RISORGERE PER TRIONFARE II

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Roma, 1822.

Un brusìo si levò nella stanza.

«Che significa sono scappati?» Sbottò Renato irritato alla guardia mentre sorreggeva il corpo del vescovo.

«I ribelli... sono entrati nella cella...»

«E voi dove eravate?»

«Noi... c'è stato il cambio di turno...»

I sotterranei del Vaticano erano inviolabili. Almeno così si credeva. I sanfedisti furono chiamati a rapporto e interrogati uno per uno. Nessuno riusciva a capacitarsi di come due prigionieri fossero riusciti a volatilizzarsi. Renato, dopo aver accompagnato il Vescovo nei suoi appartamenti e averlo lasciato alle cure dell'archiatra, aveva ispezionato a fondo la cella in cui erano rinchiusi i suoi ex compagni di stanza. Non aveva trovato nulla che potesse suggerire una fuga, nemmeno le sbarre parevano essere state violate. Rimaneva l'ipotesi soprannaturale, ma per indole, Renato non credeva nei fantasmi, tantomeno nella magia. Il che era piuttosto paradossale, dal momento che il suo statuto prevedeva che lui credesse ai miracoli. Ritenerlo un segno divino? No, la lotta dei ribelli al Santo Padre e allo Stato Pontificio non poteva essere benedetta dal Signore. Perciò doveva esserci un'altra spiegazione, escludendo il fatto che i sanfedisti fossero utili quanto un crocifisso all'inferno, anche se Renato non l'avrebbe certo trovata fissando una stanza vuota nella speranza che apparisse qualcosa che aveva già constatato non esserci. Quando il seminarista salì per raggiungere gli appartamenti del Vescovo, si scontrò con il ragazzo addetto alle cucine. Il compagno lo guardò con aria sprezzante.

«Finito di fare il tuo dovere?»

E senza aggiungere altro, se ne andò per la sua strada. Quando l'archiatra uscì dalle stanze del Vescovo si trovò di fronte un Renato assorto nei suoi pensieri.

«Sua Eccellenza ha chiesto di voi, non gli rimane molto tempo. L'attacco di cuore è stato troppo e il suo fisico... era già molto provato.»

Il seminarista entrò insieme ad un altro vescovo, pronto a raccogliere le ultime confessioni del collega e praticare l'estrema unzione. Tutta la stanza era permeata di un odore di morte misto a sudore e odore di chiuso.

«Sua Eccellenza sentiva molto freddo anche in estate. E poi ultimamente temeva che se avesse lasciato aperte le finestre, qualche ribelle se ne sarebbe approfittato per sgattaiolare dentro.»

Renato alzò gli occhi alla giustificazione del vescovo.

«Naturalmente.È risaputo che i ribelli sono soliti spostarsi in volo e siano dotati d'ali d'arcangelo.»

«Ragazzo...»

Il seminarista si avvicinò al letto del Vescovo, ignorando l'odore acre di sudore.

«Sì Eccellenza, volevate vedermi?»

«Il mio tempo è arrivato prima di quanto pensassi. Nostro Signore mi vuole con sé, ma fortunatamente io avevo già pensato a tutto. Avvicinati...»

Renato si chinò trattenendo il respiro.

«Dentro il cassetto della mia scrivania c'è un doppio fondo. Prendi il mio testamento e conservalo, c'è la garanzia della tua nomina a Vescovo quando sarai più maturo. Per quando uscirai dal seminario, ti ho garantito un posto come insegnante in un seminario fuori di qui e un posto come parroco una volta che don Gregorio se ne sarà andato. Credo che soltanto tu possa far fronte alla tradizione che pare appartenga a quel seminario...» un colpo di tosse lo obbligò a fermarsi. «All'interno di quelle mura. Vedi, sono giovani e quindi molto confusi, più esposti alle idee della Carboneria e agli ideali che ormai hanno preso piede fuori dallo Stato Pontificio rispetto a quanto lo eravate voi e come vedi, la cosa non ha dato molte garanzie. Sono certo che farai la cosa giusta...»

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