CAPITOLO 1

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La notte stava calando e nella piazza di Stealford si sentì rimbombare il suono dell'imponente orologio, segnava le 12:00.
La luce della luna accompagnava le strade circoscrivendole in un confine che si estendeva fino alla spiaggia, poi buio. Dall'altro lato della piazza, sulla Old street, accanto al caffè, si poteva ammirare la chiesa di Saint Theresa, che aveva 2 torri campanarie, di cui soltanto una era accessibile. Era luogo di incontro di molti giovani e salendoci era possibile godere di una vista mozzafiato, c'era anche un telescopio, messo a disposizione dall'università del posto, per gli studenti appassionati di astronomia.
E poi Hel. Particolarmente legata alle fasi della luna, era per lei come se essa stessa la stesse chiamando ad osservarla, insieme alle sue figlie stelle e costellazioni, saliva sulla magica torre e restava lì, fino all'alba.
Le piaceva sentire la notte sua, assaporarla in ogni sua sfaccettatura: oltre da un punto di vista estetico, godeva del silenzio, della serenità, di quella pace che ricercava per tutto il trascorrere di una giornata, e non ne era mai stanca, nonostante le sue scarse ore di sonno.
Ed era come se il tempo si fermasse, come se qualcosa la costringesse ad andare lì regolarmente, quasi ogni notte, e a lei non dispiaceva.
Era una ragazzina ambiziosa e carismatica, molto matura rispetto ai suoi coetanei, che al contrario la ritenevano troppo tranquilla, a volte misteriosa o strana.
Aveva 19 anni e si era trasferita da in Georgia a 13, in seguito alla tragica notizia della perdita della madre, Diana, che l'aveva resa abbastanza vulnerabile.
La sua infanzia infatti, non fu uno dei suoi periodi migliori: quando aveva sei anni, non vedeva quasi mai i genitori, che la affidavano alla vicina, la signora Marie, con cui passava le sue giornate e si divertiva a giocare con i suoi gattini e suo figlio Albert.
Albert era il suo fidanzatino all'epoca, era capace di farle dimenticare i suoi per un pò, l'accettava per quello che era e la faceva sentire speciale e importante. Glie lo ripeteva ogni giorno. Le diceva anche che in un fururo si sarebbero sposati, che sarebbero stati felici e non avrebbero lavorato, per stare tutto il tempo insieme e non ridursi come i loro genitori.
Non avrebbero avuto nemmeno dei bambini perchè erano fastidiosi e volevano troppe attenzioni, ma magari qualche animaletto.
Il sabato e la domenica, i genitori di Hel stavano a casa, ed erano gli unici giorni in cui riuscivano a stare un po insieme.
Poi a 12 anni, iniziò a sentirli litigare spesso e alzarsi le mani.
Ogni tanto uno dei due dormiva sul divano, o se ne andava di casa, per sparire per qualche giorno e poi tornare.
Un pò di tempo dopo a Diana venne diagnosticata una brutta depressione, e girarono voci nel paese, che fosse "pazza", "da rinchiudere".
La piccola passò i giorni chiusa in camera, a piangere, pensando di non meritare tutto quel dolore.
E poi, dopo il suo sedicesimo conpleanno, successe.
Lì avrebbe potuto ricominciare, dimenticare i brutti pensieri, sentirsi rinata e libera.
Aveva rotto anche con Albert, sarebbe stato ancora più difficile stare con lui sapendo di non poterlo più vedere.
Nella sua scuola era etichettata come quella che non parla mai ma a cui piace studiare, con una vita noiosa e monotona, ma lei non si vedeva così.
Sarebbe piaciuto anche a lei partecipare a qualche festa, se solo avesse avuto con chi andarci, e se l'avessero invitata.
Le piaceva l'arte, la letteratura e la filosofia, amava fare lunghe passeggiate nei boschi, i picnic, correre sotto la pioggia, e usava poco il telefono.
Lo considerava una sottrazione di tempo, uno svago inutile che le avrebbe soltanto causato dipendenza, e c'erano molte cose ancora che avrebbe potuto vivere, invece di incollarsi per ore davanti a uno schermo.
