Prologo: 𝐿𝑒𝑛𝑡𝑖𝑔𝑔𝑖𝑛𝑖 𝑑𝑒𝑙𝑙𝑎 𝑛𝑜𝑡𝑡𝑒

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L'oscurità spaventa.
C'è una paura ancestrale in noi esseri umani, che ci porta ad avere un timore infondato per il buio. Forse è perché non siamo in grado di vedere, ci fa sentire deboli, esposti ai pericoli. Muoversi fra le tenebre è un continuo enigma. Siamo stati creati dagli Dei per vivere il giorno e dormire nella notte, avvolti nelle coperte di un letto caldo e le mura della casa in cui viviamo. Strati su strati di protezione.

Proprio perché così spaventosa e enigmatica, la notte ci affascina. È come una maliziosa carezza proibita, un alleato che copre le tracce. Una versione della realtà da esplorare. I peccati più riprovevoli per la società germogliano tacitamente. E allora gli uomini cercano la lussuria nelle locande e le donne scappano per raggiungere l'amante. Chi vuole il brivido del gioco d'azzardo, chi, invece, va a caccia per sfamare la sete di ricchezza, indossando la maschera del ladro.

Ma io non sono umana.
Ho sempre preferito la notte al giorno. Me ne stavo accovacciata sugli alberi ad ascoltare gli animali vivere e a guardare la mia fedele amica: la luna.
C'era un periodo dell'anno che rendeva le notti ancora più magiche, ed era sotto la Luna del Fiore, quando il buio calava sulla terra e le sentinelle delle stelle gironzolavano attorno a me. Così, le lentiggini della notte lassù, si mescolavano alle lucciole quaggiù.

A volte mi addormentavo nei campi, nascosta fra le spighe d'orate di grano, sulla terra scaldata dal sole e mi lasciavo cullare dalle braccia della notte. Quando accadeva facevo un sogno ricorrente.

Mi trovavo in una stanza scura e vuota, c'erano delle voci, dei sussurrii che mi vietavano di utilizzare i miei doni. Si intrecciavano e si scontravano, alcune erano più forti delle altre.
Colpivano la mia testa, s'insinuavano con sibili sprezzanti nelle mie orecchie. Sentivo dolore ovunque, in particolare nella mente.

Poi in lontananza scorgevo due figure avanzare verso di me: i miei genitori. Percepii sollievo. Loro erano il mio faro nella tempesta, l'ancora di salvezza e il nido in cui mi sarei potuta nascondere di nuovo da quello strazio. Ma più passi facevano, più mi rendevo conto che quelle voci provenivano da loro. Il dolore diveniva più forte e lancinante. Insopportabile.
Accovacciata, indietreggiavo sul pavimento laccato e specchiante.
Loro, però, sembravano due automi. Mantenevano lo stesso ritmo e avanzano inespressivi di fronte alla mia paura.
Nemmeno sentivano il mio pianto.

Sapevo che se mi avessero preso, mi avrebbero portato dal Re e dalla Regina. Non mi avevano mai voluta davvero e quando scoprirono che possedevo dei doni, trovai conferma dei loro sentimenti verso di me.

Non mi allontanavo abbastanza in fretta rispetto al loro passo e le voci si facevano più fitte e crudeli. Dovevo liberarmene, dovevo trovare il modo di scacciarle lontano da me, di mandare loro via da me. Non sapevo come fare, non riuscivo a controllare i miei poteri. Erano state casuali le volte in cui ero stata capace di utilizzarli, ma non sapevo gestirli.

Compresi che non c'era speranza per me.
Mi avrebbero presa.
Mi abbandonai al destino che mi stava venendo in contro, al dolore delle voci. Mi chiusi a riccio e attesi la condanna con gli occhi appannati dalle lacrime.

Ad un tratto, sentii una voce calda e profonda. Una voce maschile, che mai avevo udito prima d'ora. Era rassicurante e dura al tempo stesso.
«La tua diversità è la tua forza.» disse.

Alzai il capo e mi voltai dietro di me. Riconobbi la figura a cui apparteneva quella voce. Era un uomo di stazza possente, ma non riuscii a vedere altro, il buio mi impedì di distinguerlo. Si avvicinò con passo lento, era così aggraziato che sembrava fluttuare. Dovevo essere spaventata da quell'improvvisa comparsa sconosciuta, invece, avvertivo un'aura rassicurante ad avvolgerlo. Rimasi seduta a guardarlo rapita dai suoi movimenti.

Figlia del Caos - Darkness & DeceptionWhere stories live. Discover now