Capitolo uno

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Conosciuto un giorno a caso, l'ho già detto, Xiao ovviamente non riapparve subito nella mia vita; certo era che fosse anche giusto così. Quella sera non eravamo diventati amici, o conoscenti, o qualcosa in generale più di due sconosciuti. C'eravamo scambiati quattro frasi in croce nemmeno troppo interessanti, e poi le nostre strade si erano divise come lo erano state fino a poco prima.
Non posso negare che da quella chiacchierata in giardino ogni tanto pensai a lui, chiedendomi dove fosse o cosa facesse, ma l'interesse effettivo era scarso poiché, non conoscendolo, non avevo vere ragioni per pensare a lui. Eppure, di tanto in tanto nel corso della giornata, quegli occhioni dorati tornavano a bussare alle porte della mia mente senza fare rumore.
Entravano e scivolavano fra un pensiero e l'altro, e scacciare via dalla mia vita quelle iridi splendide risultava essere di volta in volta più complesso.

Qualche settimana dopo il matrimonio, vivendo la mia esistenza con la più assoluta tranquillità e normalità a me concessa, approfittai di una domenica mattina come tante altre per dare una pulita e rassettata a casa. Ero stato via per lavoro una decina di giorni e la mia mancanza si sentiva; se nessuno puliva, la casa si sporcava sempre di più: era la logica della polvere. Se tutto era chiuso non c'era un solo spiffero da cui potesse arrivare, lei si sarebbe accumulata lo stesso.
Spolverati i mobili e passato il mocio su tutti i pavimenti di casa, impiegai particolarmente tanto tempo a ripulire una finestra rimasta sporca da un po' troppo tempo.
La seduto sul davanzale, con la pezza in mano e lo spruzzino nell'altra, una fascetta fra i capelli e i vestiti vecchi e leggermente bagnati, avrei potuto far ridere i miei colleghi o conoscenti.
A volte, non so come mai, la gente si dimentica che tutti hanno una vita normale, o almeno una piccola sezione di banale quotidianità. Pulire ne fa parte e come tutti anch'io lo faccio, ma se qualcuno mai facesse il mio nome in merito alle pulizie, qualcuno ridurrebbe dicendo che no, non lo faccio, andrei troppo fuori dal mio personaggio e farei ridere. Ma non c'era lavoro più rispettabile e stancante, secondo me, di questi tempi, di quello della casalinga.
Sospirai, iniziando strofinare più forte contro il vetro della finestra.

Proprio mentre io ero là, in quel momento da Cenerentola, a sfregare aggressivamente via una macchia di non voglio sapere cosa dal vetro, intravidi con lo sguardo una piccola figura scura nella strada sotto di me. Non la vidi arrivare né da un lato né dall'altro della via, e di certo non poteva essere spuntato da dietro un palazzo perché quello più vicino alla mia casetta di campagna era almeno trecento metri più in là.
Abbassai gli occhi per vedere meglio; era una piccola persona dai capelli neri e bluastri, indossava i suoi inconfondibili vestiti da millenni e stava guardando verso di me, osservando la mia più sgraziata versione casalinga che imprecava contro una macchia.
Appena lo riconobbi, ovvero all'istante, il mio cuore perse un battito e quasi mi vidi già cadere a terra dal primo piano e rompermi una gamba.
Che bella figura da fare davanti a quegli occhi che mi stavano tormentando..!

<<Mi è giunta voce che hai un albero di mandorle. È vero?>> chiese Xiao a voce alta, quando fu certo che l'avessi visto, prendendo forse per la prima volta nella sua lunghissima esistenza l'iniziativa in una conversazione.
Posai sul davanzale interno la pezza e lo spruzzino, gli rivolsi un sorriso involontario e indicai con un dito l'albero alle sue spalle, dall'altra parte della strada. Per ora di mandorle non ne aveva neanche una, ma me ne erano rimaste abbastanza dalla raccolta precedente per offrirgliene.
<<È quello là>> confermai. <<Ne vuoi qualcuna?>>
Il ragazzo annuì. <<Se non è un problema>>
Alzai le spalle. <<Proprio no>> risposi dopo pochi attimi di riflessione. <<Ma vieni, entra, ti preparo qualcosa>>
Non attesi risposta e mi allontanai dalla finestra, mi cambiai la camicia per indossarne una un po' più decente ed intonata ai pantaloni ed andai ad aprirgli la porta.

