2. SUPERSTITI

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Nés rimase davanti alla lapide di Harding per un po’, non riusciva a ricordare quanto, i fiori
erano freschi, li aveva portati lui ne era certo ma non ricordava quando.
Il concetto di tempo
non gli era più familiare ed il ticchettio degli orologi gli faceva venire il mal di testa, a scuola
temeva gli sarebbe venuto un attacco di panico per colpa di tutti i rumori che lo perseguitavano.

Lesse di nuovo il nome di Harding inciso sulla pietra e quasi ringhiò la data di morte, era in lacrime. Quando si lasciò il cimitero alle
spalle si rese conto che Adam era andato via.
Non si arrabbiò con lui, vide la desolazione della strada che aveva davanti come la
solitudine che Adam aveva nel cuore che gli impediva persino di restare davanti al cimitero dove era seppellito Dean.
Non sapeva quanto tempo fossero stati assieme ma era inquantificabile, nemmeno così importante dopotutto perché Adam doveva vedersela da solo, doveva vivere portandosi la sua assenza per tutta la vita e reprimere l'istinto di voltarsi credendo che Dean fosse al suo fianco.

Sospirò, il vento soffiava e Nés rabbrividì, si incamminò verso
casa di un ragazzo che conosceva che da due mesi a quella parte si era circondato di gente
a casa perché non riusciva a stare solo, Malcolm si chiamava.
Era un ragazzo nero, a volte Nés gli diceva scherzando che erano "amici" perché nessuno dei due era bianco e potevano condividere molte esperienze che i coetanei caucasici non potevano capire.
Il più delle volte si divertivano a prendere in giro i ragazzi bianchi della loro età.

Era una sorta di rivincita infantile che non sarebbe mai servita a nulla.

Mentre i piedi lo conducevano a casa di Malcolm, la mente vagava lontano, cercò di raggiungere
Harding col pensiero, cercò di immaginare cosa stesse facendo. Ricordò quando gli aveva
confessato di voler scrivere poesie e di imprigionare per sempre, coloro che amava e che
l’avevano ferito, sulla carta e di renderli immortali. Si chiese se anche lui era diventato
immortale. “Noi siamo i Re Nés, i Narcisi che non si piegano al vento, hai capito?” Come poteva desiderare l’immortalità se la persona con cui voleva esistere non c’era?

“Nés?”
Il corvino sollevò il capo di scatto, Malcolm lo guardava preoccupato, altri due ragazzi della sua
età aspettavano che parlasse, “hey,” Malcolm sospirò, i tre erano nel garage della casa di
Malcolm, lui dietro la batteria, uno dei ragazzi stava strimpellando al Basso, gli pareva di ricordare che si chiamasse Brad e l’altro
trangugiava birra da una lattina, non sapeva il suo nome.

Nés si avvicinò, “dov’eri? Oggi sei scomparso”. Chiese Mal e
Nés non aveva intenzione di dirgli la verità “mal di stomaco, sono tornato a casa prima,” Mal annuì anche se non gli credette veramente. Quello con la lattina emise un rutto, Mal lo
guardò in cagnesco “fai schifo”.
“Ma smettila”.
Nés era curioso, non vedeva spesso quel tipo e in giro c'era voce che fosse un poco di buono ma a vederlo così, con le occhiaie, l'aria sfatta e le braccia secche come grissini sembrava un ramo pronto a spezzarsi con il minimo soffio di vento “tu non suoni?” Lo sconosciuto quasi parve arrabbiarsi sentendo quella
domanda, “la sparatoria mi ha fottuto il cervello. Non ci riesco più”. Mal colpì il piatto con
forza per zittirlo, lui lo ignorò sembrava abituato a quel tipo di atteggiamento, voltò a guardare Nés “a Mal non piace che ne parli in questo modo ma è il mio problema perciò ne parlo come mi pare. Ero in
corridoio quando ho sentito gli spari e mi sono nascosto nel bagno e sono rimasto lì.” disse con tono trascinato.
Nés schiuse la labbra,“quale bagno…?” Parlò lentamente quasi con timore di farsi sentire.
“Quello di fronte alla mensa” Nés si ammutolì, quegli occhi vitrei lo fissarono per qualche
istante poi il ragazzo tornò a bere la sua birra. Quello al Basso si mise a strimpellare “il tuo
rientro com'è andato?" Malcolm era sinceramente interessato all'argomento, Nés si costrinse a rispondere “meglio di come mi aspettassi” omise il fatto che s’era pisciato addosso per colpa dei rumori, nessuno aveva bisogno di saperlo.
Il ragazzo con la birra annuì “io ho dato un pugno ad uno degli amici di Donovan, il giorno in
cui sono tornato.”
“Sono sorpreso avesse degli amici, J.”

