1.13 As long as you loved me

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"Appunto, hai accettato", puntualizzò. "Ma lo sai almeno cosa significa accettare? Significa scegliere di fare qualcosa. Significa dire di sì. Sì e basta, con tutto il cuore, senza segnare in un fogliettino a parte la lista di recriminazioni da tirare fuori alla prima occasione utile".

Prese una pausa, si alzò dal letto e si spostò per la camera, mentre Swan non gli staccava gli occhi di dosso.

"Io ho accettato che tu ti fossi invaghita di Raven", cominciò a elencare Eagle, con voce sempre più tirata. "Ho accettato il fatto che tu abbia deciso di starci insieme e poi ho accettato il momento in cui hai cambiato idea...".

"Chi sta facendo la lista delle recriminazioni, adesso?", lo interruppe lei risentita.

Eagle la ignorò e proseguì.

"Ma ho rinunciato al diritto di rinfacciarti le tue scelte alla minima difficoltà nel momento stesso in cui ho detto sì. Ti è chiaro adesso come funziona?".

Il suo tono era stato un crescendo di insofferenza che era esplosa in quell'ultima domanda. Swan sentì di non poter sopportare oltre quella situazione che la faceva sentire come un imputato inchiodato al banco del proprio processo. Strattonò le lenzuola a coprirsi nervosamente le gambe.

"Dio mio, Eagle!", sbottò brutalmente ironica. "E quando potrò mai essere all'altezza della tua perfezione?".

Lui si bloccò al centro della stanza e la fissò dai piedi del letto, abbattuto, come se lei lo avesse colpito nel suo punto debole.

"Non sono affatto perfetto e non credo di esserlo", replicò con voce disarmata. "Ho commesso più errori di quanto non pensi, e i più gravi proprio con coloro che amavo, purtroppo".

Swan serrò le labbra, non rispose. Quella replica l'aveva ammansita di colpo. Perché stava parlando di lei. In un modo parecchio contorto, Eagle stava cercando di ammettere i propri sbagli e forse di chiedere scusa. Quel pensiero, suo malgrado, le addolcì il cuore. Nascose di nuovo il viso tra le ginocchia.

"Forse perché chi ama di più spesso è anche quello che sbaglia di più", mormorò.

Eagle la studiò con attenzione. Era così piccola, raggomitolata su se stessa, persa nella sua insicurezza. Incapace di attaccarlo davvero ma anche di scrutare dentro di sé, restava in bilico tra la luce e l'ombra, tra la voglia di scappare e quella di abbandonarsi tra le sue braccia. Lo sentiva, lo fiutava, perché Swan era una parte della sua anima. Resistette all'impulso di avvicinarsi a lei, di stringerla, di accarezzarla, perché sapeva che sarebbe stato l'ennesimo errore di cui si sarebbero pentiti il mattino dopo. Lasciarsi andare all'amore per una notte e non riuscire a rivolgersi la parola senza aggredirsi il giorno successivo era una tortura che avevano già sperimentato e che non aveva più la forza di affrontare.

Scosse il capo e sorrise con amarezza.

"Be', almeno ho la certezza di aver amato, allora", concluse triste.

Swan lo inchiodò con un'occhiata diretta e senza lacrime.

"Aver amato...", ripeté con una strana consapevolezza nella voce, lasciando cadere nel vuoto quelle parole.

Tacque e rimase a fissarlo mentre si aggirava per la stanza e impilava sul braccio un paio di pantaloncini e una maglietta.

"Fin quando tu mi amavi", sussurrò mentre lui era chino a osservare gli indumenti che aveva afferrato e non la guardava, "sapevo di essere in salvo".

Eagle si drizzò sulla schiena e fissò la finestra. Il suo profilo si disegnò di fronte a lei, gli occhi rivolti verso un punto lontano, la linea del naso perfetta, le labbra socchiuse, una ciocca di capelli scivolata sul collo. Sembrava teso a cercare qualcosa, un filo d'aria, una stella, una certezza che gli sfuggiva.

Laminae [SEQUEL di OPERA]Where stories live. Discover now