Soufflè e domande

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Tea non aveva mai sentito parlare del Mondo Altro. Si chiedeva che tipo di posto fosse. Chissà se era tutto perfetto anche lì, chissà se esistevano davvero i mammiferi. Sul suo libro aveva ammirato le immagini di bizzarri animali con il collo lunghissimo, così alti da poter mangiare le foglie degli alberi senza dover usare nessuna scala. Aveva letto le descrizioni di animali dalle orecchie enormi che soffiavano l'acqua con il naso e di bestie veloci più delle scope volanti. Doveva essere un mondo assai strano per ospitare essere viventi così buffi e variegati. Loro avevano i draghi, gli ircocervi, i grifoni, i tritoni, le anfisbene, le fenici... insomma, niente di così interessante come le giraffe, gli elefanti, i ghepardi e gli ippopotami.
«A che cosa stai pensando?» le chiese la mamma distraendola dalle sue fantasticherie «Non ti piace il soufflé di violetta?»
«No mamma, cioè, volevo dire si, perdonami è ottimo. E' che non ho molta fame» rispose Tea giocherellando con il cucchiaio.
Alina, la mamma di Tea, preparava ogni sera qualche prelibatezza per cena. Si dilettava in cucina per puro piacere, non perchè fosse necessario. Si poteva sempre far comparire il cibo dal nulla. Quando si era sposata nonna Clotilde, sua suocera, le aveva regalato un gigantesco ricettario della collana "La bacchetta d'argento". Non sia mai che il suo adorato puccipucci, il papà di Tea, morisse di fame. Alina, che all'epoca del matrimonio non sapeva bollire nemmeno un uovo di fenice, si era messa di impegno pur di stupire la suocera e, invece di materializzare i piatti proposti sul ricettario, aveva imparato a cucinare sul serio. Certo, qualche aiutino faceva sempre comodo, come ad esempio l'ultimo modello di sbattitore a induzione magica che aveva materializzato come regalo di compleanno. Alina trascorreva ore ed ore ad inventare ricette combinando i gusti e le consistenze più disparate. Sognava di poter pubblicare, un giorno, un ricettario tutto suo. La prima copia l'avrebbe sicuramente regalata a nonna Clotilde.
Alina amava le cose belle ed apparecchiava sempre una tavola elegante con una tovaglia immacolata e profumata di pulito. I piatti ed i bicchieri erano di oro iridescente, le posate di argento fatato.
All'ora di cena lei, suo marito, Rebecca e Tea, sedevano insieme intorno al grande tavolo ovale ed ognuno raccontava la propria giornata. Tea cercava sempre di trovare un aneddoto divertente da narrare. Le piaceva quando i suoi genitori ridevano. Quella sera non aveva ancora proferito parola ma solo perchè stava cercando il momento giusto per tendere un'imboscata ai genitori.
Approfittando dell'attenzione della mamma, appoggiò il cucchiaio sul tovagliolo e, guardandola negli occhi le chiese a bruciapelo:
«Mamma, tu hai mai sentito parlare del Mondo Altro?»
Il volto della mamma divenne di tutti i colori. Passò, nell'arco di pochi secondi, dal rosso acceso ad una tinta di viola perfettamente intonata al soufflé che era nei loro piatti. Sembrava quasi che non riuscisse a respirare.
«Chi te ne ha parlato?» intervenne il papà, venendo in soccorso alla moglie.
«Oh, nessuno» mentì Tea «devo averlo letto su un libro»
La mamma si rilassò leggermente, il viso ora aveva assunto una delicata tonalità azzurrino cianotico. Il papà allentò la tensione delle mani, le nocche sbiancate per la forza con cui aveva stretto il cucchiaio.
«Sicuramente l'avrà letto in uno di quegli strani libri di fantasia che porta sempre a casa dalla biblioteca. Il Mondo Altro non esiste, altrimenti ne avrei sicuramente sentito parlare e ti avrei potuto spiegare tutto. Il fatto che io non ne sappia nulla vuol dire che è sicuramente una cosa inventata da qualche strambo scrittore di quelli che ti piacciono tanto» commentò Rebecca, la sorella maggiore di Tea.
Tea sospirò, non contraddiceva mai Rebecca perchè era impossibile averla vinta. Rebecca aveva sempre ragione, di qualunque argomento si trattasse. Anche quando non aveva ragione non si smuoveva dalle sue posizioni ed il dialogo era inutile, inesistente. Sapeva tutto lei, tutto di tutto. Esponeva le sue idee con fermezza e combatteva tenacemente perchè prevalessero su quelle di chiunque altro. Il suo vero asso nella manica, però, era la sua ugola con cui esprimeva, urlando, l'ira feroce che esplodeva quando le sue argomentazioni non erano riuscite da sole ad avere la meglio. Le sfuriate di Rebecca erano famose in tutto il circondario perchè non c'era muro, siepe, recinzione, parete che riuscisse a trattenere l'assordante potenza delle sue urla che dilagavano in ogni casa e strada nel raggio di duecento metri. Nonostante la sua furia esplosiva, Rebecca era considerata una ragazza modello, la perfezione della perfezione perchè nessuno, nemmeno mamma e papà, osava contrastarla in alcun modo.
Neanche Tea aveva voglia di scatenare l'iraconda Rebecca e rispose accondiscendente: «Può darsi che tu abbia ragione. Probabilmente l'avrò letto in un libro di fantasia come dici tu»
«Ovviamente, non probabilmente» la corresse Rebecca.
Tea desiderò che le spuntasse un brufolo enorme sul nasino a punta, spocchiosa di una sorella che non era altro. Guardò il suo soufflé che lentamente si stava sgonfiando. Meglio concentrarsi sulla cena, parlare con quei tre era una perdita di tempo e di energia. Era certa che non le avrebbero dato nessuna informazione utile. Tea prese il cucchiaio e assaggiò il soufflé.
La mamma, tornata di un colorito normale, decise di cambiare velocemente argomento, prima che si verificasse qualche altro battibecco.
«Domani è l'equinozio di autunno e ci sarà la fiera, lo ricordi vero Tea? Oh, il tempo è volato! Sembra solo ieri che abbiamo iniziato a predisporre le decorazioni. Io e le mie amiche del comitato di quartiere abbiamo quasi ultimato tutti i preparativi, e lo dico con un certo orgoglio» la mamma fece una pausa, secondo lei ad effetto, per sottolineare meglio le sue parole.
«Quest'anno ci era stato assegnato il compito più importante e impegnativo di tutti. Io, Titti e Verbiana ci siamo superate: ogni fiera che si rispetti deve avere le sue decorazioni e quelle di quest'anno saranno le più belle mai viste!» continuò la mamma tutta contenta, applaudendosi da sola.
«Avremmo solo bisogno di un minuscolo aiutino per gli ultimi ritocchi, sapete, giusto per definire i dettagli degli addobbi più piccoli. Si tratta di magie semplici: catenine di foglie brillantinose, festoni di lucciolotte apicotte e pon pon di anemoni ultravioletti. Tea vorresti venire ad aiutarci domani mattina? Rebecca si è già unita a noi tempo fa ed ha creato un arco di ingresso alla fiera f-a-v-o-l-o-s-o!»
Rebecca sembrò crescere di un palmo ad ogni lettera della parola favoloso scandita dalla mamma.
Tea si infilò una cucchiaiata enorme di soufflé in bocca per prender tempo. Lei era un disastro con le magie semplici, ancor più che con quelle complesse. E poi non aveva nessun gusto estetico né alcuna capacità di accostare colori e forme. Solo l'idea di umiliarsi davanti a Rebecca le dava la nausea.
«Scusa mamma» rispose ingoiando il gigantesco boccone «Vi avrei aiutato volentieri, davvero. Mi dispiace molto ma domani non posso, ho già preso un impegno. Ho promesso a Lorenz che l'avrei aiutato con gli incantesimi di materializzazione. Verremo più tardi alla fiera, quando avremo finito di esercitarci, va bene?»
Prima che la mamma avesse il tempo di insistere per ottenere la sua collaborazione, Tea si alzò dalla tavola, con la scusa di dover finire i compiti, non un granché come scusa considerato che il giorno dopo era sabato e non si andava a scuola. Per fortuna nessuno sembrò farci caso e Tea riuscì a raggiungere la sua stanza incolume. Chiuse la porta, finalmente in salvo dalla propria famiglia. Si tuffò sul letto esausta ed, ancora vestita, cadde in un sonno profondo.
Era notte fonda quando si svegliò di soprassalto.
Il sonno le aveva portato consiglio: forse sapeva chi avrebbe potuto aiutarla a raggiungere il Mondo Altro.

Tea e il Mondo AltroWhere stories live. Discover now