Mi era sempre stata vicina in ogni situazione, già dalla morte dei miei genitori, quando io avevo sette anni.
I miei erano molto amici della mora, sin da quando erano giovani, infatti, quando morirono in un incidente d'auto, lei si offrì di badare a me e di portarmi qui, nel posto in cui aveva appena cominciato a lavorare.
Era come una zia per me.

Per questo quando scelsi lei nessuno ne rimase molto sorpreso.

« Direttrice Park Rope, accetta la proposta di concedere a Yang Jungwon la carica di suo vice? » il direttore della Torre Nord, che era gerarchicamente di grado più elevato rispetto alle altre, chiese alla mora, che stava sorridendo come mai aveva fatto prima.

"È davvero così felice di avermi come vice?"

« Accetto con piacere. » sistemandosi un ciocca di capelli dietro l'orecchio mise una firma sul primo di un paio di fogli impilati.

« Bene, a questo punto dichiariamo definitivamente Yang Jungwon vice della direttrice Park Rope. » un altro applauso e Rope mi spettinò i capelli affettuosamente.

« Noi a questo punto ci dilegueremmo, con permesso. » il direttore della Torre Nord annunciò, prima di essere seguito dagli altri, compresa la mora.

Tirai un sospiro, accorgendomi di aver trattenuto un poco il respiro.

« Ma guarda te, mi sono fatto superare da un nanetto del genere. » Soobin mi guardò dalla testa ai piedi facendo una faccia schifata, io risi.
« Sei proprio scarso. » ridacchiai io scuotendo la testa.

« Park, scusa, puoi tirargli un malrovescio in faccia da parte mia? » chiese il castano a Jay.
« Lo farei, ma poi litigheremmo di nuovo. »
Ci fu un attimo di silenzio, imbarazzo puro nell'aria.

« Di nuovo? Non abbiamo ancora fatto pace ti ricordo. »
Lui si voltò verso di me, in viso un'espressione scettica.
« Ne sei sicuro? » il suo sorrisetto storto comparve dopo tempo.

Lo guardai storto, prima di avvampare.
Me ne ero completamente scordato.
Mi ero dimenticato di quella sera, prima delle esplosioni.
Arrossii fino alla punta delle orecchie, tirandomi le maniche della felpa che avevo precedentemente indossato e nascondendoci le mani.

« Ho tanta paura di scoprire cosa abbiate fatto. » disse Soobin spostando lo sguardo da me al moro dietro un paio di volte.

[~] Jay's pov

Ridacchiai scrollando le spalle, assumendo un'espressione innocente, mentre lui continuava ad arrossire e a nascondere le mani nelle maniche, cosa che trovavo infinitamente carina.

Bussarono alla porta ed entrò la direttrice Rope che ci annunciava l'arrivo dei medici per controllare i feriti, e quindi anche il momento di lasciarli con le infermiere era giunto.

Appena varcata la soglia della stanza trovammo il corridoio vuoto, della mora nessuna traccia.
« È già sparita. » dissi per alleggerire la tensione, sapevo che per lui ora era un momento di realizzazione.
Insomma, era diventato un vice da un giorno all'altro.

« Fa sempre così quando vuole nascondersi. » ridacchiò lui mettendosi le mani nelle tasche della grande felpa verde, quella che io mi ero offerto di prestargli.

« Io direi di andare nei dormitori. » si voltò verso di me ma senza guardarmi negli occhi, come se avesse paura. Gli misi l'indice sotto il mento, costringendolo a tirare su la testa e a guardarmi.
Non dissi niente, non so perché l'avessi fatto, volevo solo che mi guardasse.
« Andiamo. » gli sorrisi passandogli un dito sulla guancia, prima di rimuovere la mano e mettermela nella tasca della tuta grigia che indossavo.

Ci incamminammo nei lunghi corridoi dalle candide mura, talvolta interrotte da porte color grafite, decorate ai lati da segni geometrici. Appena arrivammo a destinazione, quell'adorabile gattino camuffato da essere umano mi sorprese.

