Mi tappai le orecchie. «La la la! Non ti sento!»

«Presto la malvagia e complessa matematica verrà da te! Uuuuu!» imitò il verso di un fantasma, muovendo le braccia per scuotermi. «E ti mangerà il cervello! Sarai schiava della matemaaatica»

«No! Pietà!» finsi di morire e caddi con la testa sul libro, ancora, e la linguetta fuori.

Sebastian applaudì lentamente. «Ottima performance, hai un futuro da attrice... a Bollywood»

«Lo dici come se fosse una cosa brutta»

«Ma è brutta. I film di Bollywood sono pietosi»

«Questo lo dici tu!»

Il ragazzo si mise una mano in fronte. «Un giorno te ne farò vedere uno. Così mi darai ragione, com'è giusto che sia»

Abbozzai un sorrisetto. «Quindi questo vuol dire che ci vedremo ancora?»

Le sue guance si tinsero leggermente di rosso. «Ovviamente, fai schifo in matematica e io non sopporterei l'idea che tu andassi male. Si spargerebbe la voce che io sia stato un pessimo insegnante e non posso permetterlo»

Mi sporsi verso di lui, appoggiando i gomiti sul tavolo. «Quindi lo fai solo per mantenere la tua reputazione di genio indiscusso»

«Sì, qualche problema?»

Scossi la testa cercando di sopprimere una risatina. «No no, assolutamente» Era divertente sentire le sue pessime bugie, quasi quanto vedere un corto di Aldo, Giovanni e Giacomo. Avevo scoperto i loro video un mese prima grazie a Kitsune che, per il solo fatto che non li conoscessi come non conoscevo la maggior parte dei contenuti multimediali di YouTube e degli altri social, mi aveva affibbiato il titolo di "boomer". Quanto odiavo essere chiamata così.

Il mio telefono iniziò a vibrare. Lo afferrai e risposi senza neanche guardare chi fosse, ero troppo stanca.
«Ciao Giulia» era mio padre. «Io e la mamma siamo stati invitati da degli amici a stare a casa loro. Torneremo tardi. Quando torni a casa scaldati la lasagna che abbiamo lasciato per te in frigo»

«Va bene» risposi con voce stanca.

«Ci vediamo dopo. Divertiti, pulcina» Esitò un attimo, poi riprese a parlare. «E ringrazia il tuo amico. Digli che se vorrà potrà venire da noi quando vuole»

«Lo farò» Aveva detto amico con un tono un po' strano, cosa pensavano i miei genitori di Sebastian?

«Va bene. Ciao, pulcina» Chiuse la chiamata.

Sebastian mi rivolse un'occhiata divertita. «Pulcina?»

Mi strinsi nelle spalle inspirando forte, mentre sbadigliavo e mi stiracchiavo sgraziatamente. «Sì, mio padre mi chiama così. Lo trovo carino»

Roteò gli occhi. «Vomitevole»

Gli tirai un pugno. «Non è vero!» Chiusi il libro di matematica e lo infilai nello zaino insieme all'astuccio. «Non ho più voglia di torturarmi mentalmente con questa stupida matematica»

«Chiamala stupida quanto vuoi, ma la matematica è la lingua dell'universo»

Sbuffai. «Se fosse stata una lingua universale l'avrei saputa parlare, non credi?»

Sebastian si zittì improvvisamente, iniziando a cercare un modo per ribattere alla mia affermazione. Ma era troppo stanco per trovarlo.

«I miei genitori sono fuori tutta la sera» dissi.

«Ho sentito. Il mio autista è impegnato ora ad accompagnare mio zio a una cena tra amministratori delegati. Quindi suppongo che tu dovrai restare qui ancora per un po'» si alzò dal tavolo e mi fece cenno di seguirlo. Non sembrava infastidito dalla mia presenza, o se lo era lo nascondeva bene. «Il modo migliore per far passare il tempo velocemente è vedersi un film. Seguimi, in camera mia, come avrai visto, ho uno dei migliori televisori in circolazione»

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