In a dream, I saw my mother...

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«Che bambino educato che sei, non é vero?»

«Signora lei è fortunata, gli altri bambini non fanno che urlare.»

«Ah porti anche la spesa alla tua mamma? Ma che bravo!»

E sua mamma al momento sorrideva e annuiva, e si girava verso di lui come se fosse orgogliosa di suo figlio.

E allora Christian si sentiva fortunato ad averla.

Poi passò il tempo.

Passò una stagione, e poi l'altra, e poi un'altra ancora.

L'inverno fece il suo ingresso quando sua madre perse il lavoro.

E con quello, il sorriso.

Tornare a casa il sabato, dopo scuola, era diventato triste.

Christian accompagnava ancora sua madre per i negozi, ma i prodotti che passavano per la cassa, erano sempre più pochi.

E Christian non aveva mai più ricevuto alcun album da disegno.

E non aveva mai più conservato gelosamente alcun ovetto kinder.

E i cassieri non avevano più fatto i complimenti a sua madre.

E sua madre a stento alzava gli occhi quando doveva pagare.

E quando uscivano dalle porte automatiche, quando la mamma teneva con una mano l'unica busta della spesa e con l'altra la manina del figlio, il viaggio lo percorrevano in silenzio.

Non parlavano più.

E ad un tratto, un giorno di ottobre, forse verso i tredici anni, Christian aveva sentito sua madre piangere.

Da sola, al tavolo della cucina.

Seduta con le mani sul viso.

Singhiozzava a bassa voce.

Non c'era la televisione accesa, non aveva vicino il telefono, e la luce era spenta.

Così lui si era avvicinato alla porta, rimanendo sulla soglia, con il cuore che sembrava rallentare ad ogni singhiozzo.

La vedeva tremare, la vedeva alzare e abbassare le spalle a tempo con il pianto.

E poi si calmò, quasi come se avesse perso d'improvviso tutte le forze.

Si mise una mano sulla tempia e si voltò lentamente verso la porta.

Era magra, i suoi capelli erano spettinati e forse erano pure sporchi.

I vestiti che aveva addosso erano rovinati, per quanto puliti fossero.

Aveva una maglia nera, con le maniche lunghe.

E anche la matita che colava dai suoi occhi era nera.

E gli occhi verdi, beh, sembravano d'improvviso esser diventati grigi.

Come i campi d'inverno.

Come un campo ormai morto.

E con quegli occhi da fantasma, guardava il figlio.

Lo guardava eppure non lo guardava sul serio.

Sembrava come fosse incantata, come se quella seduta sopra quella sedia non fosse realmente sua madre.

E il tredicenne ebbe quasi paura, perché quella donna sembrava tutto tranne quella che lui conosceva.

E Christian era intelligente, era tanto intelligente.

E sapeva che le persone in quei contesti avrebbero mentito, si sarebbero asciugate le lacrime e avrebbero detto che non era nulla e che era tutto okay.

Ma la sua mamma quel giorno non ne aveva la forza di mentire.

Come le Maschere di Pirandello. Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora