Capitolo quattordici

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Furono i raggi dell'alba a risvegliarci dal nostro sonno. Xiao aprì gli occhi e subito si mise in piedi, già sveglio ed attivo come un soldatino al suono della tromba mattutina. Io, al contrario, stordito e ancora stanco, indolenzito dalla notte, rimasi fermo dov'ero a costringere i miei occhi a non chiudersi di nuovo.
Sbadigliai, mi stiracchiai un po', stendendo le braccia fino a farmi scrocchiare la schiena.
Lo yaksha intato aprì la porta del tempio, lasciando l'aria fresca e l'odore della pioggia ormai passata entrare nella stanza.
<<Buongiorno>> mi disse, guardandomi appena, nascosto dietro un velo di imbarazzo papabilissimo.
<<'Giorno>> risposi con un sorrisetto che non seppi e non volli comunque neanche provare a nascondere.
Fu per entrambi una notte tremenda, scomoda e che non avrei mai voluto ripetere in tutta la mia vita, ma io ero stato con Xiao. Abbracciato a Xiao, per giunta; ciò bastò a renderle le ore notturne migliori della mia esistenza fino ad allora.

Si inginocchiò davanti all'altare del suo antico compagno defunto, accese dell'incenso e si occupò velocemente di rimettere a posto la stanza, restituendo in fretta al luogo un aspetto rigoroso ed ordinato. Lo vidi molto silenzioso, ma teneva le labbra contratte; voleva dire qualcosa, ma o non voleva davvero o non riusciva a pronunciarla.
<<Grazie per avermi portato qua, ieri>> gli dissi, sperando di distrarlo, di metterlo più a suo agio. <<Molto meglio che sotto la pioggia>> Sicuramente dormire con qualcuno in quel modo doveva essere stato strano per lui, ed ancor più doveva esserlo stato considerando che quel qualcuno, fra tutti gli esseri viventi di Teyvat, ero stato proprio io; questo fu ciò che credetti stesse pensando al momento.
Non che io, solitario com'ero, fossi tanto più abituato di lui a vivere con altre persone a così stretto contatto, ma presi quell'esperienza come un piccolo sogno che si era realizzato. Improvvisamente, sentii Xiao essere sempre più vicino a me.
O forse me ne illusi, ma, col senno di poi, e ormai, diciamolo, innamorato com'ero, non potei che intenderla così.

<<Sono stato bene>> aggiunsi, di colpo, a bruciapelo.
Il ragazzo nemmeno arrossì: avvampò all'istante, ed ebbi l'impressione di intravedere anche l'accenno di un sorriso sulle sue labbra sottili. <<Bene>> mormorò. <<Ne sono... felice, allora>>
<<Tu?>> chiesi, riferendomi implicitamente al momento dell'incubo, della conversazione avuta dopo, dell'abbraccio durato ore rotto un paio di minuti prima.
<<Molto meglio,>> rispose, <<grazie ancora>>
<<Ma no, grazie a te>> ribattei. "Grazie per avermi concesso una simile occasione. Chissà quanta gente sogna di poter passare una notte con te fra le braccia; e quanti, vivi o morti che siano, potevano dire di averlo fatto? Non me lo meritavo, grazie mille" aggiunse la mia voce all'interno della mia testa, ma furono parole destinate a morire nel silenzio del mio pensiero.
Quando fummo pronti, rivolta una preghiera a Parvases, abbandonnamo il tempietto per tornare sulla strada principale.

<<Ti accompagno fino alla strada principale, così non rischi di perderti fra le montagne... e poi ti ho trascinato molto indietro rispetto a dov'eri, non è giusto>> decise, senza chiedere se mi andasse bene. Andava benissimo, naturalmente, ma temetti che ciò potesse togliere troppo tempo a cose più importanti.
<<Se hai qualcosa da fare assolutamente no>> protestai. <<Spiegami la strada e andrò senza problemi>>
Xiao scosse la testa. <<Non ho mai impegni fissi, vago un po' e trovo esseri corrotti sul momento>> rispose. <<E poi...>>
La frase seguente morì prima di giungere alle corde vocali.
<<Poi?>>
<<Niente>> tagliò corto, spostando lo sguardo da tutt'altra parte.
Feci una smorfietta sospettosa, scherzosa; volevo provare a fargli dire quella cosa, qualunque questa fosse, ma l'avevo presa a gioco. Se me l'avesse detta bene; se no, ci saremmo fatti una risata.
<<Mi stai mentendo>> lo punzecchiai, rompipalle come un bimbo piccolo. <<Non me lo vuoi dire>>
<<Non è vero>> negò.
<<Allora dimmelo>>
Rimase zitto.
<<Visto? Avevo ragione>> decretai, superandolo di un paio di passi. Mi voltai per guardarlo, e gli feci la linguaccia.
Xiao arrossì lievemente. <<É che... ecco...>>
Gli misi una mano sulla spalla per bloccarlo, ma la tolsi subito per gesticolare meglio durante il discorso; <<Non me lo devi dire, se non vuoi>> lo tranquillizzai. <<Non ne farò il dramma della mia vita... puoi farlo ora, più tardi, dopodomani o anche mai, per m-...>>
<<Non mi dispiace passare il tempo insieme a te>> mi interruppe di botto, rivelando il mistero che mi era stato celato. <<Per questo vorrei accompagnarti, ecco>>

