2.12 Tower's Callin'

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"Raven".

"Sì, Maestro?".

"La Congrega è stata riunita per domani sera alle venti".

Raven studiò il volto del Primo Maestro senza replicare. D'altra parte, visto il suo grado di iniziazione, non ci si aspettava che avesse qualcosa da dire, ma solo che registrasse quanto gli veniva comunicato.

Con il senno di poi, doveva ammettere a se stesso di aver avuto più voce in capitolo come Custode che come futuro Maestro. Nel primo caso, infatti, gli erano stati concessi capricci e colpi di testa. Nel secondo, invece, ci si aspettava da lui solo una cieca obbedienza. Qualcosa che Raven sapeva mostrare, ma non esattamente dimostrare.

L'anziano signore lo squadrò per tutta la sua lunghezza. Di certo stava valutando il suo silenzio, per capire cosa stesse pensando davvero. Era sempre stato così tra loro e si conoscevano ormai da così tanti anni da potersi concedere quel lusso reciproco.

"Abbiamo già predisposto ogni cosa per la Cerimonia. Recupera il bambino e assicurati che sia pronto".

Una sirena d'allarme cominciò a risuonargli nella testa con una ossessività che avrebbe potuto portarlo allo stordimento.

Non è pronto, non è pronto!

"E porta qui Eagle".

A quell'ultima frase, Raven sentì il sangue prosciugarsi nelle vene. Cosa significava quella richiesta? Sapevano che Eagle era a Londra?

Pur senza volerlo, la sua mente era entrata in frenetica agitazione e iniziava a scagliargli contro frammenti di pensieri, rapidi e sconnessi, che si accatastavano tra loro dandogli l'esatta prospettiva della sua preoccupazione. Su tutto, una frase iniziò a vorticare senza lasciargli scampo. Le parole del Bardo, che lui aveva sempre amato, si ripresentavano a illustrargli crudelmente i suoi più profondi timori:

La colpa è sì piena di sospetti che si scopre da sé per la paura d'essere scoperta.

Era vero, verissimo. E poteva accadere anche a lui. Soprattutto a lui, che di colpe nascoste ne aveva collezionate tante.

"Se parte adesso, sarà a Londra stanotte".

La voce del Maestro, incurante della sua agonia interiore, lo risvegliò da quei ragionamenti contorti e lo trascinò in salvo, fugando almeno per il momento le sue ansie.

"Me ne infischio del jet lag e di qualsiasi altra scusa da femminucce", proseguì l'anziano signore. "È un Custode, i suoi poteri funzionano in qualsiasi condizione, basta che respiri".

"Farò il possibile", abbozzò Raven in risposta.

L'uomo lo squadrò con un'espressione per nulla indulgente.

"Il possibile lo fanno le persone comuni. A te tocca fare di più, lo sai".

Suonava come una minaccia e probabilmente lo era davvero. Raven rimase da solo, immobile, a controllare una per una le carte che gli erano rimaste in mano. Bluffare a poker era un'arte che conosceva bene, ma non sempre era sufficiente a vincere la partita.

Al mio spirito in colpa ogni sciocchezza sembra preludio ad una gran disgrazia.

Quella frase gli ritornava in testa, ancora e ancora, e non lo faceva più respirare.

֍

Raven trascorse l'intera giornata in modo pressoché inconcludente. Il suo cervello era tanto efficiente quando aveva chiaro il procedimento da seguire, quanto bloccato quando credeva di non avere controllo sul processo.

Laminae [SEQUEL di OPERA]Where stories live. Discover now