La poliziotta tossì con forza, e di fretta, andò ad afferrare un fazzolettino dalla sua piccola borsa per potersi soffiare il naso. Poi alzò lo sguardo verso il pivellino della squadra e con un'espressione di certezza incrollabile, provò a espandere la sua visuale: «Le ferite sono inconsuete, sì, ma guarda la sua posizione e il modo in cui abbiamo ritrovato il corpo. Se fosse stata uccisa per sbaglio, non l'avremmo trovata così facilmente. Qui ci troviamo di fronte a qualcuno che sa quello che fa. Tutto in questo delitto grida di premeditazione e precisione. La vittima è stata disposta in modo deliberato, quasi artistico. Vuole che qualcuno la noti, che ammiri la sua opera.» Con voce rauca dal mal di gola, bofonchiò un imprecazione e prese a masticare una delle caramelle alla liquirizia che si portava sempre dietro.

«Personalità narcisista» asserì Vincent, colto da un colpo di genio.

Sienna sospirò piano e si passò una mano tra i capelli biondi naturali. Mimò un "Bingo" con le dita e si allontanò per ritornare alla sua auto.
Il suo sesto senso urlava che l'assassino non si sarebbe fermato lì, che si era dilettato e che presto sarebbe iniziata una caccia spaventosa.

Quello era solo l'inizio.

Dopo essersi procurata un telo bianco, con un alone di tristezza nelle iridi chiare come la cianite, si avvicinò a quel corpo senza vita e lo coprì con delicatezza. Voleva mostrare rispetto, per liberarsi di quel senso opprimente alla bocca dello stomaco: neppure dopo anni e anni di esperienza, riusciva a rimanere impassibile.

Ogni vittima meritava di essere protetta dalle occhiate curiose dei passanti e dai loro commenti sempre indiscreti.

Dopodiché abbassò lo sguardo, s'incamminò verso la volante spenta dove iniziò a compilare le varie scartoffie.
Presto sarebbe arrivata la scientifica e avrebbero dovuto liberare la zona.

All'improvviso, le gomme di una seconda vettura scricchiolarono sull'asfalto, emettendo un suono graffiante e fastidioso.

Sienna si accese una sigaretta e guardò l'auto grigia fermarsi con un impatto secco dietro alla sua macchina di servizio. Alzò un sopracciglio dal nervoso e lanciò un'occhiataccia alla figura prestante che era appena uscita dalla Audi Q5 sportiva.

Una voce profonda e calda si fece sentire mentre passava sotto il nastro giallo utilizzato per isolare e preservare la scena del crimine. Si avvicinò con fare sicuro alla salma e indossò un paio di guanti in lattice. «Cosa abbiamo oggi?»

«Ti pare orario di venire a lavoro? La prossima volta vai direttamente in centrale, visto che qui, noi, abbiamo quasi finito!» Lo burlò la donna. Incrociò le braccia dal nervoso, e con non poca difficoltà, si trattenne dal tirare un scappellotto al terzo arrivato: un ritardatario cronico, suo partner dalla bellezza di ben sette anni.

Con la solita espressione non troppo interessata, chiese ai due se ci fossero documenti che potessero condurli all'identità della vittima. Poi si chinò a terra e sollevò di poco l'estremità della coperta bianca che nascondeva la dimostrazione irrefutabile della malvagità umana.

«Nulla! Non abbiamo trovato nemmeno i suoi vestiti. Sienna si sta già occupando della prassi per il rapporto e la documentazione delle prove» spiegò Vincent, rammaricato. Fece scivolare le mani tra i capelli scuri dal taglio elegante e, con l'intenzione di farli apparire meno crespi, li strofinò piano.

«Cazzo! Cosa è successo qui?!» Trasalì Dave, allarmato.

«Che diamine ti prende? Non è di certo il primo cadavere nudo che vedi!» Si meravigliò Sienna, sorpresa dalla reazione fuori dalle righe del collega, di solito sempre serio e menefreghista.

Si morse leggermente l'interno della guancia, conoscendo il suo partner meglio delle sue stesse scarpe; perciò si mise sull'attenti per cercare di decifrare quella tela, di norma poco espressiva ed espansiva.

Dave osservò quelle iridi azzurre, impregnate di terrore, e cercò di mantenere la calma. «Io... Conosco questa ragazza.» Poi ritornò in posizione eretta e si passò la mano sui capelli mori, tenuti rasati ai lati, ma dalla chioma centrale abbastanza folta. Ingoiò a vuoto e si perse nell'osservare quella figura immobile e pallida, come se non si trattasse più di una persona, bensì di una bambola di porcellana.

Con la respirazione agitata, afferrò la punta del nastro adesivo che le chiudeva la bocca e iniziò a tirarlo verso l'angolazione opposta.
Non riusciva a vederla in quel modo. Se avesse potuto, le avrebbe dato una pulita, l'avrebbe vestita, ma sapeva di non poter fare nient'altro.

«Figlio di puttana!» Sganasciò lui di botto, con la voce spezzata. Serrò con forza la mascella, e sconcertato, mostrò ai colleghi le orecchie amputate, trovate all'interno del suo palato. Con le dita tremolanti si sistemò il colletto della camicia bianca e sperò con tutto se stesso di essersi sbagliato e che quella ragazza non fosse davvero Melanie Morris, la sorella minore del suo migliore amico.

L'uomo, in ogni sua più intima essenza, è un calice pieno di malvagità, dove la bevanda si spande quando l'occasione le offre del terreno fertile per germogliare. Ma quella, più che nequizia, era depravazione.

Dave contrasse i pugni fino a far sbiancare le nocche tatuate.
La scientifica era appena arrivata sul luogo del delitto, quindi si girò un'ultima volta verso ciò che rimaneva di Melanie.

Ignorò il magone al cuore e raggiunse gli altri due. Salì sulla sua auto e guidò fino alla centrale della polizia.

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