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Quella giornata era stata così stressante.
La sera avevo chiesto scusa a Kubra e Nad per la mia reazione eccessiva, che non sembravano per niente arrabbiate con me, anzi.
Ora erano le 3 del mattino ed ero affacciata alla finestra sbarrata che dava sul mare, mentre fumavo una winston blu.
Buttai la sigaretta, sbuffando.
Andai poi in bagno, avevo bisogno di medicarmi di nuovo la mano dolente, a cui ancora era avvolto il pezzo di canottiera di Carmine di quella mattina.
In bagno, però, non c'era nulla di utile per curare la mia mano.

Mi avvicinai alla porta della cella, sfilandomi la forcina dai capelli.
Portai una mano tra le sbarre, così da arrivare alla serratura dall'esterno.
Forzai la porta, e dopo qualche minuto riuscii ad aprirla.
Feci un sospiro, sorpresa.
L'aprii lentamente, mentre m'infilavo la forcina in tasca.
Restai un attimo immobile, poi mi avvicinai all'armadio.
Presi i miei vestiti, mettendoli arrotolati sotto la mia coperta, così che se qualche guardia fosse andata a controllare non avrebbe avuto sospetti.
Uscii poi, chiudendomi la porta alle spalle.
Sorpassai il corridoio ed i bagni fino ad arrivare all'ala maschile, ringraziando mentalmente Edoardo per avermi insegnato a scassinare le serrature.
Controllai se ci fosse la guardia prima di passare per il corridoio, e quando vidi che avevo via libera iniziai a camminare per arrivarne alla fine, dove c'era l'infermeria.
«De Curtis, a'ro staij jenn?»
Sobbalzai, restando immobile per qualche secondo prima di capire di chi fosse la voce.
«In infermeria, piecuro.»
Sussurrai, girandomi verso di lui.
Lo vidi con le braccia appoggiate sulle sbarre, mentre penzolavano fuori la cella.
«Aprimi, vogl vnì cu' te.»
Sbuffai, avvicinandomi.
Sfilzai la forcina dalla tasca, aprendo anche la sua cella.
Ci fu un rumore di passi che spezzò il silenzio creatosi.
Ci guardammo negli occhi, con sguardi colmi d'adrenalina ed ansia.
Aprii di fretta la porta, che venne chiusa di nuovo da carmine subito dopo, mentre io mi nascondevo in bagno.
«Che stai facenn, Di Sa'?»
Disse Lino, mentre passava per le celle.
«Ti aspettavo.»
Sentii dire da Carmine.
«Vatt a cuccà, ja.»
Disse ancora, mentre se ne andava.
Carmine venne in bagno, mentre io ero seduta a terra con la schiena contro il muro, pensando alla stronzata che avevo combinato.
«Tu si capa tost.»
Disse, girandosi di spalle per prendere dell'ovatta, dell'acqua ossigenata e delle bende da uno scaffale sul lavandino.
Si mise poi accanto a me, prendendo la mia mano, ancora fasciata.
Sfilò delicatamente il pezzo di stoffa, mettendo in bella vista le ferite sulle mie nocche.
Bagnò con un po' d'acqua ossigenata l'ovatta, tamponando lentamente sulla mia mano.
Feci una piccola smorfia di dolore, inumidendomi le labbra.
Quando smise, iniziò a fasciarmi la mano.
«Ma dove sta il Chiattillo?»
Gli domandai, e lui alzò lo sguardo su di me.
«Ha il permesso.»
Disse, abbassando di nuovo lo sguardo sulla mano che stava fasciando.
Annuii, e quando ebbe finito mi alzai, uscendo dal piccolo bagno ed andandomi a sedere sul letto.
«Controlla se c'è qualcuno, voglio tornare in cella.»
Gli dissi, mentre usciva anche lui dal bagno. La sensazione di disagio a stare in una camera da sola con il mio nemico si faceva ovviamente sentire, e poi non avevo voglia di dare tante spiegazioni a Kubra.
Lui semplicemente annuì, e quando ebbe controllato mi alzai dal letto, avvicinandomi alla porta.
«Grazie.»
Dissi, uscendo dalla sua cella.
«A domani, tarantè.»
Potevo sentire il suo solito sorriso, anche se ero di spalle.
M'incamminai verso il corridoio, arrivando poi in silenzio nella mia cella.
Sorridevo anche mentre m'infilavo sotto le coperte.
Dio, che casino che c'era nella mia testa.


Nuovo capitolo, anche se in ritardo.
Spero vi stia piacendo, baci!
⭐️🍬

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