Aiden rise, trovando addirittura ridicolo che lo stessi sfidando.
Ogni tanto stava al mio gioco e alla fine tutto tornava come prima.

«Ti porterò a Londra», mi rispose falsamente.

Scoppiai in una fragorosa risata ed intanto mi sedetti all'estremità del letto.
Notai che Aiden non si era cambiato dalla sera precedente, ecco perché si liberò del chiodo di pelle.

Perché doveva spogliarsi sempre in determinate situazioni?

Ma almeno mi rincuorò averlo vicino.
Non sarebbe andato via.
E io non avevo dimenticato quanto ascoltato da Marisol.

«Non funziona così, io non ti credo più. Prima voglio la tua parola d'onore», misi in chiaro.

Ero più che certa che l'avrebbe mantenuta.
La cosa più ardua era pronunciare quelle parole, prima.

«Credi che farò un patto con te? Hai idea di quello che potrei farti?»
Aiden mi osservò per poi scuotere la testa.
Il petto gli vibrò lievemente a causa della risata spontanea.

«A me sta bene così, allora. Non ho più niente da dire».

«Cosa sai, Scarlett». Spazientito, ridusse ogni tipo di distanza.
Non volli sentire ragioni, no.

Me ne sarei stata zitta fino a quando non due non avremmo stretto un patto.

«Dammi la tua mano, voglio sentirti dire che mi porterai per davvero a Londra», sussurrai affinché nessuno potesse sentirmi da fuori.

«Sei sicura di voler fare un patto con me? Lo sai che avrò mille motivi per punirti una volta tornati a casa?» mi ricordò.

«Lo farai a prescindere, almeno avrò la soddisfazione di tornare nella mia città.» Gli feci presente, orgogliosamente soddisfatta.

«Non dovresti fare un patto con le cattive persone», mi accarezzò il polso fino a salire sulla scapola.

Ero seduta mentre lui mi sovrastava di parecchio.
Si abbassò alla mia altezza, io stavo in guardia ai suoi movimenti lenti e calcolati.
Non potevo sapere le sue intenzioni.

«Correrò il rischio». Mi morsi il labbro, in attesa che si decidesse una volta per tutte.
Avrebbe potuto minacciarmi a modo suo, mi sembrò alquanto strano che non stesse facendo niente per farmi sputare il rospo alle sue maniere.

Aiden aveva già qualcosa in serbo per me, soltanto che non era il momento adatto.
Più in là me lo avrebbe sbattuto in faccia.

Lo osservai furtivamente, aspettando impazientemente che si decidesse a rispondermi.

Inaspettatamente, la sua grande mano si alzò all'altezza del mio viso.
Era chiaro che volesse accettare la mia richiesta.
La calura che trovai non appena il mio palmo si scontrò con il suo, mi destabilizzò poiché mi emanò una certa vibrazione all'intero braccio.

«Ti do la mia parola», mormorò roco, senza però allentare la presa.
Si sporse silenziosamente ed intanto ritornò ad incombere sul mio corpo.

Adesso toccava a me fare la seconda mossa.

«In verità Marisol non mi ha detto niente. Stavo scendendo al piano inferiore e mi sono fermata ad origliare dietro la porta della sua camera. Le ho sentito dire che desiderava vedere il figlio... L'interlocutore si chiama Oscar. O almeno credo», confessai a fatica, sentendomi pressare dalla troppa vicinanza.

Credevo addirittura volesse baciarmi.
Non lo fece.
Ce l'aveva ancora con me per la discussione della sera precedente.

«E poi?» mi incalzò, facendomi percepire tutta la sua presenza.

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