Rosemary

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Erano caldi pomeriggi d'estate spensierati quando io e il mio gruppetto di amici ci divertivamo sulle rive del laghetto, in giro per il paese o con le biciclette sulle colline. Pomeriggi in cui Madeline e le 3ME non esistevano, i continui paragoni sparivano ed io ero semplicemente Rosemary.
Io, Judith e Nathaniel non somigliavano alle tre bionde: non eravamo conosciuti da tutta la scuola e tutto il paese, non ci interessavano le feste dei ragazzi più grandi o gli stupidi gossip a cui Madeline era tanto appassionata.
Noi tre eravamo unici. La nostra amicizia era unica.
"Una Williams per i Moore, i Moore per una Williams."
Questo era il nostro motto.
Tutto ciò fino a quando non è finito tutto, circa quattro anni fa.

Era l'estate prima dell'inizio del liceo, precisamente i primi di settembre. Judith quel pomeriggio era in giro con la madre per comprare un nuovo zaino, in quanto quello delle medie era ormai rotto. Nathaniel mi inviò un messaggio chiedendomi di andare a prendere un gelato al chioschetto che stava proprio prima del laghetto. Ricordo che quel pomeriggio scoprii che Madeline mi aveva bruciato le Converse, facendo cadere la piastra per i capelli su quella sinistra. Così indossai un paio di Vans rosa che indossavo in seconda media. Lei, senza nemmeno chiedermi scusa, mi snobbò definendo le mie scarpe "imbarazzanti e infantili" aggiungendo un "« Dovresti farti dare consigli di moda da chi se ne intende di più di te, tipo me»". Sempre molto gentile e cortese.
Nathaniel mi raggiunse con la sua bicicletta fuori casa e io corsi verso la mia. Pedalammo fino al chioschetto, dove poi prendemmo due gelati medi: io interamente al cocco e lui cioccolato e limone. Non ho mai capito cosa ci trovasse di buono in quell' accoppiata di gusti ma lui ha sempre detto che la dolcezza del cioccolato abbracciava l'amarezza del limone e insieme si fondevano in un unico retrogusto dolciastro. Io puntualmente alzavo le spalle e mi concentravo sul mio cono. 
Ci sedemmo sulla riva del laghetto, lasciando le bici dietro di noi. 
Mi piaceva uscire con Nathaniel, era il mio migliore amico. Potevo dirgli qualsiasi cosa mi turbasse, con lui potevo indicare le lumache o le lucertole che giravano nel prato senza che si facesse venire una crisi di panico come facevano la maggior parte delle mie amiche. 
Ma quell'estate fu diverso.
Anche lui, come quasi tutti i  ragazzi a quell'età, si iniziò ad interessare alle ragazze. Il problema non c'era fino a quando non mi disse il nome della ragazza a cui si era interessato: Madeline. Mia cugina Madeline. 
A me andava bene, del resto non mi interessavano le relazioni di mia cugina, e comunque non avrei potuto impedirgli di provarci. Mi faceva anche piacere il fatto che lui si confidasse con me. Nel corso dei mesi quella che era però una confidenza iniziò a diventare l'argomento centrale di tutte le nostre conversazioni.
Io, come una buona migliore amica, l'ho sempre ascoltato, senza mai cercare di fargli cambiare opinione su di lei.
Ma del resto c'è un limite a tutto.
E purtroppo il limite fu oltrepassato proprio quel pomeriggio.

«Ha degli occhi coooosì belli, non credi?»
«Mhmh.» Lanciai un sasso nel lago.
«Molti dicono che il suo profumo sia alla fragola, ma io credo che sia ai frutti di bosco. Tu che dici?» continuò lui mentre io speravo che qualcuno venisse a salvarmi da quella tortura.
«Forse alla ciliegia, non ricordo.» risposi, avvicinando le ginocchia al petto appoggiandoci il mento su.
Nathaniel mi guardò.
«Tutto ok?»
«Si, tutto ok. Solo... potremmo non parlare di Madeline per almeno cinque minuti?»
Continuò a fissarmi.
«Ho capito, non ti interessa.»
«Non ho detto questo.»
«No, ma tranquilla basta dirlo. Ora non ne parlerò più, scusa.»
«Nathaniel non ho detto che non mi interessa, ti ho solo chiesto di parlare di altro, è tutta l'estate che parliamo di mia cugina.»
«Si, forse hai ragione... »
«Grazie.» gli sorrisi.
« ... probabilmente sei solo gelosa. Ma, ehy, posso capirlo tranquilla.»
Il mio sorriso si spense e lo guardai sbigottita.
«Come?»
Non mi rispose, guardò il laghetto.
«Nathaniel, puoi ripetere?»
«Lascia stare Rosemary.»
Si alzò e io feci lo stesso.
«Anche tu...? Anche tu mi paragoni a lei ora?» mi mancò il respiro.
«Non l'ho mai fatto.»
«Però l'hai detto, Nathaniel.»
Si girò di scatto verso di me.
«E forse ho ragione! Forse dovresti prendere esempio da lei!» abbassò lo sguardo sulle mie scarpe.
«Vaffanculo.»
«Cresci Rosemary.»
Recuperai la mia bicicletta dietro di noi, ci montai su e pedalai via.
Lottavo con tutte le mie forze affinché le lacrime non uscissero.
Non riuscivo a togliermi dalla mente il suo sguardo, le sue parole.
Me ne avevano già dette tante ed ero abituata ai giudizi degli altri, ai paragoni e ai finti consigli a sfondo critico. Ma non da lui.
Non da lui che mi conosceva.
Non da lui con cui ero cresciuta.
Non da lui, che tra me e Madeleine non aveva mai scelto.
E no, non ero gelosa ma solo stanca di essere usata come ponte per arrivare a mia cugina.
Essere usata come messaggero.
Stanca di essere ritenuta dagli altri ciò che non ero e non sarei mai stata: l'ombra di Madeline.
E ora anche la persona che mi conosceva solo per Rosemary stava imparando a guardarmi come il mio odioso alterego.

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