capitolo 10

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"come sarebbe a dire 'so la prossima metà' ?" mi chiede matilde.

la verità è che non lo sapevo neanche io, non ne avevo la certezza.

non ero sicura che arrivata avrei trovato delle risposte, le risposte che cercavo.

a casa di mia zia Lucrezia.

non avevo un "buon" rapporto con lei, o meglio dire, non ci vedevamo mai.

è da più di 3 anni che non ci vediamo, da quando abbiamo fatto una riunione di famiglia in memoria dell'anno dalla scomparsa di mio padre, da quando di lui non se ne sa più nulla.

lei mi ha sempre detto che nel momento del bisogno posso andare da lei, sempre, a qualsiasi ora.

ci andavo sempre con mio padre, era il nostro posto preferito

la verità è che ora forse me ne vergogno.

dopo anni andare da lei, solo per andare a chiederle informazioni su mio padre.

e non per lei.

faccio un sospiro pensando tra me e me come agire, prima di combinare qualche casino.

dopo un lungo silenzio rispondo a Matilde.

"a casa di mia zia Lucrezia." le rispondo.

"a casa di tua zia... Lucrezia? non me ne avevi parlato." mi dice.

ed è vero, non gliene avevo parlato.

ma non fraintendetemi, non perché non lo volessi dire a Matilde, ma semplicemente era strano parlarne.

che dopo anni l'avrei menzionata.

penso che sarebbe stato imbarazzante l'incontro, ma lo dovevo fare.

dopo aver spiegato il tutto, per bene, passo dopo passo, a Matilde, ci dirigiamo verso la metro per andare verso casa di mia zia...

...sarebbe stato strano? certo.

ma non avevo scelta.

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siamo davanti casa di mia zia, davanti la porta.

la macchina c'è, è posteggiata: lei è in casa.

un senso di nausea mi pervade, e dico subito a Matilde...

"suona tu" dico diretta.

"COSA?! ma sei impazzita gemma? nono suoni tu" mi dice

"no, ascolta, per favore, suona tu" continuo

"gemma non esiste affatto-"

"ma cos'è tutto questo baccan-, GEMMA?" apre la porta mia zia Lucrezia, e mi riconosce.

volevo sprofondare.

il senso della vergogna aveva preso possesso di me.

Matilde mi guarda terrorizzata, con un accenno di scuse.

"si...ciao zia..." le dico

in lei, nella sua espressione, c'è un cenno di confusione.

ma soprattutto un cenno di inaspettatezza.

"...prego, entrate" dice con un accenno di sorriso e si sposta per farci passare.

passo io e poi Matilde, e la casa è esattamente come me la immagino.

il solito mobiluccio alla sinistra con il piattino sopra per appoggiare le chiavi e alla destra l'attacca panni.

di fronte, tutto infondo a sinistra, le scale per salire al primo piano, mentre a destra un piccolo corridoio che portava alla cucina e al salotto.

credetemi se vi dico che niente era cambiato, neanche di una virgola.

"gemma, tesoro, se mi avessi detto del tuo arrivo ti avrei fatto trovare qualche dolce" mi disse mia zia mentre io e Matilde ci accomodavamo nel divano

" e lei chi è?" disse incuriosita mia zia guardando Matilde.

"piacere signora, sono Matilde, un'amica di sua nipote " le risposte precedendomi.

subito dopo mia zia fece un cenno con la testa e un sorriso.

"allora cara, a cosa è dovuta questa visita" mi chiede sorridendomi.

lo sapeva che sotto qualcosa c'era, non venivo da lei da oltre tre anni.

"zia ti volevo... insomma ti volevo chiedere informazioni su...su mio padre " le dissi

"ma che intendi dire? perché ti dovrebbero mai servire informazioni su tuo padre? mio fratello Marco" mi disse, scaldandosi un po'.

"vorrei solamente sapere qualche cosa in più su di lui, qualsiasi, per sentirlo più vicino" le dissi. mentendo, ovviamente.

in quell'arco di tempo, seppur breve, in cui mia zia si alzò per andare a prendere delle vecchie foto, io pensai.

era passato un mucchio di tempo, era tutto così strano...

ed era tutto così estremamente ansioso.

presi la mia borsa e l'aprì.

presi la foto e la guardai.

dissi, tra me e me, chissà quanti segreti nascondeva quella foto.

me la rigirai tra le mani, pensando.

con i ricordi che vagavano.

e mi focalizai sulla scritta.

nel nostro posto preferito.

no...non poteva essere vero.

spalancai gli occhi e Matilde se ne accorse.

"gemma, cosa succede" chiese preoccupata.

"Matilde... questo... è questo il nostro posto preferito" le dissi con l'aria che a malapena arrivava ai polmoni. "è qua che troverò le risposte che cerco. ma la cosa strana è che sono venuta qua inconsciamente, senza aver capito il messaggio. Matilde, mio padre voleva sin da subito che venissi fino a qui." le dissi.

Matilde spalancò gli occhi, ma non ebbe neanche il tempo di rispondere che arrivò mia zia.

"ragazze, scusatemi, ho cercato a fondo. ecco qua" disse appena arrivò.

scatole su scatole, e album su album di mio padre e mia zia.

foto loro, foto di famiglia.

"è qua che tengo tutti i ricordi sottoforma di foto" disse "i primi mesi volevo bruciare tutto, ma mi sono ricordata che non potevo..."

"che intendi zia?" le chiesi.

"niente, tesoro" disse passandomi alcuni album, a altri a Matilde.

passammo vari minuti a vedere le foto, e mi sentii così estremamente triste.

vedere loro felici da giovani, la spensieratezza.

"gemma." disse Matilde fredda e a voce bassa, facendosi sentire solo da me.

la guardai e le feci segno di dirmi.

lei non disse una parola, neanche mezza. mi mise davanti solo una foto.

quella che avevo in mano fino a qualche minuto fa.

cercai di mantenere la calma,fin quando di scatto Matilde prese la foto e la girò, facendomi leggere la scritta che c'era scritta dietro.

"vedendo questa foto, lei capirà. raccontale tutto"

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-al prossimo capitolo...
~ emily speranza

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