Alle fronde dei salici

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«Scheisse!» imprecò un uomo e imbracciò l'arma, sparando due colpi di avvertimento. Urlava senza sosta e indicava con il dito ai suoi uomini strade da intraprendere sia a destra, che a sinistra.

Un altro uomo, con più medaglie cucite alla divisa, si avvicinò a lui e gli chiese qualcosa. Marco non capiva una parola di quello che si stessero dicendo, ma non prometteva nulla di buono. Vide l'altro annuire.

Sentiva il sole del mezzogiorno picchiargli sulla testa, sulle braccia, sulle gambe. Marco si asciugò il sudore dalla bocca.

«Macco.» lo chiamò Giuseppe con un sussurro. Era nascosto tra due bidoni poco distanti da dove si trovava lui. Alcuni riccioli erano rimasti incollati alla sua fronte sudata e sporca. Gli fece cenno di seguirlo. «Veloce Macco, vieni!»

Marco tentennò. Se fosse uscito ora dal suo nascondiglio, lo avrebbero visto. Scosse la testa.

«Marco, muoviti!»

«Giuse quelli mi sparano!» provò a farlo ragionare, ma Giuseppe non volle sentire ragioni.

«Adesso non ci stanno guardando.» si portò più allo scoperto; la fuliggine di terra che si era sollevata in seguito ai primi spari gli era finita anche tra i capelli.

Marco trattenne il respiro. «Stai fermo lì dove sei.» Deglutì a vuoto. «Vuoi forse farti ammazzare?»

Ma Giuse continuò imperterrito ad avanzare. Era riuscito a scavalcare l'autovettura di un tedesco e a nascondersi tra le due ruote posteriori.

Marco era sul punto di disperarsi.

«Adesso.» sussurrò Giuseppe, gesticolando con le mani.

Si udì un altro grido. O forse era un'altra imprecazione? I tedeschi avevano cominciato a controllare lì vicino. Marco si appiattì al muro.

«Giuse, vattene, ti prego.» sibilò a denti stretti. Dentro di sé iniziò a pregare che non andassero a vedere dietro la pila di casse vuote della frutta.

Giuseppe lo ignorò. «Non me ne vado senza di te.»

Marco lo guardò. Era troppo visibile.

«Me l'hai promesso ricordi?» Giuse tirò fuori un paio di gemelli. «Per cui muovi il culo e sbrigati a venire qui prima che quei bastardi trovino anche noi!»

Marco non fece in tempo a dire nulla perché alle spalle di Giuseppe era appena spuntato un tedesco.

Merda.

In un attimo gli fu addosso. Sebbene quel soldato fosse molto più forte rispetto a lui, Marco riuscì a colpirlo abbastanza forte da fargli sanguinare il naso.

«Giuse, maledizione, vattene!» gridò. Il giovane tedesco tirò un urlo. Sarebbero arrivati in un attimo.

Giuseppe ruppe una delle casse e brandì l'asse di legno con entrambe le mani. Lo colpì alla testa e quello cadde come un sacco di patate accanto a loro. Aveva perso i sensi.

Marco si sentì strattonare verso sinistra. Giurò di aver visto gli occhi di quell'uomo incollarsi ai suoi e seguirlo fino all'angolo.

«Gli altri ci aspettano più avanti.» la voce di Giuse tremava. Percorsero quella via correndo, ma la fine sembrava non arrivare mai. La paura che i soldati tedeschi li trovassero prima che riuscissero ad arrivare al rifugio li stava torturando vivi.

«Non guardarti indietro.» disse Marco. Tutte le finestre delle abitazioni avevano le serrande abbassate.

Svoltarono prima a destra, poi a sinistra e, infine, di nuovo a destra. Sembrava quasi che stessero giocando a guardie e ladri, peccato che le "guardie" erano munite di fucili d'assalto, mentre loro a malapena avevano un coltello.

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