Telefono dal filo spezzato (Deuce)💧

123 7 2
                                    

Avvertenze: Reader-chan non è MC; è ambientato durante l'evento "Whiterabbit Feast in Queendom of Roses" ma non ci sono grandi spoiler.

Avevo un rituale speciale, quando ero una bambina, con un amico altrettanto speciale. Questo bambino ed io non frequentavamo la stessa scuola, io avevo un posto riservato in un istituto elementare femminile e lui andava in quella pubblica più vicina, ma abitavamo di fronte e le nostre camerette si affacciavano l'una sull'altra, quindi, non ricordo esattamente quando, forse grazie ai nostri genitori, noi due abbiamo legato, e abbiamo sviluppato un metodo di comunicazione infantile per parlarci pure se non potevamo vederci di persona.

Il pomeriggio era il momento che preferivo della giornata. Era quando tornavo a casa, da quella scuola di bambine spocchiose con cui non ho mai legato, e mi precipitavo su per le scale. Mi arrampicavo per i corridoi, spalancavo la porta della mia camera e con un largo sorriso mi avvicinavo alla finestra. Non mi toglievo nemmeno la divisa, nella maggior parte dei casi, e se lo facevo era solo la giacca, che afferravo il bicchiere di carta, incastrato sotto la finestra, e la spalancavo impaziente. Ci mettevo sempre poco a trovare la giusta tensione che il filo doveva avere e poi parlavo nel bicchiere. Noi comunicavamo così, quando non potevamo incontrarci, attraverso un telefono fatto con oggetti trovati in casa. E se all'inizio era solo per le emergenze, poi, dopo un paio di momenti di noia, era diventato un rituale: chiamarci ogni giorno, dopo la scuola.

«Deuce?», provai a vedere se era in camera, «Deuuuuce!», la voce rimbombò attraverso l'apparecchio, lungo tutto il filo.

Vidi un'ombra che si agitava nell'altra stanza e poco dopo la finestra si spalancò, rivelandomi un bambino dai capelli blu e dagli occhi scintillanti per la gioia. Fu così contento di vedermi che dimenticò di prendere il bicchiere prima di aprire la struttura in legno e questo stava quasi per scivolare giù. Lo afferrò appena in tempo.

«Ciaoo, Deuuuceee!», lo salutai allungando le lettere, mentre lui stendeva il filo e poggiava la cornetta all'orecchio.

Poi toccò al bambino mettere l'apparecchio vicino alla bocca e io poggiai la mia estremità all'orecchio.

«Ciaoo, (Y/nnn)! Ti stavo aspettandoo!»

Risi, appena mi arrivarono le parole. Era così buffo il suo modo di parlare. La me bambina riconosceva come strana solo la sua intonazione, non la mia che era la stessa.

«(Y/nnn), vuoi venire a casaa oggi pomeriiiggioo?», aggiunse, bloccando la mia immotivata ridarella.

Non me lo chiedeva spesso, sapeva che ricevevo sempre un sacco di compiti da quella prigione in cui andavo, ma quel giorno era diverso. Il dì successivo ci sarebbe stata la festa del Bianconiglio, ciò voleva dire niente scuola e niente obblighi.

«La mammaa ha preparato la merendaaa per entrambiii», mi aveva informato, convincendomi ancora di più di quando non lo fossi prima.

La signora Dilah era tanto gentile e buona con me, mi trattava come se fossi una figlia ogni volta che andavo a casa sua, mi sentivo amata da lei e preparava sempre delle merende che per la me bimba erano buonissime, quindi un invito del genere non poteva assolutamente essere rifiutato.

Gli feci il segnale di mettere il bicchiere all'orecchio e così fece.

«Devo chiedere a mammaa priimaaa», lo avvertii e lo vidi annuire dall'altra parte della strada.

Fu un bel pomeriggio. Pur nella sua semplicità ne conservo il ricordo con cura, nel mio cuore. Fino a quando non calò il Sole, io rimasi a casa di Deuce: mangiammo, giocammo, ridemmo fino a star male e poi ci demmo l'appuntamento per il giorno dopo, per passare la festa insieme.

Love Me (Twisted Wonderland x Reader)Where stories live. Discover now