Prologo - Nuova vita

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"Impulsività
/im·pul·si·vi·tà/
sostantivo femminile

Riferito a persona, che ha tendenza ad agire d'impulso, in modo precipitoso."




«Stai attenta a dove metti i piedi!»

Un signore mi spintona non appena varco la soglia dell'aeroporto ed esco in strada.
Sono ancora così frastornata dal viaggio che non mi rendo conto che una leggera pioggerella sta iniziando a cadere dal cielo plumbeo e carico di torbide nuvole tetre.
Il jet-lag mi colpisce in pieno viso con la stessa velocità di un treno in corsa.

E nonostante la stanchezza, sorrido.
Sorrido con le labbra, gli occhi e il cuore.

Londra mi accoglie in tutta la sua malinconica bellezza quando il taxi mi scarica davanti a quella che dovrò chiamare casa, a partire da oggi, nel minor tempo possibile.
Recupero le mie valigie e stando attenta a non scivolare sul marmo bagnato della portineria varco la soglia completamente inzuppata di pioggia.
È sera inoltrata, il buio avvolge completamente la città, malgrado non si addormenti mai.

L'androne è un ampio open space costellato di tavolini e sedie, alternate a piccole poltrone.
L'arredamento è abbastanza datato, ma non per questo meno funzionale. Qualche pianta decorativa troneggia qua e là, insieme ai punti luce che rendono calda e accogliente l'atmosfera.

«Buonasera» saluto il signore di mezz'età che mi accoglie. Una divisa elegante lo avvolge, è nera e blu. Svetta oltre al bancone in legno antico con un paio di occhiali sul ponte del naso.

Sul cartellino di riconoscimento il nome John.
«Come posso aiutarla?»

«Sono la nuova inquilina, Cassie Howard.»

La palazzina è immensa, conta quaranta piani e si affaccia su Hyde Park, nel Paddington.
Io ho affittato l'appartamento numero 567, al trentottesimo strato di questa torta composta da cemento e vetro e fa angolo nel grattacielo.
La vista dovrebbe essere gratificante, oltre che stupenda.

Un brivido di freddo mi corre lungo la schiena tuffandosi nella nuca, stringo ancora il manico della mia valigia tra le dita.
Ho il cuore in tempesta, ma lui sorride senza far caso al mio nervosismo, porgendomi un mazzo di chiavi.

«Benvenuta, signorina.»

*

L'ascensore si apre e un ampio pianerottolo mi accoglie.
Sono quattro le porte d'ingresso, ma il numero 567 svetta placcato color argento a sinistra.

Sono sfinita. Cerco le mie chiavi in tasca e infilo nel nottolino una del mazzo: è quella sbagliata.
Ce ne sono svariate attaccate all'occhiello e sono sicura che una apra questa maledetta porta.
Anzi, non potrebbe essere diversamente, rifletto e provo ad inserirne un'altra: la serratura scatta e con due mandate riesco ad aprire l'uscio.
Tutto tace. L'appartamento è buio e silenzioso. Il salotto che mi accoglie è illuminato soltanto dalle artificiali insegne al neon dei palazzi adiacenti.
Cerco a tentoni un interruttore e nel momento in cui lo trovo, lo premo. Si accende una lampada e una diffusa luce calda abbraccia tutto l'ambiente.

Dal sito online con cui ho interagito per tutte le pratiche burocratiche non avevo mai notato la bellezza di questo appartamento.
Sarà stata la fretta a non farmi soffermare di più sui dettagli.
Fretta dettata dal fatto che dovevo scappare da Miami il prima possibile, subito dopo essermi laureata in Legge a pieni voti.
I miei genitori, entrambi avvocati esigenti, volevano che andassi a lavorare nel loro studio legale subito dopo il praticantato, ma le mie idee erano, e sono, sono ben diverse dalle loro.

Until tomorrow Where stories live. Discover now