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Ebbi tutto il tempo di sbollire o almeno per provarci. Feci un bel bagno caldo, mi cambiai completamente e gettai via i vestiti sporchi e strappati, finì di leggere un libro, ne cominciai un altro. Finii pure quello e lo riposi.
Il collo mi faceva malissimo, ma, dato che non sapevo dove mia madre tenesse il suo unguento curativo, coprì i segni violacei con un foulard e mi tenni il dolore.
Faccia da cammello mi aveva vista in quello stato pietoso e con estremo piacere avrebbe riferito tutto a mia madre, ne ero certa. Avevo circa mezza giornata prima di dover affrontare la mia punizione. Decisi di sfruttare quel tempo e sfogarmi: nonostante stessi meglio fisicamente ero nervosa e infastidita da tutto.
Attraversai silenziosamente i corridoi della residenza e uscì, controllando di non esser vista.

Trotterellai per le cucine, attenta a non infastidire troppo i grassi cuochi: due gemelli, fratello e sorella, alti circa quattro metri, larghi la metà e piuttosto irascibili. Vederli girare per la stanza, strillando e inseguendo i vari esserini che la affollavano, era uno spasso. A patto di stare attenti a non farsi schiacciare da un piede o da un mattarello.
Mi mettevano sempre allegria... ma non oggi. Osservai lo spettacolino, passiva, e me ne uscì con la coda tra le gambe.

Cercai i nomini, delle creature schive e paurose. Erano più piccoli dei bambini - a me arrivavano alla vita - e a differenza loro non erano schiavi di nessuno. I grandi non li consideravano quasi mai, se non quando infastiditi, non servivano per la carne ed erano troppo piccoli per gran parte dei lavori: non avevano scopo. Però erano carini, coi loro cappellini a punta e il colorito brunastro. Se trattati con calma e gentilezza si lasciavano avvicinare e persino prendere in braccio.
Scapparono tutti al mio passaggio.

Sempre più arrabbiata, raggiunsi la parte degli ospiti e cominciai a guardare in ogni angolo, in cerca di qualcuno su cui sfogarmi. Niente da fare.
Entrai nella zona bagni e il puzzo nauseabondo, mescolato ai vari profumi e sali, quasi mi fece fuggire. Poi però scorsi un luccichio giallo tra le nuvole di vapore.
Incuriosita, mi tappai il naso e proseguii fino a trovarmi davanti un enorme vasca da bagno. Al suo interno era seduto o sdraiato, era difficile stabilirlo, un ospite tanto corpulento da trasbordarne i bordi con i lembi in eccesso della sua pelle. Era completamente nudo e ronfava beatamente mentre sulla sua schiena, spazzolone alla mano, si affannava un bambino. Doveva essere mingherlino a giudicare dalle gambette pelleossa. Queste ultime sbucavano sotto un impermeabile giallo, più grande di almeno due misure rispetto al bimbo. Il grosso capluccio gli copriva completamente il volto.
Non sembrava essersi accorto di me, perché troppo impegnato a scrostare l'immensità costituita dalla schiena dell'ospite.
«Ciao» pigolai, immaginandomi già la montagna di carne che si svegliava e divorava lo sguattero. Invece attirai soltanto l'attenzione di quest'ultimo. Il bambino sobbalzò e fece cadere lo spazzolone proprio accanto a me. Scivolò sulla pelle giallastra dell'omone e saltò oltre il bordo della vasca, atterrando sopra un mucchio di stracci, saponette e spugne di varie misure. Fece un passo in avanti per riprendere lo strumento... e si fermò con la mano a mezz'aria. Indietreggiò.
Ridacchiai. «Non ti mangio mica, io...» mi chinai a prendere il grosso bastone di legno e vidi i suoi piedi, nudi, neri di sporcizia e polvere, arretrare. Alzai lo sguardo e notai che la sua mano destra era bendata e gocciolava sangue.
Lasciai cadere lo spazzolone.
Chiesi, sforzandomi, e fallendo, di mantenere un tono amichevole:«Ti ha morso qualcuno?»
Un altro passo indietro.
«Togliti il cappuccio» ordinai, secca. Avevo teso il braccio in avanti e preparato una sfera di magia esplosiva.
Il bambino indietreggiò ancora.
«Se fai un altro passo ti polverizzo» mormorai molto, molto... molto lentamente.
Cappuccetto Giallo si fermò e tese le mani aperte in avanti. Poi si chinò e tirò indietro le braccia. Tremava leggermente. Piegò lentamente il capo, poi balbettò «Ok, m-ma n-n-non...»
«Non... cosa?» ringhiai, avanzando di un passo.
«Non pisciarti addosso come stamattina però»
Impiegai una frazione di secondo per comprendere appieno la frase. Un'altra per accorgermi della saponetta che volava verso la mia faccia.

Little Nightmares: Il capriccio di VeronicaWhere stories live. Discover now