Quella mattina era di buon umore, decise di incontrarsi con il suo gruppetto di amici, inviò l' SMS : "Vediamoci in biblioteca alle 7:00, tra un'ora ho lezione."
La biblioteca era uno dei suoi posti preferiti, considerava i libri come una sorta di rifugio dove si recava ogni volta che voleva fuggire via da tutto.
Iniziò ad avviarsi, nel frattempo i capelli le si gonfiavano per via dell'umidità nell'aria: aveva piovuto poco prima. Indossò le cuffie e subito i suoi grandi occhioni grigi-azzurri cambiarono espressione. Quando vide in lontananza che i suoi amici erano già lì, arricciò il naso e alzò il passo, nascondendo un sorriso imbarzzato.
<<ciao Hel...>> si sentì balbettare una voce tremolante
<<ciao Jess>> rispose lei
<<prima c'erano anche gli altri con te, dove sono andati?>>
<< sono andati a prendere qualcosa da mangiare, hanno lasciato me qui ad aspettarti. Prendono qualche cornetto e poi facciamo colazione in biblioteca, ti va?>>
Jess era la ragazza più piccola del gruppo, aveva compiuto da poco 16 anni. Aveva un corpicino minuto, il viso tempestato da lentiggini, i capelli di colore rosso acceso e un paio di occhi neri, a volte inespressivi.
"il carattere se la mangia" così le diceva molta gente: i suoi modi di fare fini, il suo essere così ingenua la bloccava in molte situazioni.
<<si, raggiungiamo gli altri o aspett->>
non fece in tempo a finire la frase che l'amico, correndo verso di loro, la interruppe
<<mani in alto! Ho i croissant!>> e scoppiarono a ridere.
Nel frattempo il resto del gruppo li aveva raggiunti, così entrarono in biblioteca.
<<quindi, come va l'università?>>
<<difficile, studio tutto il giorno, non dormo quasi mai>> accennò Ray
<<si vede! Hai delle occhiaie!>>
<<Hel tu come stai?>>
<<Bene>>
<<La scuola?>>
<<Tutto ok. Non è una passeggiata ma mi piace e mi trovo bene>>
<<tu invece Jess?>>
<<è come se volessero uccidermi, e non è uno scherzo. Vengo ancora presa di mira da quei bulletti del cazzo e dato che sono timida non riesco a difendermi e rimango sempre paralizzata. Tra loro però ho notato una tipa nuova, chissà chi è. Non mi dà fastidio o altro ma è nel loro gruppo, e non penso nemmeno che sia del liceo, perchè si vedono solo nelle ore libere>>
<<devi imparare a difenderti. I professori parlano solo ma non possono farci nulla di concreto. Fatti valere, che ne so, trova il modo per ricattarli e sputtanarli>>
<<si..>>
<<È da un pò che ho scoperto gli Artick Monkeys, sono bravi>>
<<Anche io ho iniziato ad ascoltarli, adoro l'album Favourite Worst Nightmare, ho sentito che ci sarà un concerto>>
Hel passò dall'essere presente e attiva nella conversazione ad ascoltare passivamente, qualcosa la distraeva.
<<vi va se ci andiamo tutti insieme?>>
tutti esclamarono, entusiasti dell'idea, un si, tranne Hel
<<Hel??>>
La ragazza nel frattempo si era fermata a guardare lo scaffale dietro di loro, prese ad analizzare ogni libro: prima la copertina, la pagina di mezzo, infine l'ultima pagina.
<<Che ti prende?>>
afferrò uno dei libri.
<<Niente, ho lezione tra 10 minuti, devo andare. Se non mi sbrigo faccio tardi>>
Intanto la bibliotecaria rimproverò i ragazzi per far tornare il silenzio.

Più tardi, a scuola...

<<ragazzi, la lezione è finita, potete andare, fate gli esercizi che vi ho assegnato.>>
<< Va bene prof>>
<<finalmente è finita l'ora, è stato un parto>> sorrise Tom
Hel non rispose
<<vuoi venire a casa mia a fare gli esercizi?>>
<<no, so farli da sola>>
<<ma io no>>
<<Arrangiati. E poi oggi ho da fare>>
Tom era il ragazzo popolare della scuola, quello che pensava di poter avere qualsiasi ragazza lui volesse, ma Hel non era interessata a lui, per questo continuava a tartassarla. Scopava con tutte, ma lei non cedeva. Le dava fastidio che qualcuno le andasse dietro, la irritava il fatto di sapere che qualcuno era disposto a prendersi cura di lei più di quanto non avesse fatto la madre, più di quanto non facesse lei stessa.
