Minuetto

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[Tw: blanda presenza di smut]



«Oh, carcola che a 'na certa i vicini stavano a chiama 'a polizia, poi sò sceso io a parlà...»

Simone si sforza di accennare un sorriso, come se stesse davvero prestando attenzione alle parole di Matteo.
Ci prova, ad ascoltarlo, a seguire il filo della storia che ha catturato l'interesse degli altri, che lo seguono attenti - vuoi per reale coinvolgimento, vuoi per non perdere l'occasione di prenderlo in giro al momento giusto.
Ci prova, ma non ci riesce. I suoi racconti di sbronze colossali e figure di merda indimenticabili non sono abbastanza divertenti, non sono abbastanza originali, semplicemente non sono abbastanza per tenere impegnata la mente di Simone e impedirgli di pensare a lui, sempre a lui, costantemente a lui.

Così, cerca di concentrarsi sulle due ragazze in piedi su quella sorta di palchetto che ha davanti, che altro non è che una porzione del locale rialzata su due gradini, su cui si trovano una piccola consolle, un pianoforte a muro, qualche chitarra, un paio di sgabelli - l'occorrente per una postazione adibita a musica live di diverso genere.
Le due ragazze, entrambe more con lunghi capelli che svolazzano seguendo i loro movimenti, stanno cantando insieme, sorridenti e spensierate. Sono un po' stonate, certo, ma riescono ugualmente a coinvolgere nella canzone parte dei clienti del locale, in particolar modo i quattro ragazzi seduti a un tavolo in prima fila, davanti al palco, che, neanche fossero a un vero concerto, agitano le mani a tempo di musica, si abbracciano e intonano insieme «Se guardandoti negli occhi sapessi dirti basta, ti guarderei...»

Ma chi cazzo ha avuto l'idea di andare a una serata karaoke?

Come se il vero problema fosse la serata karaoke.

O i racconti di Matteo.

O le ragazze stonate sul palco.

O il fatto che tutti riescano a divertirsi tranne lui.

No, il vero problema gli sta seduto di fronte.

E non gli ha rivolto la parola da quando sono arrivati al locale.

Manuel si porta il boccale di birra alle labbra, ne beve un piccolo sorso e, nel farlo, poggia distrattamente lo sguardo su Simone. I loro occhi si incrociano per una frazione di secondo, che Simone vorrebbe durasse di più, infinitamente di più, perché non succedeva da quasi un'ora e gli mancava.

Manuel gli manca sempre, quando sono insieme in pubblico.

Sì, perché davanti agli altri gli sembra di essere un estraneo.
Manuel, di norma, non lo ignora del tutto, altrimenti le persone intorno a loro noterebbero la differenza rispetto a prima e farebbero domande a cui lui non ha nessuna intenzione di rispondere.
Domande che, forse, una risposta neanche ce l'hanno.

Si limita a guardarlo di sfuggita ogni tanto, senza mai soffermarsi troppo su di lui.
Ogni volta che sente lo sguardo dell'altro su di sé, a Simone sembra di tornare a respirare, ogni volta si concede la ridicola speranza che quel giorno Manuel non si volterà immediatamente, che quegli occhi si poggeranno su di lui con dolcezza, per istanti che sembrano sempre interminabili, come quando sono da soli, ma puntualmente quella speranza risulta vana.

Ride alle sue battute, Manuel, e talvolta gli risponde anche a tono, ma le risposte sono vuote, distanti, come quelle che potrebbero dargli Matteo o Giulio. Non c'è mai traccia di quella complicità che appartiene soltanto a loro due, quella che hanno sempre avuto anche quando erano solo amici.

Perché, adesso cosa sareste, scusa?

La differenza è impercettibile, probabilmente nessuno oltre a lui può notarla, ma nella testa e nel cuore di Simone rimbomba come il rumore di decine di tuoni che si infrangono sulla città durante un violento temporale estivo.

Se fossimo dei suoni, sarebbero canzoniWhere stories live. Discover now