettili in testa. Forse stava solo avendo uno dei suoi esaurimenti nervosi, non lo so. Essere il segretario di quell'uomo non era facile.
Non sapevo che agli altri bambini era permesso di uscire di casa. E quando succedeva anche a noi, non potevamo parlare con nessuno. Guardare nessuno. Aiutare nessuno.
Non sapevo che agli altri bambini potevano avere più di quattro capi d'abbigliamento. Irene non c'è lo avrebbe mai permesso.
Non sapevo che agli altri bambini, dopo essere stati pestati, venisse data la colpa di quanto era successo. O che i tuoi genitori potessero urlarti contro che ti avrebbero ammazzato perché eravate scappati di notte e avevate provato a denunciare tutto ai servizi sociali, già consapevoli che contro L'unione Sovietica non avrebbero potuto far nulla. Ma ci provavate lo stesso nella disperata speranza.
CHE CAZZO AVETE FATTO? MA SIETE STUPIDI? INUTILI RAGAZZINI FOTTUTI. VENITE QUA, VENITE QUA. ADESSO AVRETE UNA BELLA LEZIONE. GIURO CHE VI AMMAZZO SE LO RIFATE.
No...basta. Ecco. Scusate. Questo non lo voglio ricordare, per favore.

Tutti per molti anni non mi hanno sopportato perché, cresciuta, ero quella con più libertà. Quella che usciva più spesso perché mi era rassegnata e sottomessa a lui.
Ero sfacciata, sciocca. Civettuola. Perdonatemi per quel comportamento, ma ne avevo bisogno. Avevo bisogno di comportarmi così, solo per dimenticarmi tutto quello che era già successo e tutto quello che sarebbe successo poi.
Non fu facile nemmeno per me. Scusatemi.
Non era facile mantenere l'autocontrollo, essere la Bielorussia ironica. Sorridergli dopo che lui mi aveva urlato addosso per chissà qualche ragione, senza sembrare che lo prendessi per il culo.
Va bene. Perdonami, non lo rifarò più! Vado a sistemare tutto.
E nel mentre pensavo alla me di cinque anni che si nascondeva impaurita in un angolo, perché aveva scordato di spazzare il pavimento, e sentiva lui chiamarmi urlando dal piano di sotto, con quella maledetissima bacchetta di ferro in mano.
In quella casa c'era un reggime di terrore, inutile negarlo.
Come diavolo siamo sopravvissuti?
Ogni tanto me lo chiedo.
Come? Come abbiamo fatto a non impazzire?
E poi ricordo come.
Ricordo tutte le persone gentili che ci avevano aiutato in quegli anni. Tutte le persone che si facevano in quattro pur di portarci qualcosa che potesse aiutarci in quella situazione. Jugoslavia che ci passava un sacchetto colmo di bende e disifettante lanciandolo oltre il muro, sapendo che se scoperto potevano sparargli.
O Belgio, quella notte che pur di portarci dei biscotti, scavalcò il muro aiutata da Regno di Jugoslavia, Olanda e Lussemburgo, tagliandosi le gambe con il vetro magico che Urss aveva fatto mettere sopra di esso.
Era tutta piena di sangue, ma stava bene.
Era dovuta scappare via subito dopo averci passato i biscotti dalla finestra. KGB e Comicon l'avevano vista. Per fortuna non avevano notato il suo dono e non sono riusciti a prenderla.
Ricordo Ucraina, Estonia e Polonia che si cervellavano per creare bugie e sotterfugi con cui coprire gli errori che facevamo, così che Urss non si arrabbiasse.
Ricordo Italia che nascondeva i libri occidentali, quelle storie che volevamo tanto leggere, con copertine diverse per non farli scoprire e c'è li dava.
Ricordo quei periodi in cui Urss aveva dei lunghi viaggi di lavoro, e i suoi quattro cagnolini dovevano andare con lui. E le guardie che lasciava, ormai impietosite, ci facevano uscire e permettevano a qualcuno di venirci a trovare, per poi nascondere tutto al suo ritorno.
Monaco che ci mandava sempre tanti regali.
Ivan che architettava, assieme a quei pochi politici a lui alleati, modi di far allontanare Urss e la sua gilda sempre più spesso e possibile dalla casa.
Noi che imparavamo come comportarci quando c'era, e col tempo abbiamo imparato come gestirlo. Cosa fare, cosa dire.
I baltici che finalmente trovavano un proteso per andarsene da quella casa, dopo l'incendio che l'aveva in parte devastata.
E dopo loro, ognuno di noi era andato via.

Dopo molti momenti di buio, c'erano anche stati molti momenti di luce. Diventati sempre più frequenti nel tempo che passava, mentre Urss si indeboliva, mentre alcune tracce di violenza saltavano fuori e pur di mantenere alta la reputazione della famiglia si sforzava di non picchiarci più forte o spesso come prima.
Ci siamo sempre aiutati. Abbiamo sempre fatto gruppo. Vedevamo la bellezza nelle piccole cose. Ignoravamo la propaganda e le le sue bugie.
Pensavamo al futuro.

Una parte della mia...della nostra infanzia e vita lì posso dire che sia stata salvata, per fortuna.
Cazzo...niente, mi è andato qualcosa nell'occhio.
Prima o poi troverò il modo di ringraziarvi tutti. Se non fosse stato per voi...non so dove saremmo finiti.






Angolo scrittrice:

Sinceramente ho pensato a tante di quelle merdate che ha fatto URSS che vi potrei fare un libro intero solo su questo.
Ma visto che non voglio essere ripetitiva, anche se ho molta voglia di raccontarvi di personaggi di questa famiglia che francamente mi piacciono parecchio *Cough Cough* Ucraina *Cough Cough*.
Voglio anche raccontarvi di tutti gli alti che mi piacciono.
Ma volevo anche lasciare con questo testo, un minimo di speranza e senso positivo per questa famiglia disastrata, visto che dai precedenti sembra che abbiano passato quasi 60 anni di abusi e schifo vario. Che si in parte era vero-
Ma ci sono anche stati momenti belli.

Alla prossima ☆

☆ Rachele ☆

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