Il Contratto

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Ah, Milano, quanto sei triste. Lo penso mentre cammino con le mani in tasca, attenta a non toccare i bordi delle mattonelle del marciapiede. Mi osservo intorno, sento il collo intorpidito, oggi sono stata alzata per troppo tempo e continuare a camminare non mi aiuta per un cazzo. Va bene, riprendiamoci, dobbiamo tornare a casa, domani si torna in panificio, e forse l'unica cosa positiva è che si tratta di un forno, che in queste notti di inverno mi scalda.

Guardo il cellulare, Patrizia mi ha chiamata già cinque volte, come se non sapesse che torno da lavoro. Probabilmente non le importa, e questo non mi sorprenderebbe, ma come può continuare a trattarmi in questo modo, dopo tutto quello che ho passato con sua sorella?

Mia madre è morta quattro anni fa, io sto bene, suppongo di star bene. Ho scoperto che la vita va avanti e forse questa è la cosa peggiore, ma devo ogni giorno affrontare mia zia che mi tratta come una serva, è ridicolo, non farò ciò che vuole lei, non mi comporterò come vuole lei. Può strillare, arrabbiarsi, ma io non mi piegherò, quel letto lo pago, col sudore.

Sospiro, sollevando lo sguardo quando scorgo le strisce pedonali. Mi guardo intorno e, un po' sorpresa, mi accorgo che un'enorme Lamborghini si è dovuta fermare perché è appena scattato il verde, per i pedoni. Abbasso il volto, un po' intimorita per qualche ragione, e proseguo sulle strisce, cercando di camminare in fretta, così da liberargli la strada libera.

Sull'altro marciapiede ci sono due uomini, indossano due anonimi e imbottiti bomber neri

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Sull'altro marciapiede ci sono due uomini, indossano due anonimi e imbottiti bomber neri. Hanno entrambi gli occhiali neri, di sera, e questo in realtà non mi sembra abbastanza strano da cambiare la mia traiettoria, eppure, il modo in cui mi guardano, il modo in cui se ne stanno proprio lì, quando non devono neanche attraversare, un po' strano lo è.

Mi faccio forza, proseguo fin dall'altra parte, li evito velocemente. Eppure, il solo rumore dei tessuti dei loro indumenti che sfregano durante i movimenti, mi fa capire che questi due stanno cercando proprio me, vogliono me. Io non li conosco, chi sono questi qui? Che vogliono da me? Non è abbastanza incasinata la mia vita per sorbirmi anche un rapimento e un presumibile omicidio?

Il tipo più alto e piazzato dei due mi afferra per il polso e mi sembra che se solo lo volesse, potrebbe facilmente spezzarlo. Non sono neppure particolarmente esile, eppure la sua mano riesce a chiudersi quasi completamente sul mio braccio e questa cosa mi spaventa. Sollevo lo sguardo, francamente anche un po' incuriosita di questa strana situazione.

"Scusi?" Chiedo, mentre la voce mi trema ma avrei tanto voluto sembrare minacciosa.
"Sei la figlia di De Rosa, vero?"

Il solo sentire quel nome, per un secondo, mi lacera. No, io non sono sua figlia, né voglio avere niente a che fare con lui, perché questi brutti ceffi lo stanno cercando? E sarà ancora vivo? Abbasso le sopracciglia diffidente, calmandomi e riprendendo compostezza.

"Non conosco nessuno con quel nome." Mi tradisce, in realtà, un certo accento campano, ma rimango guardinga.
"Come no – mi dice allora l'altro, prendendosi una certa confidenza, mentre mi afferra il mento e lo solleva come per guardarmi meglio – tuo padre ci deve un sacco di soldi, lo sai, vero?"
Deglutisco, purtroppo ne sono ben consapevole, ma non credevo avesse a che fare con gente del genere. "Io soldi non ne ho."
"E allora abbiamo un problema, mi pare di capire." Dice, simulando un pessimo accento napoletano alla fine.
Storco le labbra, indispettita, non mi piace questa situazione e non mi piace lui, voglio solo andarmene a casa. "Sentite io soldi non ne ho, non posso darveli manco se lo volessi!"

La Mascotte! || MILAN - INTER || IN PAUSAWhere stories live. Discover now