In principio Saran provò una rara soggezione, ma non poteva arrendersi senza nemmeno aver provato. «Chi tra voi è il Gonsukh khan?» domandò, solo per essere sicura di non aver commesso errori.

Proprio quel ragazzo curvò le labbra in un sorriso, sollevando il mento. «Io, il mio nome è Yul. E tu chi saresti, piccoletta?» le domandò con strafottenza.

Saran strinse subito i pugni. «Non rivolgerti a me in questo modo, merito rispetto» lo fissò con acredine, e al contempo con attenzione. Voleva capire che tipo di persona fosse. «Così potrai ascoltarmi con maggiore interesse.»

«Rispetto?» Yul scoppiò a ridere dolcemente, portando una mano tra i lunghi capelli che scendevano sulle spalle. Vi erano tracce di sole sulle punte, come se si fossero schiarite. E quella pelle abbronzata era tanto diversa da quella di Saran, abituata alla freddezza della luna. «Porterò rispetto a chi mi rispetterà, perciò stai attenta a ogni parola.»

«Ci rispetteremo entrambi» confermò, sentendo gli altri khan chiedersi chi fosse e come mai fuori l'avessero lasciata entrare. «Poiché non sono stata cacciata, rimarrò.»

Yul le fece cenno di prendere posto sul cuscino amaranto accanto al proprio, pur mantenendo il sorriso strafottente in viso. «Immagino che non te ne saresti andata nemmeno se ti avessero cacciata. Non vorresti sedere vicino a me?»

«Lo farò» borbottò lei, avanzando a passo lesto, stringendo le gonne color malva fra le dita. Una volta accanto al giovane, sedette al suo fianco e incrociò le gambe, rivolgendogli un sussurro appena accennato. «Al termine del khurultai, incontriamoci fuori. Dovrai ascoltare ciò che ho da dirti. Voglio proporti un'alleanza.»

«Un'alleanza?» Yul si fece serio e afferrò uno dei datteri rossi disposti fra le ciotole. «Immagino tu sia Saran, dagli Shonin. I nostri padri si sono spediti delle missive di recente, piccoletta.»

Lo avrebbe preso a pugni. Quella era una dimostrazione di rispetto? Saran sbuffò, spostando la coda di capelli più lunga che finì su una spalla. «Hai detto bene, mi chiamo Saran, non piccoletta. Ficcatelo bene in testa» disse con un certo orgoglio.

«Arrogante per provenire da una tribù piegata...» mormorò lui, interessato. «Ho saputo che ci sono stati vari problemi tra le vostre dune, il Principe Ereditario di Sunju vi ha dato filo da torcere?»

Song, di nuovo lui. Quel pensiero le invase le carne e il cuore. Perché non le era possibile lasciarlo per sempre da parte? «Sì, ma è storia passata. Ci stiamo risollevando, siamo ancora molto forti, solo che abbiamo bisogno di un buon appoggio.»

«Allora lo troverete. Non temere, sono un uomo d'onore e non tratto male le piccolette furiose come te» la derise bonario, sfiorandole la coda mentre gli altri khan cercavano di udire le loro parole. Ogni alleanza poteva essere motivo di distruzione per chi non ne faceva parte.

«Lo spero. Quello che vogliamo è raccogliere la nostra gloria passata e spartirla con i nostri alleati. Se riusciremmo a risollevarci, anche voi ne gioverete.»

«Oh, non ne dubito» ribatté Yul, fissando gli occhi su un uomo che si era appena sollevato in piedi al centro della gher. Con le mani alzate, aveva cominciato a parlare, ma Yul sussurrò a Saran: «Mio cognato non si è presentato quest'oggi. La faccenda con la tribù di Ogodei deve averlo turbato parecchio.»

«Parli del khan dei Taigat?» borbottò lei. «Anche io ho udito della battaglia al passo Gangwon. Se ci fosse stato, avrei parlato anche con Tomur khan. So che le vostre tribù sono legate.»

Yul sbuffò una risata amara e adagiò la schiena contro uno dei pilastri portanti della gher. «Purtroppo. Non provo granché simpatia per i Taigat, si sentono un passo avanti agli altri.»

Cieli di Sangue - La nuova dinastiaWhere stories live. Discover now