Eppure sembrava preso dalla situazione, sembrava preso da lui, sembrava preso da Christian tanto quanto Christian lo era da lui; entrambi sembravano pendere dalla bocca dell'altro, e forse Stefanelli si era illuso quando aveva creduto che un bacio dolce, fra loro, ogni tanto fosse scattato.

É che a volte Mattia sembrava conoscerlo meglio di chi gli stava accanto.

Con il suo modo di fare lo sapeva prendere, lo sapeva eccitare, lo sapeva manovrare a proprio piacimento ma dall'altra parte sembrava che con i suoi occhioni azzurri avesse capito qualcosa che a Christian sfuggiva.

Christian correva da tutta una vita dietro la ricerca di ciò che lui voleva davvero, perché ormai non lo sapeva più nemmeno lui.
Dalla dottrina dei suoi genitori non si era liberato nemmeno quando aveva smesso di vederli, al contrario di ciò che il sè di qualche anno prima pensava.

Sapeva che avesse dei freni, sapeva che avesse dei blocchi a causa loro, ma a volte non riusciva nemmeno ad individuarli e uno strano pensiero, nel cuore della notte del giorno prima, lo aveva colto impreparato mentre era perso a rimuginare su quello che era successo il pomeriggio di tre settimane prima.

Mattia lo avrebbe capito facilmente.

E da quando quel pensiero si era insinuato nella sua testa, non lo aveva abbandonato più.

L'idea che quel ragazzino sarebbe riuscito a leggerlo come fosse un libro aperto, invece di spaventarlo lo attraeva terribilmente. Perché se da una parte aveva paura di ciò che avrebbe voluto scoprire, voleva stare bene, aveva bisogno di stare bene dopo diciannove anni passati a soffocare in un oceano senza fine, e identificava quel suo stare bene con quel ragazzino.

Un diciassettenne dagli occhi chiari e i riccioli biondi, che si era infiltrato nei suoi pensieri e non lo lasciava più.

Strinse appena gli occhi, cercando di avere uno stimolo fisico per tornare alla realtà, ma a quanto pare qualcuno dietro di lui aveva le stesse intenzioni.

«Se continuerai a strofinare in quel modo, lo consumerai.»

Il moro non volle voltarsi e infatti non lo fece, ma sapeva che il biondo dietro di lui si stava appoggiando alla porta dell'entrata al salone.

Era la prima volta che si rivolgevano la parola, da quel giorno.

E quasi a prenderlo in giro, anche quella volta erano da soli in casa.

«Che c'é, non mi parli più?»

Lo stuzzicò.

Stefanelli si allontanò dal tavolo, sciacquando il panno che stava usando per pulire in un secchio d'acqua sopra ad una sedia, e senza guardarlo negli occhi con finta aria di superbia, parlò.

«L'ultima volta che l'ho fatto, non é andata bene.»

«Così descrivi quel pomeriggio?»
Sorrise, stringendosi le braccia al petto.
«Con un "non é andato bene?"»

Il diciannovenne prese a pulire le bomboniere sopra ad un mobile.
«Vuole forse dire il contrario?»

«Vuoi vedere come vedo quel pomeriggio?»

«A questo punto, non c'é bisogno che lo espliciti.»
Disse sarcastico, mordendosi appena dopo l'interno-guancia.

«Penso che quel pomeriggio sia incompleto.»

Il più alto sentì il cuore perdere un battito, e fu una fortuna poggiare appena in tempo la bomboniera al suo posto originale, perché probabilmente le sue dita la avrebbero lasciata cadere a terra, tanto che avevano preso a fremere.

Incompleto? Che diavolo significava?

«Puoi girarti verso di me, o non me lo merito?»

«Perchè dovrei? Così tornerai di nuovo a fare quello che hai fatto?»

Come le Maschere di Pirandello. Where stories live. Discover now