venus doom

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Premessa: anche in questo caso mi sono ispirata a una canzone, Venus doom degli HIM

Gli umani non possono vivere senza arte, ma solo alcuni sono stati graziati dalla musa con la pazienza, la dedizione e la bravura. È nella natura degli artisti ricercare o in un paesaggio, o in un volto, o nella facciata di una chiesa quell’astratta perfezione tanto agognata.

Gli artisti, con la loro perenne aria trasognante, passano la loro intera vita divisi tra il loro laboratorio, dove caos e solitudine regnano sovrani, e il mondo esteriore a seguire l’ispirazione. Due universi opposti, ma poi non così tanto diversi. Lavorano e lavorano costantemente, ma non saranno mai davvero soddisfatti.

Alcuni otterranno risultati mai visti prima, perfezioneranno tecniche inimmaginabili fino a quel momento, ma non saranno mai davvero soddisfatti. 
E i più talentuosi e i più fortunati vedranno le loro opere esposte in qualche mostra artistica, vedranno centinaia e centinaia di persone complimentarsi con loro, ma anche lì non saranno mai davvero soddisfatti.

L’insoddisfazione li consumerà finché non verrà spenta la fiamma della vita. E, arrivati al cospetto della morte, della vita avranno goduto ben poco e altro non sapranno se non maneggiare con maestria i loro pennelli, o levigare con l’abile scalpello il marmo.

Chi, per la prima volta, prende in mano gomma e matita tutto questo già lo conosce nel profondo del suo cuore, nonostante ciò continua per la sua strada impervia, colmo di speranza. Si vuole solo illudere: è così inizia quel viaggio inconcludente verso l’inafferrabile perfezione.

Apollodoro era un artista autodidatta, con la sola osservazione e tantissima pratica era riuscito a perfezionarsi e a farsi riconoscere come giovane talento, sapeva destreggiarsi con tempere e pennelli come pochi altri erano riusciti a fare. I suoi quadri erano apprezzatissimi da numerosi critici d’arte, il tratto era profondo e preciso e i suoi soggetti sfioravano un realismo quasi maniacale.

In realtà Apollodoro era un nome d’arte, nessuno sapeva chi fosse davvero o da dove venisse. L’unica certezza che si aveva su di lui era che nei suoi lavori riusciva a imprimere impeccabilmente tutta la sua passione e tutto il suo amore per l’arte.

Ma, nonostante la sua fama cresceva veloce e incontrastata, sentiva che mancava qualcosa. Negli anni aveva visitato molte gallerie artistiche e si era confrontato con tanti altri pittori per arrivare finalmente a capire cosa rendeva incompleto lui e i suoi quadri.

Aveva bisogno di una musa ispiratrice, una che fosse solo sua, e doveva essere la reincarnazione di una perfezione celestiale.

Allora iniziò a girare per il mondo, soggiornava nelle incantevoli e arcaiche città europee e poi nelle rustiche campagne mediterranee, esplorò la selvaggia America, fu accolto da villaggi centenari caratterizzati da bizzarre tradizioni o da confusionari scheletri di cemento e vetro delle grandi metropoli, attraversò la misteriosa e variegata Asia scoprendo singolari paesaggi.
Viaggiò a lungo e in ogni posto in cui si fermava cercava un corpo – uomo o donna, giovane o vecchio, poco importava – che fosse perfetto per il suo nobile scopo, ma incontrava solo incolori beltà. Scrutava ogni volto, come se riuscisse a leggerne l’essenza più recondita e intima, bramava dannatamente quell’assoluta armonia di colori e forme, senza ancora riuscire a trovarla in nessuna creatura umana.

Vagò, la disperazione crebbe giorno dopo giorno, fino a diventare sua compagna di viaggio.
E quando aveva perso quasi completamente le speranze incontrò la donna perfetta per lui.

La prima volta che la vide fu a San Pietroburgo: affascinante come una Venere di Botticelli, camminava sopra al ponte e di tanto in tanto si specchiava sul fiume Neva, cerea come una Psiche di Canova, solenne e al tempo umile come una Madonna del Caravaggio, nella sua solitudine era enigmatica ed romanticamente elegante come se fosse uscita da un quadro di Klimt.

Haikyuu x spooky season Where stories live. Discover now