Avanzai cauta, ignorando le tracce di acqua che il mio corpo lasciava dappertutto. «Ora ho bisogno di dormire per qualche ora, ma posso essere la tua puttana personale dopo, se vuoi.» Lo sorpassai, non facendo caso al suo sguardo infuocato.
Se fosse stato un altro uomo mi sarei sentita usata ma con lui, niente di tutto ciò accadeva.
Era sbagliato, ma non prevedibile. Più che altro era contorto.
Come lo era lui.
Come lo ero io.
A quanto pare i metodi giusti non facevano per il nostro tipo di rapporto.
Era un'enorme cazzata pensare di sconfiggere il male, mettendo in atto il bene. Bisognava smettere di illudersi e lasciare da parte i sentimenti. Per lui non c'era più niente da fare, mai nessuno avrebbe cambiato la sua natura.
E, purtroppo, neanche io.
Mi aveva definita una poco di buono, e così mi sarei comportata.
Mi gettai a peso morto sul letto, divaricando le gambe quanto più possibile, in modo da occupare anche il lato del secondo ospite.
Fu sublime la sensazione di riposo, di benessere che solo quel materasso fu un grado di donarmi.
***
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Sbadigliai rumorosamente prima di staccare del tutto le palpebre.
Mi stropicciai gli occhi, al tatto risultarono terribilmente gonfi.
Detestavo l'effetto dopo-sbronza. Allungai il braccio verso sinistra, scoprendomi piacevolmente sola.
Aiden non era rimasto in camera. Mi riaffiorò la discussione avuta in bagno, gli avevo detto di avere bisogno di riposare. Mi aveva concesso del tempo per riprendermi.
Sperai che ciò non avesse un secondo fine. Da lui mi aspettavo qualunque cosa.
«Ma che cazzo», borbottai, rivelandomi interamente nuda. Ero andata a dormire con le mutandine, ma sul mio corpo non c'era traccia di quest'ultime.
Mi ricordai anche del terribile freddo che percepivo. Ora, invece, il caldo torrido prese d'assalto l'intera stanza.
Sollevai gli occhi verso la pompa di calore in funzione. Probabilmente era stato Aiden ad accenderla visto che il mio buonsenso mi suggerì di dormire gremita d'acqua.
Nel frattempo mi lisciai i capelli divenuti secchi e crespi. Feci una smorfia, gattonando sul letto fino ad arrivare dinanzi lo specchio.
«Oh», mi lamentai, inorridita dal mio brutto aspetto. Non mi sbagliavo sulle orrende occhiaie. Scesi a fissarmi il ventre piatto, la vita troppo stretta e le cosce snelle.
Quello era il segno che non mangiassi bene, almeno non con costanza. La mia valigia giaceva sul pavimento, abbandonata in un angolo e completamente spalancata.