3: Incontro (esplosivo...)

9 0 0
                                    

Guardo il letto spoglio. Sulle coperte malandate e sporche spicca un top viola orlato di ricami, con una scia di brillantini che evidenzia lo spazio - immagino - riservato alle tette.

Che carina. Hazel mi ha lasciato il top che voleva mettessi. E io vorrei tanto riuscire a farlo. Jason è passato qui poco fa e la ha portata alla festa. Io e Nico siamo a casa, con questa pioggia nessuno dei due ha voglia di uscire. O voglia di stare all'aria aperta. Beh, quella Nico non la ha mai, perciò non è una novità. Ma se oggi vuole stare rintanato in casa io so per certo che non è per la sua decennale repulsione per gli spazi aperti. Non questa volta. 

Vado allo specchio, le mie dita sfiorano l'orlo della maglia che porto. In un impulsivo attimo di coraggio l'afferro e la alzo, costringendomi a guardare l'immagine riflessa in quella perfetta superficie lucida testimone della reppellente e vergognosa verità.  Cerco di non vomitare. 

Il busto è più pallido di quanto ricordassi. Sulla pelle bianca spicca con orribile chiarezza il serpente esangue disordinato della mia cicatrice, in una inconcepibile e estremamente brutta stonatura con il resto. E' una sfumatura lampante di imposizione innaturale: mi spacca la pancia in due come un fiume letale in un paesaggio, e si arrampica padrone sul mio corpo fino a nascondersi sotto la stoffa del reggiseno. 

Il mio stomaco gorgoglia come una pentola che bolle in un fuoco lento di repulsione.

O dei, è orribile. 

Lascio ricadere la maglia in fretta e furia e il sussurro di stoffa che sfiora la pancia, fino a superare i pantaloncini, nasconde sotto un velo di vergogna la mia stessa repulsione. Tiro un sospiro di sollievo per la tranquillità di non averla più davanti agli occhi. Il senso di orrore e disgusto stava diventando così acido da essere insopportabile, sfiorava ogni limite. Avrei davvero avuto bisogno di liberarmene in un sano conato di vomito per far riabbassare il suo livello. Farlo confluire in tutta la torbida vergogna e sfociarlo in un getto liberatorio.

Alla fine non faccio nulla di tutto ciò. Raccatto i vestiti che mia sorella mi ha messo sul letto e li rimetto velocemente nella sua camera. Prima di andare ha anche pulito il pavimento da tutti quei disegni che non le piacevano. Meglio così, non devo più fare il salta disegno olimpico per raggiungere il suo letto. Certo, conoscendola non durerà più di tre giorni, ma mi accontento di ciò che ho.

Fuori un lampo illumina la casa in un bagliore maligno, seguito immediatamente dal rombo rude del tuono. La mia reazione inconscia e naturale è quella di sobbalzare. Scuoto la testa, ricordandomi per l'ennesima volta che ho chiuso tutte le finestre. Non c'é alcuna possibilità che qualcosa di questa tempesta entri dentro. 

La casa è stranamente silenziosa oggi. Fatta eccezione del temporale, nessun rumore aleggia nell'aria. Eccetto l'immaginario e opprimente sospiro di mia madre, una presenza inesistente e fittizia. 

Okay, basta. Scaccio i ricordi e le sensazioni scuotendo la testa, come se fossero fastidiosa acqua bagnata e scrollandomela di dosso con un gesto brusco potessi liberarmene definitivamente. A volte rimango sorpresa di quanto io stessa mi illuda. Ho ancora un sacco di cose da fare e se continuo a preoccuparmi di Hazel e rimanere annegata nel passato non ce la farò mai. Deve venire Percy a riparare le tubature, devo controllare come sta Nico...

Cazzo. Nico.

La consapevolezza della sua presenza qui mi colpisce in pieno come uno schiaffo. Solo l'incredulità di essermene ricordata solo adesso mi spinge a muovermi, stringendomi lo stomaco in una morsa di sensi di colpa e sorpresa. Non posso credere di essere riuscita a lasciarlo solo in una giornata del genere, con il vento che scuote le finestre e i lampi che illuminano di luci terrificanti e ricordi dolorosi le pareti. Un tuono rompe di nuovo la calma della casa, scoppiando la bolla di farisaismo idilliaco e raccapricciante silenzio. Il temporale continua a imperversare fuori, rumoroso e evidente, come un orribile e imperturbabile monito della mia colpa. Mi batto una mano sulla fronte, giusto per sottolineare con un dolore fisico la mia deficienza, e poi corro nella sua stanza. 

Natura Morta/ Bianca Di AngeloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora