Capitolo undici

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Passarono un paio d'ore e forse qualche minuto in più; Xiao mi accompagnò per un lungo pezzo di tracciato, con mio stupore e quasi al limite della convinzione di star sognando, senza mai lasciarmi solo. Non pronunciò tante parole, o almeno non più di quante non fosse necessario dire, ma come ascoltatore egli non aveva eguali.
Gli raccontai del mio viaggio da Inazuma fino a lì, della tratta in barca, dello strano evento che mi aveva fatto conoscere Heizou e poi il suo ragazzo, Kazuha.
A sentire il nome del figlio di Beidou e Ningguang, a Xiao spuntò un sorrisetto appena accennato sulle labbra che svanì all'istante.
<<Lo conosco, ma dubito lui si ricordi di me>> mi rivelò.
<<Serio?>> domandai, incredulo.
Annuì. <<Anni fa, quando Kazuha ancora gattonava, Morax e Ningguang dovettero lavorare assieme per un periodo. Beidou era in mare, e non sapevano a chi lasciare il bambino>>
<<Non vorrai dirmi che..?>>
Annuì nuovamente. <<Sono stato la sua balia per un po'>>
Mi schiaffeggiai la fronte, immaginandomi la scena di un neonato tutto bianco in braccio a Xiao che, probabilmente, era più propenso a piangere e disperarsi dello stesso Kazuha.
<<Non riesco a immaginarti a badare a un bambino>> ammisi.
<<Credo che nessuno ci riesca, nemmeno io>> convenne. <<Ma me lo ordinò Morax: non potei rifiutare>>
<<Certo, immagino>> risposi, ora abbastanza intenerito dall'immagine mentale che andava creandosi nel mio subconscio. Impacciato, imbranato, tremendamente negato, quello dovette essere stato il momento più dolce e tenero dell'intera vita di Xiao. Peccato davvero che me lo fossi perso così.

In quel preciso istante, una goccia di pioggia cadde sul terreno di fronte a noi. Un'altra, subito dopo, sulla sua fronte; un'altra me la sentii sulla punta del naso. Assieme a quella avvertii cambiare l'aria, la temperatura, l'odore stesso della campagna attorno a noi. Stava arrivando un temporale e non ce ne eravamo accorti.
<<Piove?>> domandai l'ovvio, e la risposta fu data dalla scaricata d'acqua improvvisa che seguì.
Mi guardai velocemente attorno prima che la pioggia divenisse troppo forte, alla ricerca di un riparo. Non c'era niente di più utile di un paio di sporgenze rocciose ed un paio di alberi e, forse, le rovine di un tempio abbandonato poco più in là.
<<Non possiamo andare avanti>> mi disse. <<Fermiamoci>>
<<Sì, ma dove?>> domandai.
Rimase per un istante in silenzio. Guardò il cielo, convenne sul fatto che stava per mettersi a diluviare ed ottimizzò al massimo lo scorrere dei suoi pensieri; si diede un'occhiata intorno. Stavamo appena iniziando la strada del Guili, dal porto di Liyue a salire verso nord, e solo da poco c'eravamo lasciati la statua di Rex Lapis alle spalle.
Eravamo in mezzo al niente.

<<Soffri di nausea, per caso?>> mi chiese, d'un tratto, cogliendomi totalmente alla sprovvista.
Lo guardai con fare stranito, forse addirittura stordito, le sopracciglia corrucciate; <<Un po'>> risposi, cosicché lui potesse andare avanti e magari contestualizzare quella domanda strana. Ma, invece, Xiao non fece che confondermi di più.
Mi tese la mano. <<Mi dispiace, sarà breve. Andiamo, veloce>>
Le mie guance andarono in autocombustione. Sentii fuoco invisibile avvolgermi la faccia da sotto il mento alla zona T, passando per tutto lo spazio disponibile fino alle orecchie. <<Cosa?>> chiesi con un filo di voce, sprecata a cercare di mettere in ordine lo sciame di farfalle stanziatosi nel mio stomaco.

<<C'è un posto dove possiamo ripararci>> disse. <<Afferra la mia mano, ti ci porto>>
Afferrai la sua mano senza altre spiegazioni, e lo strinsi talmente forte da giungere a credere che se l'avessi lasciato la mia stessa vita sarebbe finita.
<<Chiudi gli occhi, non è piacevole>> concluse, quando un turbine di aria, vento e colori scomposti mi investì in piena faccia. Quando vidi di nuovo chiaro, pur con forme ed oggetti distinti che roteavano attorno a me, credetti di avere battuto la testa fortissimo contro un sasso o che un fulmine mi avesse colpito. Non eravamo più nello stesso luogo, non così lontani dalla pianura ma totalmente da un'altra parte. Non so come, eravamo saliti in mezzo alle montagne di Liyue, nelle zone più belle e assieme più dimenticate. Tolto qualche brigantello e viandante di passaggio, dovevamo essere gli unici esseri umani (o pseudo tali) nel giro di almeno un paio di centinaia di metri.
Pioveva molto più forte che nella pianura, ma non una sola goccia d'acqua in più cadde su di noi o sul nostro vestiario. Eravamo spuntati dritti dentro quello che aveva l'aria d'essere un piccolo tempio in mezzo alle montagne; era nuovo di zecca, profumava di incenso.
Un ottimo luogo da convertire in un rifugio rimediato.