Quindi era quello il suo nome, J. Annuì “psicopatici come lui, il tizio che ho pestato sorrideva mentre gli
colava il sangue dalla bocca. Razza di pazzi,” Malcolm guardò J dispiaciuto “e se fossero vittime anche loro? Magari non lo sapevano.”
“Mal guarda come ti rompo il piatto in testa se non la smetti di dire stronzate.” Malcolm gli
lanciò un’occhiataccia, Nés strinse i pugni, “sto solo cercando di capire, tutto qua”.
Nés era in procinto di piangere e senza rendersene conto stava già parlando.
“Cosa c’è da capire? Un ragazzo bianco ha fatto fuoco in sala mensa e ha ammazzato un
sacco di gente e chissà per quale scherzo del destino noi siamo ancora vivi. Ma dopo quello
che è successo siamo vivi a malapena, io sono qui a malapena, questo devi capire Mal, nient’altro”. Quando finì di parlare si rese conto di avere la gola secca ed il fiatone.

Malcolm era scuro in volto.
“Lo so che hai perso Harding…”
“Non dire il suo nome, non ne hai alcun diritto”. Non aveva semplicemente perso Harding,
aveva perso la vita. Dopo quel giorno lui esisteva a malapena. Aveva smesso di essere un normale
ragazzo messicano, era una carcassa. Una vita distrutta, ecco cos’era.
“Nés mi dispiace”. Si scusò
Malcolm, le lacrime rigarono il volto di entrambi, “vorrei vedere le cose come le vedi tu, ma ho visto Harding morire davanti a me perciò non cercare di proteggere gli amici di Donovan, o giuro che ti spacco la faccia”.
Nés uscì dal garage senza dire una parola, gli occhi del trio lo seguirono come ombre.
Doveva tornare a casa, l’aria aperta iniziava a soffocarlo ed i suoni stavano diventando più
aggressivi.

Non aveva intenzione di dare a Malcolm il beneficio del dubbio, ma Mal era uno intelligente che cerca di non trarre subito conclusioni senza prima avere il quadro completo. Ma in quelle circostanze o era tutto bianco o tutto nero, non poteva anche minimamente pensare che gli amici di Donovan fossero innocenti. Dovevano essere al corrente di ciò che il loro amico aveva intenzione di fare.
E non avevano detto o fatto niente.
Non avevano di certo impugnato il fucile, ma erano colpevoli quanto Quentin.

Forse ciò che l'aveva ferito di più era il fatto che sia lui che Malcolm condividevano le differenze di classe e anche il razzismo perpetrato sistematicamente ai loro danni dalla società, e che nonostante ciò Mal cercava di non condannare tutti, era buono dentro.
Nés aveva smesso di esserlo.

Mentre tornava a casa si ritrovò a dover socchiudere gli occhi per via della luce aranciata del tramonto, il piacevole calore lo guidò fino alla strada principale dove risiedeva la sua abitazione.

C'era un ricordo piacevole di Harding che lo seguiva ovunque, gli piaceva stendersi ed
osservare ciò che dall’alto lo proteggeva, si sdraiava nei campi di fiori e chiudeva gli occhi,
tornava in luoghi dove non era mai stato. “Nés andiamo stenditi! Ti assicuro che è la cosa
più bella al mondo!” Esclamò una volta, sorrideva, stava bene. La realtà non poteva toccarli.
Si tratta di ricordi vividi, in pellicola colorata col calore del tramonto, dorata. Harding ora
poteva andare dove voleva, stendersi e sognare in ogni campo fiorito esistente.
Nés esisteva a malapena.

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⏰ Last updated: Dec 07, 2022 ⏰

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𝐈'𝐋𝐋 𝐁𝐄 𝐆𝐄𝐓𝐓𝐈𝐍𝐆 𝐎𝐕𝐄𝐑 𝐘𝐎𝐔 𝐌𝐘 𝐖𝐇𝐎𝐋𝐄 𝐋𝐈𝐅𝐄Where stories live. Discover now