32. Zuccherini colorati

903 69 38
                                    

Percy aveva la testa in subbuglio, i pensieri un caos e quelle poche rotelle arrugginite che gli giravano nel cervello stavano per schizzargli via dal cranio.

Continuava a stringere Kia tra le braccia come se avesse paura che quel ragazzo gli potesse sparire da sotto al naso o avesse il terrore che potesse decidere nuovamente di far terminare la sua vita, buttandosi da un balcone.

Non devo piangere. Non devo piangere. Non devo piangere.

«Percy... Ehi, Percy? Credo che non mi stia circolando più il sangue...»

Percy, a malincuore, si separò da Kia. Gli osservò il viso, glielo scrutò, notando un livido sotto all'occhio, indubbiamente merito di Ashon, poi sospirò perché dalla mente l'immagine dolorosa di Kia in bilico sul muretto del balcone del Candle Library, pronto a buttarsi giù e a porre fine alla sua giovane vita, proprio non voleva andarsene.

Le guance gli si inumidirono.

«Ah! Prima o poi me li farò chiudere o asportare, questi condotti lacrimali!» esclamò, passandosi le dita sotto agli occhi, si ritrovò i polpastrelli neri, ricoperti di mascara sciolto. E meno male che doveva essere waterproof!

«Si può fare sul serio?» chiese Kia, curioso. Lui, essendo adolescente, doveva fare il forte, ma Percy sapeva riconoscerlo l'occhietto lucido da pianto a stento trattenuto.

Percy non le sapeva trattenere le lacrime. Non ci era mai riuscito, nemmeno da adolescente. Figuriamoci da bambino, quando piangeva per ogni animaletto morto, talvolta per colpa dell'istinto sadico di Lilian. Si sentiva sempre in colpa perché non era riuscito a salvare quella lucertola o quella cavalletta o quell'uccellino.

Non era Percy a necessitare di una cura perché troppo gay, ma sua sorella Lilian, la quale, in realtà, avrebbe dovuto chiamarsi Lilith.

«Non lo so, ora lo chiedo al mio ragazzo chirurgo. Dottorino...»

«Si può, Percy, ma tu non lo farai», lo anticipò Akihiro, il quale doveva averlo ascoltato mentre parlottava con Kia. «Almeno che tu non sia affetto da qualche infezione al sacco lacrimale - ma ne dubito - e quindi necessiti di una dacriocistectomia».

«Oh, e mannaggia! Non ho capito bene che lingua hai parlato, ma di certo sono destinato ad essere un frignone per sempre!» Fece un occhiolino a Kia per farlo ridacchiare, poi guardò Akihiro e ricevette da lui anche un sorriso affettuoso, uno di quei rari sorrisi del chirurgo che erano solo suoi.

In tal caso, Percy si riteneva essere un bastardo fortunato perché dopo tante delusioni nella sua vita caotica e troppo colorata, proprio per nascondere l'oscurità del suo passato, era giunto Akihiro Sasaki che, ironia della sorte, era anche un medico.

La medicina e i dottori, ahimè, erano una costante nella vita di Percy.

Akihiro... Akihiro... Percy non era stupido anche se spesso poteva sembrarlo, dato che gli veniva più facile interpretare la parte dello svitato che del serio, ma sapeva che il dottorino del suo corazon aveva a stento trattenuto la gelosia quando Percy aveva dialogato con Patrick poco prima.

Avrebbe giocato quella carta a suo vantaggio, più tardi.

«Allora, Kia... Come ti stai trovando, qui? Dimmi la verità, però, anche se devi insultare Isabella. Mi assumo la responsabilità di qualsiasi cosa tu dirai», si rivolse Percy all'adolescente, poi si sedette a gambe incrociate in mezzo al corridoio, così, perché gli andava ed incitò Kia a fare lo stesso.

«Percy, per quale motivo Kia dovrebbe insultarmi?» domandò Isabella, ma la sua non era una domanda posta con rabbia, la voce della direttrice di quella casa era sempre scherzosa è divertita. Tutti dovevano preoccuparsi sul serio quando si infervorava perché diventava una iena con tanto di occhi fiammeggianti.

Il Mal Riuscito Where stories live. Discover now