Driiin
La campanella della ricreazione emise un suono stridulo
<<mi sta ammazzando i timpani>> disse Tom
Hel appoggiò la testa sul banco.
I compagni si affrettarono ad uscire dalla classe per andare a mangiare fuori, qualcuno a fumare o a vedere gli amici degli altri corsi.
Nell'aula di biologia emerse una figura alta, magra, e con dei voluminosi capelli ricci, che la richiamò appoggiandole la mano sulla spalla.
<<Tom non ti voglio. Finiscila di scassare il cazzo.>>
<<è ricreazione>> non era la voce di Tom, ma di una ragazza.
Hel tirò fuori dallo zaino il libro che aveva preso in biblioteca
<<lo so>>iniziò a leggere
<<Che cosa leggi?>>
<<niente>>
<<come vuoi>> e uscì subito lasciando sul suo viso un'aria sorpresa.
Non era una sua compagna di classe, non l'aveva mai vista a scuola, ma si erano appena guardate e comportate come se si conoscessero da tempo. Pensò quindi che l'avesse scambiata per qualcun altro e tornò a leggere, senza dare molto peso a quello che era appena successo.
Si fermò appena finì la pausa, per andare nell'aula dove si sarebbe dovuta tenere la prossima lezione.
La vide.
L'altra si voltò, intercettando fugacemente il suo sguardo, per poi voltarsi di scatto, arrossendo.
<<Che c'è?>> la ragazza le andò incontro.
<<Non ho detto niente.>>
<<Mi stavi guardando. Comunque, ti va di sederci vicine?>>
<<Va bene>>
<<Il ragazzino biondo...come si chiamava..>> mormorò
<<Tom, si chiama Tom>>
<< Ecco, ti viene dietro, vero?>>
<<Sì>>disse con aria stanca. Riprese: <<perchè?>>
<<così. Non credi che dovremmo presentarci?>>
<<Se ci tieni.>> Non era da Hel comportarsi come una persona superficiale, presuntuosa.
<<Io sono Eden, piacere>>
<<Hel>>
<<Cosa stavi leggendo?>>
<<Nulla, te l'ho detto>>
<<Era una semplice domanda, eppure ti ostini a non rispondere. Non ti giudico se leggi le riviste pornografiche, sono gusti>>
<<Non era una rivista pornografica, non faccio così schifo>>
<<Mi hai appena detto che faccio schifo?>>
Hel cercò di trattenere una risata, sforzo inutile, che cessò appena le due si guardarono.
<<Ragazzi voglio presentarvi una nuova compagna, si chiama Eden. Frenquenterà con noi il corso di biologia e filosofia.>>
<<Io non ti ho mai vista qui>>
<<Lo so>>
<<Da dove vieni quindi?>>
<<Da un paese qui vicino, si chiama Crowland>>
<<Mai sentito>>
<<Perchè è poco conosciuto>>
Durante le lezioni non si scambiarono molte altre parole e quando finirono neanche si salutarono.
Fecero soltanto un cenno prima di andar via - che tradotto a parole poteva essere un "ci vediamo"- , seguito da un sorrisino dal quale si poteva intendere la medesima frase.
Hel era sulla strada di casa, quando sentì un tumulto assordante.
Si voltò: una grande macchina rosa zebrata, aveva appena tamponato un'altra, più piccola e meno vistosa.
Si sentirono gli schiamazzi:
<<Pezza di merda vuoi stare attenta!!>>
<<Oh scusami tanto tesoro>>
<<Le tue scuse me le ficco nel culo!>>
<<Eddai cerchiamo di ragionare>> Una ragazza scese dalla macchina più grande. Chi altro avrebbe potuto essere?

La storia di Hel: figlia della lunaWo Geschichten leben. Entdecke jetzt