CAECA EXSPECTATIO

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Il profilo del suo orizzonte era pieno di soldati. Quella vista gli era talmente nota che sarebbe riuscito a distinguerne ogni singola identità nonostante l'oscurità, nonostante la nebbia.

L'aria era carica di urla che si rimandavano un comando da una parte all'altra del campo, di polvere sollevata dai cavalli, di odori pungenti che esalavano dai fuochi appena spenti e dalla pece passata sulla punta delle frecce.

Sopra quello spettacolo terreno, il blu del cielo si scoloriva e l'astro del mattino si stava spegnendo in una cornice lattea e caliginosa. Il generale cercò di concentrarsi sul bagliore della stella, invocandone le ultime benedizioni prima di abbandonarsi ai rigori del giorno, poi tornò a osservare la distesa del proprio esercito. Per quanto vasto e temibile potesse apparire quel coacervo di uomini e armi, non era che la metà di quello che avrebbe dovuto essere.

Di quello che era fino a poco tempo fa.

Il primo chiarore superò la linea dell'orizzonte e si infranse nel bagliore azzurro dei suo occhi. Il brusio si fece più intenso. Dall'alto della collina, ritto sul suo cavallo, il generale fiutò l'eccitazione che saliva: il sole sarebbe sorto presto, la battaglia era vicina.

Davanti a lui giovani scudieri sollevavano i vessilli, che si gonfiavano colorati sotto la brezza crescente. Alla sua sinistra, stretti in cerchio, gli incantatori mormoravano a occhi chiusi le loro arcaiche litanie, avvolti da un'aura dorata che si levava dal terreno. Alla sua destra, i guaritori controllavano gli unguenti e ripiegavano con cura le proprie bende, preparandosi a strappare gli uomini alla morte.

Tutto sembrava immutato, come a ogni inizio di battaglia, ma quella mattina lui sapeva che mancava qualcosa. Chiuse gli occhi un istante e si lasciò attraversare dal vento e dalle mille domande scomode che iniziavano a invadergli la mente

Un provvidenziale scalpiccio di zoccoli alle sue spalle lo sciolse da quei pensieri.

"Generale, è l'ora".

Sorrise senza essere visto. Udire quella voce decisa lo consolava ogni volta, ricordandogli che non era solo.

"Non ancora, Mellodîn", rispose voltandosi verso colui che aveva parlato.

Il comandante aveva indosso la lucida armatura dell'esercito di Arthalion. Sul petto gli brillava l'Idra d'argento, sul viso la calma lucidità del combattente pronto ad affrontare ogni pericolo al fianco del proprio condottiero. La lunga e fedele amicizia che lo legava a quell'uomo era una delle emozioni che ancoravano saldamente il generale alla propria esistenza.

"Galanár", insistette l'altro, mutando repentinamente registro, "non possiamo perdere altro tempo".

Lui ignorò quelle parole, come d'altronde aveva già fatto la prima volta. Tornò a fissare il sole che stava sorgendo e sollevò la mano con un gesto misurato. Sfilò dai lunghi capelli il nastro cremisi con cui li aveva stretti e le ciocche platino scintillarono nel vento del mattino. Sollevò la sottile striscia di stoffa e ne seguì il movimento.

"Il vento sta cambiando. Tra un'ora soffierà da nord".

Mellodîn scosse la testa come se disapprovasse, ma l'altro si limitò a riannodare i capelli con la solita compostezza.

"Aspetteremo un'ora", concluse.

"È un errore. Non dovresti..."

"Verrà".

"È un errore", borbottò Mellodîn.

"Quando il vento soffierà da nord, arriverà. Aspetteremo un'ora".

Al comandante non restò altro da fare che portarsi il braccio al petto e chinare il capo con deferenza.

"Agli ordini. Aspetteremo".

Il generale lo guardò allontanarsi mentre tornava indietro a comunicare agli uomini la sua decisione. Ai suoi occhi Mellodîn aveva sempre avuto lo stesso aspetto: fiero, robusto, un combattente nato. Al suo fianco, Galanár sembrava più esile di quanto non fosse in realtà. In quel momento, però, dopo tante battaglie e altrettante albe trascorse insieme, realizzò con sorpresa di aver scorto una maturità diversa sul volto dell'amico: il segno dei suoi anni umani si stava facendo strada. Lui, Galanár, era sempre lo stesso, invece. Sempre giovane, sempre bello. Destinato a essere il più splendente, il maggiore, la perfezione della propria specie. Condannato dalla propria ambizione e autorizzato dal suo stesso sangue a inseguire un sogno di vittoria e di gloria fin dalla nascita.

Tirò a sé le redini, obbligando la bestia a girarsi, poi esitò. Quell'ora di attesa sarebbe stata lunga, forse la più lunga della sua esistenza, poiché nemmeno lui avrebbe saputo dire chi o cosa si aspettava davvero di vedere. La sua era solo un'idea ostinata, una incrollabile fede, una speranza. Scese da cavallo e trattenne le briglie strette in un pugno.

Aspettare? L'aveva davvero ordinato? Un principe non è abituato ad aspettare. Un generale ancor meno. Si domandò se quella sua scelta avesse una logica. Forse gli eventi degli ultimi mesi gli avevano fatto davvero smarrire la ragione.

Rivolse lo sguardo a nord, avvertì che l'aria iniziava a cambiare.

Ascolta il vento prima di attaccare, gli aveva detto lei un giorno.

Senza averne più motivo, le stava obbedendo una volta ancora.

Avrebbe aspettato.


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NOTA DELL'AUTORE

È strano come, a volte, le storie ne generino altre pur senza aver nulla in comune.

Molti di voi mi hanno conosciuta grazie alla serie di Opera, che è il lavoro che mi ha portata qui su Wattpad, che mi ha permesso di conoscere tante persone meravigliose e che mi ha regalato (e mi regala ancora) grandi soddisfazioni. Lavorando sul seguito di quella storia, che sto ancora scrivendo, mi sono trovata a un tratto nella necessità di scavare nel passato, di tornare indietro a recuperare parti delle mie vite precedenti. Uno di questi frammenti di me è la passione per il medieval fantasy e per l'epica, le miei prime letture e i miei primi grandi amori.

Arthalion's Chronicles nasce da questa passione, dal bisogno che ho provato di voler tornare a casa.

Come per ogni storia che aspiri ad appartenere a questo genere, vi prometto sangue e vi prometto guerra, ma vi prometto anche amore e amicizia. Vi prometto avventura e pathos, ma vi prometto anche gioia e bellezza. Se alla fine non sarò stata in grado di mantenere il mio impegno, ne risponderò in prima persona e sarà vostro diritto reclamare.

Fino ad allora, però, vi do il benvenuto alla corte di Arthalion. Che siate Uomini, Elfi, Nani o Troll non fa differenza. Ogni creatura è ben accetta sotto il cielo di Amaurea.

Il figlio dell'Idra (Arthalion's Chronicles #1)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora