Progetto Purgatorio

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Era singolare il modo in cui il Signor Michael camminava. Come se sapesse già che tutto il mondo gli appartenesse. Era un uomo alto e ben piazzato, dalla carnagione molto scura, da sembrare quasi oscuro, le spalle larghe e gambe lunghe e muscolose. Aveva mani forti, il naso perfettamente dritto e la bocca stretta, che apriva solo quando aveva qualcosa da dire e non lo faceva mai a vuoto. Gli occhi scuri come lo stagno, e folte sopracciglia che gli incupivano il viso. Portava i capelli neri cortissimi, per tenerli più che ordinati, tagliando ogni riccio che talvolta cresceva.
Era sempre molto impostato, in qualsiasi cosa facesse: nella postura, nella camminata, mentre si sedeva o quando parlava. Tutto era sempre molto calcolato.
Ma c'era un particolare per il quale i passanti e i conoscenti lo definivano inquietante: lo sguardo impassibile. Sembrava quasi che le emozioni non toccassero mai il suo viso. Non sorrideva mai di gioia, la fronte non si aggrottava mai per lo stupore o per il disaccordo, i suoi occhi non si riempivano mai di lacrime per la tristezza, non mostrava mai i denti per la rabbia. Sembrava che nulla potesse scalfirlo, e chi lo guardava non era mai in grado di decifrare che cosa pensasse o che cosa provasse.
Il mondo intero era neutro, per lui. Senza colori.

Dopo una lunga camminata di diciotto chilometri, fatta in smoking e con una valigetta metallica senza nemmeno sudare o affaticarsi, svoltò sulla destra arrivando alla sua destinazione. I pesanti cancelli di acciaio lavorato si aprirono al suo passaggio, e lui camminò ancora per qualche metro in mezzo a un giardino di alberi da frutto, fino alla villa del Signor Robert.
La villa era grande e ben lucidata, sembrava tutto nuovo in quella casa, dalle porte, ai grandini, alle colonne di marmo che reggevano l'entrata, ad accezione dei rampicanti.
Ma il Signor Michael non perse tempo ad ammirare la bellezza di quella dimora nuova di zecca ed entrò. Il maggiordomo che lo accolse tentò di aiutarlo con la giacca e la valigetta metallica, ma fu sufficiente un suo gesto della mano per allontanarlo con i brividi lungo la schiena.
Conosceva la strada. Ma non prese l'ascensore dotato, come avrebbe fatto chiunque, usò le scale di marmo bianco sulle quali era srotolato un tappeto rosso. Salì tutti i quarantatré scalini senza un affanno, senza una goccia di sudore scendergli dalla fronte. Infine, andò verso la sala di accoglienza, dove lo attendeva il Signor Robert.
Al suo ingresso quasi non notò il parquet di legno, e nemmeno le grandi finestre che davano sul giardino, ma guardò la città che appariva in lontananza, i grattacieli diafani a causa dell'aria rarefatta e fredda di quella giornata. Ogni oggetto era costoso in quella stanza, come il basso tavolino di vetro o la poltrona blu in un angolo. I rilievi sulle pareti realizzati con cura mettevano in risalto il camino spento. Sopra il camino si poteva trovare impagliata un'aquila reale dalla testa bianca, aveva le ali spiegate e negli artigli portava due bandiere americane incrociate.
Il Signor Robert, un fanatico americano, sentiva il sangue gelare alla vista del suo ospite. Si alzò dalla poltrona con un sorriso che nascondeva l'inquietudine.
Se il Signor Michael era un uomo straordinario, il Signor Robert, al contrario, era un uomo che si avviava verso la cinquantina del tutto ordinario, nella media. Altezza media, non era grasso e non era magro, aveva i capelli biondi laccati dal gel e occhi marroni, il naso e la bocca non erano né grandi né piccoli. Insomma, nella media.

Quando i due uomini si strinsero le mani, il Signor Robert rabbrividì al tocco con la pelle così fredda, che gli ricordò vagamente il ghiaccio.
«È un piacere ritrovarla,» disse tentando di sorridere il Signor Robert. «Prego, si accomodi.»
«Preferirei stare in piedi, grazie» rispose con la voce gutturale.
Il Signor Robert unì le mani, girandosi l'anello di acciaio nero e bianco che portava al terzo dito. «D'accordo, allora. Possiamo darci del tu?»
«Preferirei di no, grazie» rispose ancora una volta lui.
Il Signor Robert si dondolava da una gamba all'altra. Conosceva il suo ospite da diversi anni, eppure ogni volta che lo vedeva gli sembrava uno sconosciuto. Un pericoloso sconosciuto.
Cercò di sorridere scoprendo i denti bianchissimi e di riportare alla mente quel poco che sapeva di lui, in particolare il loro accordo.
«Mi sembra di ricordare che lei non ama perdersi in convenevoli» azzardò il padrone di casa. Al suo cenno di consenso, continuò: «Quindi, meglio arrivare subito al dunque. Che cosa ne pensa?»
«Penso che sia saggio occuparsi immediatamente della questione cruciale» confermò l'ospite.
Il Signor Robert trattenne un sospiro, decise che questa volta sarebbe stato lui a condurre quella conversazione. «Anni fa, ventisei anni fa per la precisione, io e la mia famiglia avremmo finanziato i vostri progetti in ambito storico, ambientale e tecnologico, in cambio di una buona parte del profitto ricavato dalle scoperte e dalle invenzioni. Comprese di spiegazioni su tutto ciò che avveniva nella base sotterranea Purgatorio. Ma non abbiamo mai avuto notizie, su ciò che fate là sotto, lei e la sua crew.»
«Precisamente, Signor Robert» aggiunse il Signor Michael. «E un'altra clausola era che tutte queste spiegazioni, le avrebbe avute solo al compimento del progetto. Ecco, perché sono qui. Il Progetto Purgatorio è terminato, quindi ora lei avrà i suoi soldi e le sue spiegazioni, dopodiché non ci vedremo mai più.»
Il Signor Michael alzò la sua valigetta metallica, inserì un codice e l'aprì, dopodiché la girò verso il suo finanziatore, mostrandone il contenuto. «Per lei, Signor Robert.»
Non c'erano parole per descrivere lo stupore che prese forma sul suo viso, la bocca aperta e gli occhi sgranati, mentre i lingotti d'oro gli illuminavano il viso. Oro vero. In lingotti. Non poteva crederci. Quella valigetta era così pesante, così luminosa. Era rimasto a corto di fiato, a corto di parole. Non aveva mai avuto così tanti soldi in una sola volta tra le mani, specialmente trattandosi di lingotti.
«Ci tengo a farle sapere, Signor Robert, che non è solo una parte del profitto, ma l'intero.»
Lui alzò gli occhi aggrottando la fronte. «Come, scusi? L'intero?»
«Precisamente.»
«Incredibile...» sussurrò. Un attimo dopo si riprese dalla sorpresa, si schiarì la gola e posò la borsa sul tavolino di vetro. Poi si mise a braccia incrociate e disse con sicurezza: «Signor Michael, nessuno regala soldi per niente. Che cosa vuole in cambio?»
Il suo sorriso pieno di sé era sgargiante, orgoglioso di sé, non si sarebbe lasciato fregare da lui, era certo che quella domanda l'avesse colto di sorpresa, non era certo stupido. Scrutava il suo viso alla ricerca di qualsiasi segnale che dimostrasse di averlo messo in difficoltà, ma non ne trovò nessuno.
«Preferirei modificare il nostro accordo, darle tutti i profitti e lasciar perdere le spiegazioni» rispose con tono atono.
Il finanziatore aggrottò le sopracciglia ancora di più, cercava di capire dove volesse andare a parare quell'uomo, ma sembrava sempre troppo avanti per lui. Si prese un momento per riflettere, lingotti d'oro erano pur sempre lingotti d'oro, con quel denaro lui e la sua famiglia si sarebbero sistemati a vita per generazioni. Sicuramente, lui sarebbe diventato l'uomo più influente e più ricco dell'intero pianeta. Il denaro era controllo, il denaro era potere. Tuttavia, nella sua mente continuavano a martellare le parole che poco prima aveva detto ad alta voce al suo ospite: "Nessuno regala soldi per niente. Che cosa vuole in cambio?"
Si girò ad osservare la valigetta, il contenuto luminoso che emanava. Un'altra domanda martellante e incessante si fece avanti: "Se era disposto a pagarlo con l'intero profitto per non dargli spiegazioni, quest'ultime quanto valevano?"
Il silenzio che era calato nella stanza era talmente pesante che lo si poteva toccare, il Signor Michael attendeva che lui facesse le sue riflessioni senza interromperlo, ligio e dritto senza mostrar alcun segno di impazienza.
«Mi dica, Signor Michael» domandò infine il padrone di casa, decidendo di chiederle in maniera diretta. «Quanto valgono queste spiegazioni? Preferirei di gran lunga rinunciare a quel denaro, per sapere cosa avete fatto per tutti questi anni lei e la sua crew, sapere che cosa sia il Progetto Purgatorio.»
Il Signor Michael lo guardò dritto negli occhi, lo stesso sguardo indecifrabile. Per la prima volta gli sembrò di vederlo in modo diverso dal solito, quasi inumano. Il finanziatore era pronto a insistere su questo punto, nella sua testa cercava tesi e antitesi per convincerlo a dirgli che cosa teneva nascosto con così tanta gelosia. Ma nulla di tutto ciò, servì.
«Lei ha fatto una scelta saggia, Signor Robert» con un cenno della mano indicò la valigetta. «Ve lo dirò e vi regalerò comunque la valigetta, a me non serve.»
Un brivido freddo gli percorse la schiena a sentire quelle parole, gli si raffarono i peli sulle braccia.
«Ecco la verità e nient'altro che la verità» iniziò il Signor Michael. «Il Progetto Purgatorio non è recente. Non è così giovane, non ha solo ventisei anni, anzi a dire la verità ne ha molti di più. Più di quelli che lei può immaginare. È da secoli che cerchiamo finanziatori per potare avanti questo progetto.»
«Secoli?» disse alzando un sopracciglio. «È raro trovare gruppi di persone che seguono per così tanto tempo un progetto, specialmente se è secolare.»
«Non così difficile e raro, visto che io e la mia crew lo abbiamo gestito fin dall'inizio.»
«C-come?» balbettò. «Ma lei quanti anni ha?»
«Lascia che vi spieghi, le domande alla fine» lo contraddì il Signor Michael. «Il Progetto Purgatorio si definisce da solo, lei sa che cosa significa Purgatorio? Sicuramente penserà a quello religioso o quello di Dante Alighieri. Ma io parlo del vero termine, che significa processo di purificazione. In altre parole, il Progetto Purgatorio è un processo che porterà la purificazione terrestre, noi puliremo il pianeta da tutte le impurità.»
Il Signor Michael si portò le mani in viso, si pizzicò le guance con i polpastrelli e tirò la pelle. Sembrava di gomma, si tirava sempre di più, iniziava a strapparsi, gli occhi uscirono dalle orbita e caddero a terra come due palline rimbalzanti. La bocca si aprì in modo del tutto innaturale e la lingua cadde a terra in tutta la sua lunghezza. Si stava letteralmente strappando il viso dalla faccia.
Il Signor Robert indietreggiava inorridito. «S-signor Michael? C-che cos'è lei?»
Lui buttò a terra la pelle di gomma e strappò lo smoking liberandosene completamente, aveva un aspetto mostruoso. Due artigli ai piedi e gambe abituate a fare grandi salti, ricordavano vagamente quelle di una cavalletta, un busto ampio, era vestito di cuoio e scaglie. Le braccia e le mani sembravano umane, se non per le dieci dita munite di artigli. Il collo era lungo e stretto, e il volto era ovale, la bocca era gigante, partiva da dove nella maschera umana c'erano le orecchie, ed era munita di tanti denti sporgenti. Non c'era naso, ma solo due grandi occhi triangolari blu come zaffiri, totalmente blu, senza pupilla o iride.
«S-sei un alieno» sussurrava ancora terrorizzato il Signor Robert indietreggiando.
«Alieno? Cos'è un alieno? Forse posso essere definito così nella bassa capacità mentale» rispose con una scrollata di artigli. Dal momento che si era liberato della maschera, ora le emozioni toccavano il suo volto. «In fondo, il termine "alieno" indica qualcosa di estraneo, anche tu sei un alieno per me. Ma se conoscessimo l'estraneo, esso non sarebbe più alieno. Non crede?»
Non ci fu risposta, così continuò: «Il mio nome è Aginy, sono uno scienziato Buifer, anche se la vera pronuncia è incompressibile per la tua lingua. Ho novecento cinquantotto anni terrestri, e tanti di più in anni Buifer, ma sul mio pianeta abbiamo smesso di contarli tanto tempo fa, reputando inutile e uno spreco di fatiche conoscere il numero di orbite che ha fatto intorno alla nostra stella solare da quando siamo nati.
«Il tuo pianeta era una riserva naturale meravigliosa per l'intero universo. Tutti amavamo venire a visitare le sue riserve esotiche. Tuttavia, nell'ultimo lungo periodo, il pianeta si è ammalato, ha preso un virus che lo sta uccidendo lentamente: gli esseri umani. Questi parassiti inquinano le sue acque, la sua aria e la sua terra. Accanto gli altri abitanti portandoli all'estinzione, rende inabitabili luoghi di ogni genere, brucia i polmoni verdi, riscalda i ghiacciai, infreddolisce i deserti.
«Per millenni terrestri, la mia ed altre razze hanno discusso se permettervi di distruggere il pianeta o se intervenire. Fu deciso di osservarvi, e io mi offrii volontario insieme a un altro gruppo di scienziati per conoscervi da vicino. Fummo spediti sulla Terra con lo scopo di conoscervi e mescolarci tra voi, imparare i vostri usi e costumi, la vostra mentalità. Siamo presenti dall'anno terrestre 1092, ma siamo sempre rimasti nascosti per studiarvi.
«Fu l'anno 1957, il 4 ottobre a metterci in allarme e a farci pensare che dovevamo intervenire. Ma tra di noi c'erano ancora molto simpatizzati dei terrestri che volevano darvi ancora una possibilità. Non molto tempo dopo, anche loro cambiarono idea, più precisamente il 20 luglio 1969, a quel punto capimmo che non vi sareste mai più fermati e che avreste sempre cercato di arrivare oltre, di infettare anche altri pianeti. E iniziò il Progetto Purgatorio.»
Per il Signor Robert erano troppe le informazioni da digerire, era pallido e sudava freddo, indietreggiò fino a sedersi sulla poltrona blu del tutto sconvolto. Cercò di concentrarsi su quanto gli stava dicendo il Buifer, ma le sinapsi non collegavano ciò che voleva dire. Non riusciva più a ragionare.
Furono le due date a risvegliarlo, che cos'era successo il 4 ottobre 1957 e il 20 luglio 1969? Perché erano date così importanti?
Poi se ne ricordò, così all'improvviso: il 4 ottobre 1957 diede inizio all'era spaziale con il lancio dello Sputnik I e il 20 luglio 1969 era la data dell'allunaggio.

«Il Progetto Purgatorio» continuò Aginy compiaciuto. «Ha l'obiettivo di purificare la Terra dai suoi parassiti, e continuerà con aiuti e immissioni di risorse per aiutare il pianeta a riprendersi da tutto ciò che voi umani gli avete fatto. Sarà un processo molto lungo, ma oggi, 24 febbraio 2050, avrà inizio il processo di purificazione.»
Nell'istante stesso in cui finì di dire quelle terribili parole, un'abbagliante luce rossa apparve nel cielo, illuminò di rosso l'intera stanza. Il Signor Robert vomitò per terra a causa della tensione e della paura di vederla accesa, ma non poteva neanche immaginare che quella luce non era solo lì, dove abitava lui, ma era ovunque, in ogni parte del mondo, dalle grandi Capitali e metropoli fini ai più piccoli paesini sperduti.
«È un g-genocidio» balbettò ancora lui. «Un'estinzione.»
«Oh no, è una purificazione» disse il Buifer mentre si avvicinava alla grande finestra fissando quell'incandescente luce rossa senza battere ciglio. «Non tutti gli umani sono malvagi, non tutti vogliono distruggere il vostro pianeta. Noi faremo una selezione attraverso specifiche caratteristiche mentali, emotive e fisiche, chi soddisferà i requisiti verrà salvato e prelevato, e noi insegneremo loro come trattare il pianeta nel modo giusto. Ma chi non li soddisferà, verrà eliminato come tutti i parassiti.»
«Io ho contribuito a tutto questo?» sussurrò senza forza l'uomo.
«No, avremmo potuto creare tutto questo anche senza la sua base e anche senza i suoi finanziamenti. Si trattava di un test: i progetti ambientali, tecnologici e storici che gli proponeva la mia crew venivano scelti e selezionati da lei solo in base a ciò che poteva arricchirla di più. Dimostrando di essere un parassita.»
Aginy iniziò a camminare uscendo dalla villa, senza correre non ne aveva bisogno e allontanandosi lo salutò con le sue ultime parole per lui: «Si goda i lingotti d'oro più che può.»

Uscì dalla casa e osservò la luce rossa analizzare ogni singolo essere umano e alla fine sorrise soddisfatto di aver portato a termine il suo compito.
«È compiuto.»

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