<<Non voglio niente>> fece lui, appena potemmo parlare faccia a faccia sull'uscio di casa.
<<Ma ho i biscotti alle mandorle>> fu invece ciò che dissi io. <<Li ho fatti ieri>>
Lo vidi tentatissimo, ed infatti cedette all'idea.
Senza che me ne rendessi propriamente conto, Xiao era già entrato in casa mia. Mi voltai a guardarlo mentre osservava curioso il mio soggiorno, fissando qualche foto o soprammobile sulle mensole.
Non so perché, vederlo dentro casa mi rese allegro. Sorrisi di nuovo, per la seconda volta in due minuti e senza rendermene nemmeno conto. Non mi capitava molto spesso.
Xiao si soffermò un po' a fissare una piccola matrioska rossa e dorata esposta su una delle mensole più vicine all'ingresso.
<<Ti piace?>> domandai. <<Me l'ha portata un mio collega>>
<<Carina>> mormorò, dandomi l'aria che ci fosse altro che non avesse intenzione di aggiungere. Forse ne aveva viste di simili in passato, magari regalate dal compagno di suo padre.
Non protestai.

Un po' stranito sia dal suo comportamento che dal mio, lo accompagnai in cucina e lo feci accomodare a tavola. Tirai fuori da un mobile i già citati biscotti e glieli offri insieme ad una buona tazza di caffè.
Xiao la accettò solo dopo averle aggiunto un goccio di latte e zucchero, mentre i biscotti erano già svaniti poco dopo averli messi su un vassoio. Rimasero letteralmente solo le briciole, e per poco neanche quelle.
<<Buoni>> disse, quando li ebbe spazzolati via tutti. <<Cucini bene>>
<<Grazie>> risposi, se anche le sue parole mi parvero un po' tirate. Sicuramente non gli avevano fatto schifo perché se li era mangiati tutti in un niente, ma non aveva viso di chi ha davvero gradito il pasto. Decisi di accontentarmi e non far troppe questioni.
Non so nemmeno il motivo, ma non avevo la minima voglia di polemizzare o litigare con Xiao. Né, in realtà, di rischiare di scontentarlo.

<<Che devi fare con le mandorle?>> gli domandai, incuriosito.
Non sapevo cucinasse, o per meglio dire non me lo immaginavo. Di lui in fondo sapevo poco e niente e così lui di me; che diritto avevo di farmi idee su che sapesse o non sapesse fare?
<<Tofu>> disse, e mandò giù anche l'ultimo sorso di caffè.
<<Uh, buono>> risposi. <<È uno dei dolci* che mi piacciono di più>>
<<Anche a me>>
<<Quante te ne servono?>> chiesi allora, alzandomi per dare un'occhiata negli stipetti alla ricerca di un contenitore da potergli prestare. Ci volle un po', ma trovai una scatoletta di bambù che pareva fare proprio al caso nostro.
<<Uno scatolino così basta?>> aggiunsi, mostrandoglielo.
<<È anche grande>> rispose.
<<È uno dei più piccoli che ho>> lo informai. Non era vero,né avevo di più piccoli, ma non l'avrei mandato via di lì senza che ne fosse valsa la pena. Del resto, il viaggio che si era fatto solo per venirmi a cercare da solo valeva due scatole come quella.
<<E allora va bene, ma lascialo semivuoto>>
<<D'accordo!>> esclamai, tirai fuori il barattolone di mandorle e gliele versai là dentro, aggiungendone più di quante me ne avesse effettivamente chieste. Richiusi lo scatolo prima che potesse vederle e restituirmele, e glielo consegnai avvolto con un nastro di stoffa per fermare bene il tappo.
Glielo porsi. <<Ecco a te>>
Lo prese e lo mise nel proprio zaino. <<Quanto ti devo?>> chiese.
<<Niente>>
<<Ma...>>
<<Ho detto niente>> dichiarai con più forza. Da lui non avrei accettato un solo centesimo.
<<Ma mi hanno detto che le mandorle tu le vendi>>
<<E a te le regalo; va bene così>> risposi. <<Fine della storia>>
Seppur sconvolto dal mio comportamento -e con questo mi riferisco sia a me medesimo che al piccolo yaksha che avevo di fronte- Xiao accettò il regalo senza ulteriori proteste.
E con la promessa che sarebbe ritornato presto a restituirmi la scatoletta, il ragazzo ripartì verso chissà dove con le mandorle al seguito e la pancia piena.
Io, dal mio lato, rimasi a casa ad attendere che i giorni passassero senza poter più far in modo che i suoi occhi dorati sloggiassero dalla mia mente.

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*Il tofu alle mandorle non è davvero tofu. È un dolce cinese, e viene chiamato tofu solo perché ci somiglia.

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