Beh, che dire..? Per cinque secondi i miei polmoni si rifiutarono di respirare, impallidii per la sorpresa e trattenni a stento gli occhi dal divenire lucidi.
Il mio bel sorriso da cretino fece l'ennesima apparizione sul mio volto nel giro di meno di un giorno, e mi portai istintivamente una mano all'altezza del cuore; stava battendo più forte del solito. <<Potrei dire lo stesso>> ammisi, emozionato.
<<Che vuoi accompagnarmi?>>
<<No, ma... cioè, anche>> risposi, impappinandomi nel mio stesso discorso; pure la mia coscienza iniziò a balbettare, <<Se vuoi essere accompagnato in qualche posto ti porto da tutte le parti>>
<<Mi porti tu?>> chiese, ironico, in un'amichevole presa in giro.
<<Ovvio>> risposi, serissimo ma poco credibile, come stessi recitando in una commedia.
<<E come faresti? Sentiamo>>
<<Ma come vuoi>> garantii. <<A cavallo, in barca... pure in braccio>>
<<Se mi prendi in braccio dopo cinquanta metri sei morto a terra dalla stanchezza>> obiettò.
Misi il broncio. <<Non serve essere così cattivi quando si dice la verità>>
Xiao sorrise a mala pena per una frazione di secondo; doveva essere il suo modo di ridere ad una battuta o di dimostrare di essere di buon umore. <<Scusa>>

Alzai gli occhi al cielo, e dal cielo mi venne un'idea.
Un'idea molto stupida.
Un'idea talmente stupida che forse avrebbe potuto rovinare tutto quello che avevamo costruito fino ad allora.
Un'idea così stupida che se avesse fallito me ne sarei tornato a Inazuma a seppellirmi dalla vergogna sotto il mandorlo di casa.
Un'idea stupida a tal punto dal non poter essere ignorata.
<<Farò anche fatica a portarti in braccio...>> ammisi, sperando che qualche dio mi desse una mano per una volta nella mia esistenza.
Tesi la mia mano verso di lui, pregando l'afferrasse, <<...ma questa la puoi prendere, se vuoi. Non si stancherà come me>>

La mia mano rimase là, per aria, tremando un paio di istanti. Xiao ci puntò i suoi occhi gialli di sopra, nella massima indecisione e forse pure lievemente impanicato.
<<Davvero?>> mormorò. <<Sei sicuro?>>
Annuii, emozionato al punto da quasi non riuscire a parlare bene. <<Sì>>
<<Ma se poi...>> iniziò, ma io, stanco ed ormai sotto pressione ed a disagio, chiusi quella sua nuova frase sul nascere.
<<Se vuoi farlo,>> dissi, <<fallo e basta>>
Non se lo fece ripetere, e non mi fece più attendere. Aveva mille ansie addosso che riuscivo a sentire da lì, tanta paura e chissà che altro in testa; aveva pensato a tal punto da non sapere più che fare.
Quelle mie ultime parole, dirette, l'avevano smosso. Da qualche parte, in qualche modo, la più celata parte di sé prese il sopravvento su di lui e sulla sua rigidità per lasciare spazio, una volta ogni mille mai, ad un piccolo gesto spontaneo.
Allungò la sua mano verso la mia, sfiorandomi prima il palmo con la punta delle dita; le ritrasse all'istante, indeciso e spaventato, ma poi le allungò di nuovo per prendermi la mano. Mi strinse tutto il palmo ed il dorso fino a dove la sua mano arrivava, tremava appena, ma non si spostò.
Ricambiai la stretta il più dolcemente potessi fare; guardai Xiao negli occhi. Ci scambiammo un sorriso, un sospiro divertito e, qualche attimo dopo, riprendemmo insieme il nostro cammino.

Il Sapore Di Un SognoWhere stories live. Discover now