3.1 Time to call your bluff

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Che diavolo ho fatto?

In tutti quegli anni aveva solamente alimentato l'idea del tutto irrazionale di poter avere il totale controllo della sua vita, della realtà che lo circondava, perché quello era l'unico modo che conosceva per non crollare.

A quel pensiero, gli venne in mente il vecchio Phoenix e la carta che aveva riservato a lui assieme al suo implicito consiglio. Un consiglio detto, di sicuro, con amore e con pazienza, ma che probabilmente lui non avrebbe ascoltato nemmeno se fosse stato pronunciato ad alta voce.

L'Appeso...

Presunzione, orgoglio, superbia, egoismo. Liberarsi da tutti quegli aspetti negativi era l'unico vero sacrificio che gli era stato richiesto per poter essere davvero il Sale della Terra e lui l'aveva fatto. Aveva rinunciato a sé, accettato di scomporsi per ritornare integro. 

L'aveva fatto, sì, ma solo per quell'unica volta, sei anni prima. Dopo si era sentito ancora più forte, ancora più sicuro. Aveva creduto talmente nelle proprie capacità da perdere di vista i propri limiti. E, errore ancor più grande, aveva creduto di poter fare tutto da solo, senza l'aiuto di nessuno.

Davvero un bel modo di affondare, Raven, non c'è che dire!

A essere totalmente sincero, non riusciva a non godere di quel pensiero. Perché era pur sempre Raven: non contemplava l'immagine della fine, non accettava per se stesso l'etichetta del fallimento. Doveva trovare comunque qualcosa per cui gongolare, qualcosa per cui sentirsi superiore. Stava ancora disegnando su di sé i panni di piccolo Davide, che crede follemente di poter tirare giù il grande Golia con un sasso.

Un sasso!

Non gli restava più nemmeno quello. Isolato dalla Terra, che era la sua vera madre, la sua unica forza, la culla di ogni suo benessere silenzioso e interiore, sentiva di non avere più nulla in mano. Aveva giocato tutte le sue carte ed era stato costretto a svelare il suo bluff.

No, sono io il vero bluff.

Alla fine di quella partita doveva pur ammetterlo, e per giunta di fronte al giudice più severo: la propria intelligenza.

Socchiuse gli occhi, lasciò scivolare la mano sulle labbra in un gesto disperato.

Che diavolo ho fatto?

Aveva permesso che prendessero Charles e, così facendo, aveva implicitamente siglato la morte di Phoenix e messo una taglia su Swan e Eagle, perché era improbabile che i Maestri si fidassero ancora di loro. E lui? Cosa ne sarebbe stato di lui, a quel punto?

Non ci aveva mai ragionato davvero. Era sempre stato talmente sicuro della propria posizione da credere di non poter perdere l'equilibrio e cadere da quel piedistallo d'oro sul quale si era proiettato per tutta la vita.

Sapeva anche perché si era concesso quel lusso che chiunque altro avrebbe definito folle: perché, per quanto si fosse ostinato a ignorarne l'esistenza, una parte della sua coscienza sapeva che suo padre gli avrebbe sempre guardato le spalle. Quell'affetto invisibile e assente che lui aveva cancellato trent'anni prima era sempre stato il telone di sicurezza al quale non rivolgeva mai lo sguardo, ma che sapeva essere lì.

Sì, suo padre lo avrebbe tirato fuori dai guai anche quella volta. Lui era il Raven, ultimo discendente della Famiglia più potente della Congrega, quella che aveva servito la causa più a lungo e con maggiori sostanze. Non lo avrebbero ucciso, non potevano farlo. Suo padre non lo avrebbe permesso.

Fu in quel momento che tutto, improvvisamente, divenne chiaro. Raven spalancò gli occhi nella penombra di quel triste scenario e si mise a sedere di scatto, puntellandosi sulle mani aperte. Si sforzò di respirare perché il fiato gli venne a mancare, a dispetto dei turbini di vento che sferzavano la stanza e il suo petto.

Laminae [SEQUEL di OPERA]Where stories live. Discover now