«Pensiamoci dopo, adesso andiamo da un medico e vediamo cosa può fare per tutto...» mi indicò «Questo...» sospirò debolmente a causa del pianto, mia madre. Le sorrisi e annuì in segno di risposta. «Io chiamo la polizia» disse mio padre e senza nemmeno avere una risposta, partì subito.

Salto temporale:

Passarono giorni da quel momento e da allora ebbi più ricevuto altre visite indesiderate da Kevin.

Solo bigliettini con numerose minacce e descrizioni dettagliate sui possibili modi in cui mi avrebbero rapito.

In questo momento ero in camera mia, sdraiato sul letto e con le orecchie ben aperte per ascoltare ogni singolo rumore. Era oltre una settimana che fingevo di avere mal di pancia per non andare in palestra, rimandandola alla settimana successiva. Non volevo più uscire di casa, perché avevo la costante paura che potessi assistere all'omicidio degli agenti che mi avrebbero accompagnato, perché si. Mio padre ha fatto la denuncia ed è stata accolta immediatamente. La procura aveva assegnato a tutte le pattuglie di essere sempre nei dintorni, ovunque io sia e di avvertirli per ogni nostro spostamento.

Ero alla loro massima sorveglianza, eppure non vedevano mai nessuno entrare in camera mia.

Nonostante tutto, non mi sentivo al sicuro, ma non avevo paura che mi potesse rapire, perché molto probabilmente avrei cercato di scappare fino a quando non ci sarei riuscito.

La cosa che mi metteva timore era la morte. Non volevo morire, anzi non voglio morire. Voglio vivere la mia vita così com'è e non rischiare di essere ucciso da degli psicopatici.

Mi alzai dal letto con l'intento di andare in bagno, ma un rumore al piano di sotto mi fece sobbalzare.

Ero sicuro di essere da solo in casa.

Decisi comunque di andare in bagno e chiudermi dentro, madre natura chiamava troppo per andare a controllare cosa fosse stato. Cercai di convincermi che fosse stato il gatto.

Feci i miei bisogni naturali e mentre pulivo il tutto, sentì la maniglia cigolare.

La iniziai a fissare e potevo sentire il mio cuore accelerare i battiti. Lasciai cadere nel water la carta igienica e tirandomi su i pantaloni leggermente abbassati, scaricai.
Tolsi le ciabatte e silenziosamente entrai nella doccia che chiusi subito dopo.

Mi sedetti e fissai la maniglia per uno svariato numero di tempo, ma non successe nulla.
Poi mi ricordai che per qualche qualsiasi cosa avrei dovuto avvisare le guardie, così mi affrettai a cercare quel pulsante di allarme che dovevo tenere sempre con me, ma non lo trovai.

Mi sarà caduto sul letto dato che ho le tasche larghe. Dannazione!

Uscì dalla doccia pensando e convincendomi di aver avuto un'allucinazione dovuta dall'ansia che ho avuto in questi giorni, scaricai nuovamente l'acqua del water senza un motivo logico e mi lavai le mani, ma proprio mentre mi asciugavo, la maniglia iniziò a muoversi freneticamente.

C'era qualcuno in casa ed io ero convintissimo di essere da solo.

Entrai nuovamente nella doccia e mi accovacciai in un angolino di essa, come se potesse proteggermi.

Era lui? Era Kevin Lee? O era semplicemente mio padre che adora farmi questi scherzi da sempre? Anche se non li fa più da quando ho avuto il primo bigliettino.

Una parte di me continuava ad essere speranzosa, ma l'altra parte sapeva perfettamente che era lui.

Appena sentì dei passi allontanarsi, mi alzai e aprì la porta lentamente.
Scesi silenziosamente al piano di sotto senza girarmi indietro e diressi in cucina in modo da avere a disposizione qualche arma con cui difendermi.

RibelleWhere stories live. Discover now