« Se...se vuoi puoi entrare... » mentre apriva la sua porta si fermò, voltandosi verso di me e deglutendo visibilmente a fatica.
Era sempre più carino.

Gli sorrisi, anche se lui non mi guardava in faccia, e mi avvicinai a lui per scompigliargli i capelli.
« Certo piccoletto. » misi una mano sulla porta e la spinsi, aprendola completamente permettendo a entrambi di entrare.

La sua camera era completamente in ordine, a partire dal letto, accuratamente rifatto, fino all'ultimo foglio piegato sulal scrivania.

Chiuse la porta alle mie spalle e andò davanti a una cassettiera, aprendo un cassetto ed estraendo il telefono, per poi mettersi a premerà qualche tasto.

« Mi hai fatto entrare solo per stare al telefono? » mi guardai attorno osservando delle foto sul comodino.
Erano scattate principalmente d'estate o in pieno inverno, dato che o erano in costume o in giacca pesante. Apparivano persone che non conoscevo, in alcune c'era Soobin, in un'altra Rope, ma una mi saltò all'occhio.

« Hey ma, questa dove l'avesti presa? » una foto di noi due al lunapark, in procinto di eseguire un passo mentre ci tenevamo per mano.
« Ah, quella. » si avvicinò posando il telefono sulla scrivania.
« Ce l'ha scattata Sunoo, dato che mi piaceva ho pensato di metterla lì. » spiegò guardando la foto
« Ho fatto male? » mi chiese poi guardandomi negli occhi.

Sorrisi, un pizzico sulla guancia dovetti lasciarglielo per forza, altrimenti mi sarebbe venuto il diabete a vedere i suoi occhi da cerbiatto.

« Certo che no, sciocchino. » gli schiacciai le guance con le mani mentre lui aggrottò le sopracciglia.
« Pensavo ti saresti arrabbiato, onestamente. »

Lì ci rimasi un po' male, mi ricordai dell'ultima volta in cui discutemmo e mi pentii.
Mi pentii di avergli urlato contro, di non averlo fatto parlare, di non avergli permesso di spiegarsi.
Mi pentii di tutto ciò che gli dissi quel giorno.

« Che c'è, perché quella faccia? »mi risvegliarono dai miei tormentati pensieri due piccole mani calde che si posarono delicatamente sulle mie, ancora sul suo limpido viso.
Mi accorsi anche del mio sorriso, che avevo precedentemente, ormai scivolato via.

« Scusa. » uscì come un soffio dalle mie labbra, non udibile se non a pochi centimetri dal mio viso.
« Di cosa ti stai scusando? » la sua espressione confusa era adorabile , non riuscii a non accarezzargli una guancia.

« Quello che ti ho detto quella sera, mi dispiace di non averti fatto parlare, ero stanco e confuso. » continuai a fare scorrere le dita sulle sue guance, osservando ogni particolare del suo piccolo viso dalla pelle chiara e perfetta.
Lui mi guardava negli occhi, talvolta gettando uno sguardo alle labbra, mentre io chiusi gli occhi e appoggiai la fronte alla sua, fresca.

« Tranquillo, sapevo fossi arrabbiato e avevi tutto il diritto di esserlo. Non devi scusarti, ti avevo già perdonato appena sei uscito da quella porta. » confessò lui, sussurrando quelle parole con dolcezza.

Sorrisi senza nemmeno accorgermene, cosa che lui però notò, prendendomi alla sprovvista.
Le sue piccole braccia sottili mi circondarono in collo e la sua calda guancia sfiorò la mia, fredda e pallida.
Mi stava abbracciando.

« Ah, e comunque. » cominciò a parlare nell'abbraccio, avvicinandosi al mio orecchio.
« Te lo ripeto: piccoletto lo dici al tuo cazzo. »

Quella sera ci addormentammo sul suo letto, stanchi morti dopo aver parlato di ciò che era successo ed esserci coccolati a vicenda.
E, se posso dire, la situazione tanto male non era.



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~Why Not?~ jaywonWhere stories live. Discover now