2.1 Gazing across the wasted years

Începe de la început
                                    

When I saw the break of day I wished that I could fly away...

Raven scandagliò gli angoli della sua memoria. Era una canzone vecchissima, del periodo in cui erano ancora ragazzini. Quando Swan era appena arrivata a Fulham. Non ne ricordava nemmeno il titolo ma, chiudendo gli occhi, gli sovvenne che spesso il vecchio Phoenix la metteva su per farla addormentare. Si chiese perché avesse scelto proprio quel brano soffice  e suadente. Riusciva a rammentarlo? O era solo uno sbiadito riflesso sbucato inconsapevolmente dai suoi ricordi danneggiati, senza che lei sapesse davvero legarlo a una scena precisa?

Si girò appena, sollevando lo sguardo oltre la spalla, quando udì i suoi passi. Lei apparve nel vano della finestra, con un maxi pull tirato fino ai fianchi a proteggersi dal freddo, i leggings neri e una tazza fumante tra le mani.

Uscì e si sistemò in silenzio su una delle poltrone che riempivano quello spazio verde e intimo, sospeso al margine della notte.

Raven rimase a guardarla a distanza, senza mutare di un millimetro la propria posizione.

"Charles si è addormentato?", domandò.

La ragazza si limitò ad annuire e chinò il viso sul mug.

"Sta bene?".

Dopo aver tirato su un altro sorso bollente, lei gli ricambiò lo sguardo.

"Oh, per il momento sembra entusiasta di ogni cosa".

Raven scosse il capo e tornò a fissare la notte.

"Non ha preso affatto da suo padre, allora", commentò con ironia.

Swan sorrise suo malgrado.

"Ha detto che il tuo appartamento è spaziale".

"Spaziale?", ribatté lui con una risata.

"Già, spa-zia-le", confermò lei fingendo di esser seria quanto lo era stato Charles nell'esprimere il suo giudizio. "Trova solo che sia troppo piccolo e con pochi giocattoli".

Raven, a quelle parole, non riuscì più a contenere la sua ilarità.

"Giocattoli? Posso darti dei preservativi per farne dei palloncini, se ti va".

"Sei terribile!", sbottò Swan, e si raggomitolò ancor più sulla poltrona fingendosi offesa.

Quel broncio fece illuminare ancor più il sorriso ironico di lui.

"Perché? Ne ho anche di colorati".

"Raven!".

Quella volta la voce di Swan aveva davvero raggiunto la sua nota più acuta. Le orecchie di Raven protestarono talmente tanto da riportarlo alla compostezza.

"Lo sai, no?", proseguì lei con tono deciso, "che se provi a fare una cosa del genere, Phoenix ti uccide?".

Raven chinò le ciglia scure e non rispose. Tirò una boccata dal sigaro e la espirò lentamente.

"In qualsiasi versione della storia alla fine Phoenix mi uccide", replicò serissimo, "quindi perché dovrei preoccuparmi?".

Lei gli lanciò un'occhiata dolente, con la quale gli accarezzò piano la schiena.

"Raven, perché lo stai facendo?".

La domanda, trasmessa dall'aria tesa di quella notte, gli arrivò come l'eco di una felicità lontana e dimenticata. Si ostinò a dare le spalle alla ragazza e la obbligò a una lunga attesa prima di concederle una replica.

"Perché ho avuto paura tutta la vita. Non ho fatto altro che sfuggire ciò che mi minacciava, che poteva mettere in crisi la mia esistenza, e adesso sono stanco di quello che sono stato".

Quella volta fu lei a lasciare cadere le sue parole nel vuoto di un respiro trattenuto nel petto. Fissò il contenuto della tazza, incapace di arginare quell'emozione che Raven le aveva lanciato contro. Le aveva ricordato un'altra notte e un'altra rivelazione che, in un tempo ormai sepolto, le aveva trafitto il cuore. Pensò che fosse meglio allontanare subito quei fantasmi. Cambiare argomento li avrebbe portati in salvo.

Si drizzò sulla schiena con un gesto energico e mutò l'espressione tesa di qualche istante prima in un sorriso lieve.

"Allora", esordì con un tono così allegro che Raven si sentì obbligato a girarsi verso di lei, appoggiando la schiena contro la balaustra, "mi hai voluta qui solo perché avevi bisogno di una baby-sitter o c'è dell'altro?".

Lui si passò il sigaro un paio di volte tra le dita. Sul viso gli si disegnò il lieve sorriso che aveva sempre quando si accingeva a spiegare qualcosa. Qualcosa che credeva in suo potere.

"Devi tenere Charles sotto controllo".

Swan sbatté le palpebre perplessa.

"Sotto controllo? In che modo?".

"Lo devi spegnere", puntualizzò Raven. "Lui non sa nulla dei suoi poteri, non ne ha ancora una reale percezione, e noi dobbiamo fare di tutto perché non li tiri fuori accidentalmente. Tu devi bloccare ogni possibile manifestazione, per questo ti voglio accanto a lui ogni istante. E voglio Eagle il più lontano possibile. Lui lo alimenta il fuoco, lo sai".

Swan annuì, come se le idee di Raven cominciassero finalmente ad apparirle nella loro chiarezza. Quel pensiero, però, non sembrò affatto rassicurarla. Al contrario, la fece piombare in uno stato di profonda angoscia.

"Cosa gli faranno?".

La voce le era uscita a stento. Raven chinò lo sguardo e gettò di lato il sigaro. In quel gesto stanco, arrendevole, sembrò volersi allineare alla prostrazione di Swan, sfiorarla nell'ombra di quella notte.

"Lo sottoporranno alle varie prove", rispose, confermando le paure di lei.

Swan sospirò e gli nascose lo sguardo. Tutta la tensione che l'aveva sostenuta fino a quel momento scivolò via da lei. Sembrò accasciarsi sulla seduta, farsi più piccola, incapace di muoversi da sola, di controllare perfino il proprio respiro.

Raven la fissò dalla sua altezza trattenendo il fiato. Avrebbe voluto precipitarsi al suo fianco, stringerla a sé, rassicurarla, ma proibì categoricamente a se stesso di farlo. Nessun controllo. Nessuna tenerezza. Poteva solo guardarla a distanza e sperare che riuscisse a risollevarsi da sola.

"Tu davvero non ricordi nulla, Swan?", domandò con un filo di voce. "Avevi qualche anno più di Charles quando è toccato a te".

Lei scosse piano il capo e ricacciò indietro una lacrima, tentando di nascondergliela.

"Sai benissimo che non ho ricordi lucidi e distinti di quel periodo", ribatté.

Il suo tono, che voleva apparire duro, risvegliò in Raven una reazione del tutto diversa. Era un triste stupore, quello che provò osservando il suo dolore.

"Credevo che in tutto questo tempo e con una vita più tranquilla, tu avessi recuperato qualcosa", azzardò con tutto il tatto di cui era capace. "A volte succede, in casi come il tuo".

Swan scosse di nuovo il capo e, di colpo, puntò gli occhi nei suoi, come volesse inchiodarlo a quello sguardo, che vibrava azzurro nella notte blu.

"Ho ricordato solo una cosa con chiarezza", scandì.

Raven si sentì scosso da un brivido. Esitò a pronunciare la naturale domanda che sarebbe dovuta scaturire dall'affermazione di lei. Non era più sicuro di voler sentire la risposta. Aveva una paura cieca di sapere davvero ciò che aveva ricordato.

"Cosa?", mormorò infine, cosciente che un suo silenzio avrebbe generato altri e peggiori dubbi.

"Eagle".

Laminae [SEQUEL di OPERA]Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum