I numerosi vestisti parevano esplodere, tanto che un paio di quest'ultimi assunsero l'aria di stracci per lavare i pavimenti.
Di certo, l'ordine non faceva al caso mio.
Rovistai all'interno, alla ricerca di un vestito in particolare e, quando lo trovai, tirai con agilità, stando attenta a non rovesciarne altri.
Dal cassetto presi un paio di mutandine, scartando immediatamente il reggiseno fastidioso.
Potevo benissimo farne a meno visti i miei seni non tanto abbondanti.
Stavo per soffocare nel notare la tarda ora.
Di sicuro al piano inferiore stavano pranzando ed io me ne stavo chiusa in camera con le movenze di una lumaca.
Mi vestii velocemente e dopo arrivai dritta in bagno.
Legai i capelli al meglio, formando uno chignon che camuffasse la mia orribile capigliatura.
Lavai il viso e i denti, poi, spalmai sulla faccia quintali di fondotinta.
Una piccola quantità di mascara sulle ciglia ed infine, applicai un lucidalabbra color pesca sulle labbra.
Mi guardai un'ultima volta allo specchio prima di mettere le scarpe e chiudermi la porta alle spalle.
Lungo il corridoio si udivano delle voci indistinte.
Ovviamente non potevo filarmela e fare finta che non avessi appena udito nulla.
Mi presi del tempo, riducendo la distanza fra un passo e l'altro come a voler simulare una camminata lenta.
«Ti prego, Oscar, lasciami vedere mio figlio».
Una specie di supplica trapassò la porta al mio fianco.
Quella era decisamente la voce di Marisol, e dal tono tormentato capii che stesse soffrendo tanto.
Mi sbalordii sapere che avesse un figlio.
Perché pregare qualcuno che non fosse il padre del bambino?
Mi accertai che non ci fosse nessuno nei paraggi per continuare ad ascoltare.
La ragazza faceva avanti e indietro.
Ne udivo i passi frenetici al di là.
«Ti ho detto che mi serve più tempo, cercherò di farmela amica e poi ti dirò di più».
Continuò a parlare.
Il non riuscire a capire a chi si riferisse Marisol mi inquietò.
All'apparenza pareva una brava ragazza - un po' particolare - ma una tipa apposto.
«Scarlett, il suo nome è Scarlett. Adesso devo andare. Mantieni la tua promessa». Terminò, urlando leggermente dopo aver riattaccato.
Tutto ciò lo immaginai in base a quello che riuscii a sentire.
Deglutii appena il mio nome balzò da una parete all'altra.
Corsi lesta giù per le scale.
Ogni volta la mia unica ancora era esclusivamente Aiden.
Strano dato che la notte precedentemente mi aveva etichettata una mezza prostituta per un insignificante tatuaggio.
Ma nonostante ciò, non smettevo mai di volerlo vicino quando la paura si arrampicava ferocemente sul mio corpo fino ad insinuarsi nel cervello.
Seguitai con molta agitazione.
La villa era immensa ed io non ne conoscevo ancora gli spazi.
Camerieri, uomini della sicurezza...
Incontravo tutti tranne lui.
Fortunatamente fui in grado di trovare il salone.
Era lì che Aiden se ne stava seduto in compagnia di Ivan.
Entrambi bevevano liquore e nessuno dei due si accorse di me.
In parte mi tranquillizzai.
Averlo a pochi metri di distanza mi rincuorò.
Fu Ivan a distogliere per primo lo sguardo, solo perché gesticolava qualcosa che a me risultò incomprensibile.
Dopo, Aiden assottigliò gli occhi con sospetto.
Era l'unica cosa che amavo di lui.
Capiva all'istante il mio stato d'animo.
Gli bastava una mezza occhiata per scavarmi dentro, scorgendo che qualcosa mi tormentasse.
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Reflection Three
ChickLit3 Volume 🔞 Il libro presenta scene violente, sensibili e parti erotiche.