Effettivamente, come mi disse Xiao poco prima, ebbi un forte senso di nausea e quasi arrivai a rigettare, ma per fortuna sparì in pochi minuti senza incidenti. Presi un bel respiro e mi sentii presto meglio.
<<Venire qui è stata un'ottima idea, ma non farmelo rifare>> dissi quando, seduto appoggiato al piccolo altarino insieme a lui, con un occhio diretto all'uscio della porta, vidi il mondo esterno sotto una torrenziale pioggia incessante.
<<È l'unico posto tranquillo che mi è venuto in mente>> spiegò. <<Per ora non c'è nemmeno il gestore del tempio, abbiamo avuto fortuna... deve aver visto il mal tempo arrivare ed essersene andato>>
Alzai le spalle. <<Meglio, stiamo più comodi>> decisi. <<No?>>

In quell'istante Xiao starnutì.
<<Salute>> dissi.
Starnutì di nuovo.
<<Salute di nuovo>> risposi. <<Hai preso freddo?>>
Scosse la testa. <<Forse>> ammise. <<Combattendo stamattina, o magari teletrasportandoci in mezzo alla pioggia>> ipotizzò, illustrando dopo di questo qualche altra ipotesi un po' più improbabile. <<Non lo so, ma non importa>> disse, e starnutì ancora.
<<Mi sa di sì>> obiettai; lui non poté negare l'evidenza.

Raggiunsi il mio zaino, precedentemente abbandonato in un angolo accanto all'ingresso. Ci rovistai dentro sotto gli occhi attenti di Xiao fino a che, dopo un paio di tentativi falliti, vi trovai dentro una giacca pulita.
Tornai da lui e gliela misi sulle spalle prima che potesse protestare, come fosse una coperta. <<Tienila>> gli dissi, appena lui alzò il primo di dito intenzionato a toglierla.
<<Non mi serve>> dichiarò.
<<Certo, certo>> concordai a mo' di presa per i fondelli, dandogli due colpetti gentili sulle spalle. <<Non te la togliere, fammi questo favore>>
<<Ma non ne ho bisogno>>
Alzai gli occhi al cielo. <<Ovvio>>
Xiao starnutì ancora una volta.
<<Hai un bel raffreddore>>
<<Sopravviverò>> insistette.
<<Con le spalle coperte sopravviverai meglio, su>> lo punzecchiai, sperando la smettesse di fare il testone.
Lui strinse con forza le labbra, non sapendo più come protestare; forse gli avevo fatto perdere la voglia di ribattere, o forse sapeva che avevo ragione io o che, comunque, non avrei smesso di insistere affinché tenesse la mia giacca. Era calda, di lana nera, anche se un po' scolorita; l'avrebbe fatto stare bene.
<<Grazie>> disse infine e se la infilò per bene, chiudendola fino al penultimo bottone.

<<Sei troppo gentile con me. Non dovresti>> disse qualche minuto dopo, mentre io stavo accendendo uno stecchino di incenso in offerta all'adeptus a cui era dedicato il tempio, in cambio della sua ospitalità.
<<Perché no?>> ribattei. <<Sei così carino con la mia giacca>>
Pur essendo girato di spalle e non potendolo vedere, seppi per certo che le sue guance (e anche il resto della faccia fino alle orecchie, a dir la verità) si colorarono di rosso fuoco.
Mi voltai con un sorriso scherzoso, ridacchiando, e lui mi guardò come se cercasse un tavolo sotto il quale nascondersi ma l'altare non gli andasse bene.
<<Dai, non fare così>> dissi, e mi risedetti al suo fianco, non proprio appiccicato ma abbastanza vicino.
Lui, nonostante l'imbarazzo, non si spostò.
<<Non è divertente>> sbottò.
<<Infatti non è una battuta>>
I suoi occhi si spalancarono, sotto shock, ed io non potei che scoppiare a ridere alla sua espressione stralunata.
<<Sto scherzando, rilassati!>> esclamai, sperando di farlo tornare normale. I muscoli del suo viso si rilassarono un pochino, la bocca si richiuse ed il rossore si affievolì.
L'atmosfera tornò bella, calma e rilassata, cullata nella sicurezza della menzogna che avevo appena pronunciato.
Sapevamo entrambi che avessi mentito, e sapevamo entrambi che quella verità non detta ci rendesse felici come ancora non lo eravamo mai stati.

Il Sapore Di Un SognoTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon