24- «È bello vederti»

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Fatto. Obiettivo raggiunto. 
Jimin ci era riuscito ed era servito solo impegnarsi, mettersi sotto e dare il meglio di sé, senza buttare mai la spugna.

Avrebbe voluto raccontarglielo così tanto. Gli mancava. Gli mancava come migliore amico, quello con cui sfogarsi, quello con cui farsi una risata. Ed ogni giorno che passava aveva sempre più paura di averlo perso per sempre. Erano passati due mesi e non sapeva che fare. Chiamarlo o non chiamarlo? Quanto tempo avrebbe dovuto lasciargli? Incognita assoluto.

Ma restava il fatto che gli fosse grato in un modo inimmaginabile.

Adesso, stabile lavorativamente parlando, si trovava a far fronte ad un altro immenso dilemma: i servizi sociali. Lui e Yoongi ne erano esasperati ed Elizabeth incominciava a percepire che nell'aria qualcosa non andasse. Delle persone, tre con precisione, due donne ed un uomo, piombavano regolarmente in casa loro, si accomodavano, parlavano con tutti, prima singolarmente e poi nell'insieme, ed infine dicevano loro di star tranquilli, vivere la loro vita come avevano sempre fatto e di non far caso a loro che si sarebbero messi in un angolo ad osservarli.
Eh no, non era facile.
Perché anche il solo volersi scambiare un bacio, sembrava fosse impossibile, dov'era finita la loro privacy?

Erano oppressivi, soffocanti. Yoongi e Jimin si guardavano negli occhi e lo stress e sfinimento che si leggevano a vicenda era dir tutto. Ma restavano in silenzio, sopportando e restando zitti. Sapendo però perfettamente che non fosse quello il modo di lavorare. E capendo che sicuramente quelle persone avessero ricevuto indicazioni speciali da Victoria. Stategli con il fiato sul collo. Qualcosa del genere. E la cosa esasperante era che Jimin e Yoongi non avevano il potere di far niente, tanto meno di controbattere.

Così si districavano tra impegni lavorativi, familiari, servizi sociali, tribunali. E la vita era diventata improvvisamente piena da far paura. Un ritmo insostenibile.

Quasi esilarante era il fatto che ormai il lavoro fosse diventato una valvola di sfogo per Jimin. Non vi era niente da fare, si andava avanti così con la speranza che potesse migliorare quella situazione derelitta.

Un fascio di luce, arrivò un giorno qualsiasi, un giorno lavorativo, in cui Jimin sapeva soltanto che si sarebbe dovuto presentare in una casa di moda abbastanza famosa a Seoul, dove un fotografo proveniente dall'estero, era stato chiamato di proposito per scattargli delle foto per un marchio famoso. Quel che fu detto a Jimin era che solo questa persona sarebbe riuscita a immortalarlo nel migliore dei mondi.

Così quando pronto di tutto punto, Jimin si ritrovò davanti il set con Hoseok di fronte, pensò di poter piangere dalla felicità.

Sembrava quasi di far un tuffo nel passato: Jimin il modello ed Hoseok il fotografo. 

Lo aveva guardato negli occhi ed era rimasto col fiato sospeso, con il battito in gola ed un sorriso immenso sul volto. Però anche fermo ed imbambolato, tanto che fu proprio l'altro a sventolare una mano in segno di saluto verso di lui, avvicinandosi per averlo più vicino.

«Hoseok» mormorò il suo nome Jimin con gli occhi lucenti, sapendo che quel giorno avesse ricevuto un regalo immenso.

«Ciao, pulcino» replicò l'altro, sbuffando una risata, mentre stringeva tra le mani la sua inseparabile macchina fotografica. 

Era strano rivedere Jimin. Capelli diversi, col suo colore naturale, un'espressione cambiata, più matura, più illuminata. Si chiese come fossero stati quei mesi per l'altro. Per Hoseok per niente facili e se ne rendeva conto dal semplice fatto che quando gli proposero quel lavoro ci mise un secondo nel dire sì e volare in un'altra nazione e che solo rivedendo Jimin si sentisse improvvisamente meglio.

«Cosa fai qui?» chiese quasi ingenuamente Jimin, sapeva il perché ma non capiva. Non si erano visti né sentiti per mesi e adesso era lì, così come se lo ricordava.

𝙁𝙊𝙇𝙇𝙊𝙒 𝙔𝙊𝙐𝙍 𝙃𝙀𝘼𝙍𝙏 // ʰᵒᵖᵉᵐⁱⁿ - ʸᵒᵒⁿᵐⁱⁿWhere stories live. Discover now