Biscotti al cioccolato

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Rose

Trovare il coraggio di fare delle scelte che potenzialmente potrebbero rivelarsi delle catastrofi è sempre complicato, ma arriva un momento in cui decidi di tuffarti a capofitto senza pensarci troppo. Arriva il momento in cui capisci che non puoi avere sempre paura di vivere.

Dopo il mio incontro con Travis, anche detto Pongo, sento il bisogno di scrivere a Richard e di ringraziarlo seriamente per ciò che ha fatto per me, senza scappare dalle mie responsabilità come ho fatto fino a ora. Perciò, non appena avrò cinque minuti liberi, invierò quel fottuto messaggio.

Oggi è uno di quei giorni in cui sento di dover proseguire con la mia vita, di dovermi alzare e iniziare a correre senza preoccuparmi di voltarmi indietro e per questo sto tornando ad allenarmi. Mi mancano Max e Ray, ma soprattutto mi manco io.

«Hai deciso di tornare ad allenarti finalmente?» domanda mia sorella bevendo il suo solito caffè. Ormai mi sono abituata di nuovo alla sua presenza e sarà devastante quando se ne andrà.

«Sì, è ora di darsi una svegliata» dico afferrando il borsone con la mia roba,
sento davvero il bisogno di avere una rivincita personale dopo tutto quello che è successo alla festa.

«Sono molto fiera di te, lo sai?» sorride dolcemente, guardandomi.

«Lo so, sorellona!» annuisco e mi affretto a uscire, ma non prima di averle detto che le voglio tanto bene.

Sono consapevole di quanto lei provi stima per me, non ho mai dubitato di questo perché non fa proprio nulla per nasconderlo e onestamente non vorrei mai deluderla lasciandomi andare.

Quando entro in palestra tiro un respiro di sollievo nel vedere dei cambiamenti evidenti nell'arredamento e nelle attrezzature. Sono contenta che Rey abbia ascoltato ciò che gli ho detto, si è finalmente deciso a incassare l'assegno che ho firmato e ha sistemato
tutto quello che poteva essere contestato.

Quel coglione di George Micheal può baciarmi il culo.

«Sei tornata» dice non appena varco la porta del suo ufficio senza prendermi la briga di bussare.

«Non torno sempre?» domando sedendomi di fronte a lui. Non chiacchieravamo da un po'.

«Sempre, ma vorrei che non ti chiudessi in te stessa» borbotta lanciandomi un'occhiataccia, «credi davvero che io mi sia bevuto la storia dell'influenza? Sei venuta ad allenarti anche con la febbre a quaranta, Rose».

Mi conosce bene: non lascio mai che i miei dolori fisici mi impediscano di allenarmi, l'unica cosa che può piegarmi è la mia mente.

«Certi combattimenti vanno affrontati senza allenatore, vecchio» mormoro stringendo i pugni. Non sono riuscita a coinvolgerlo nel mio dolore e probabilmente non imparerò mai a farlo.

«Stai bene ora?» chiede scrutandomi con attenzione, ma leggo nella sua espressione l'impotenza. È a uel sentimento che ormai accomuna tutte le persone che mi stanno accanto ed è questo che mi frena ad aprirmi.

Se sapessero veramente cosa c'è nella mia testa sarebbero molto più preoccupati di adesso.

«Per quanto mi sia possibile» annuisco forzando un sorriso, «sono pronta a rimettermi in carreggiata, il titolo non si mantiene da solo e di Butterfly ne esiste solo una».

È così, no? Non posso soccombere, devo lottare o tutti i miei sacrifici saranno vani.

«Dubito che lo perderai mai, sappiamo entrambi quanto tu sia cocciuta quando ti metti in testa qualcosa» borbotta sottolineando il lato peggiore del mio carattere, ma per quanto distruttivo alla fine ripaga sempre.

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